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ISRAELE: CROLLA IL CONSENSO VERSO NETANYAHU

Il primo ministro Benyamin Netanyahu non gode affatto del sostegno degli israeliani: secondo un recente sondaggio condotto dalla televisione commerciale Canale 13, il 71% della popolazione lo ritiene inadeguato, e questo a soli 100 giorni dall’insediamento del suo governo. Anche all’interno del proprio partito, il Likud, i suoi sostenitori sono divisi, in quanto soltanto il 52% è con lui, con un decremento importante della propria popolarità. A pesare, sulla propria immagine, la riforma giudiziaria dallo stesso fortemente sostenuta, che ha causato le note e violente proteste in tutto il paese. Se si dovesse andare a nuove elezioni, al momento, il Likud sarebbe “soltanto” il terzo partito e comunque minoranza, nonostante eventuali apparentamenti con i partiti ultraortodossi e di estrema destra. Infatti, su 120 seggi disponibili, ben 29 andrebbero al partito di centro Unione Nazionale di Benny Gantz, 21 seggi li guadagnerebbe il secondo partito di centro Yesh Atid di Yair Lapid e soltanto 20 seggi andrebbero al partito di Netanyahu. Il sentimento popolare sarebbe quello di procedere a nuove elezioni, o quantomeno di costituire un nuovo governo di unità nazionale.

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È un momento difficile per il governo, che deve combattere su tre fronti: la riforma della giustizia, il conflitto interno e le recrudescenze ai confini con il Libano e con Gaza. Proprio la gente del nord “chiede protezione ora”: queste le grida che la folla scandiva nelle proteste tenutesi nei pressi della città di Kiryat Shmona, ove lo scorso giovedì sono piovuti i razzi libanesi. Violenze che non cessano a placarsi, nonostante le celebrazioni della Pasqua ebraica, e che hanno portato a un attentato terroristico accaduto a Tel Aviv in cui ha perso la vita l’italiano Alessandro Parini.vIl primo ministro, nel frattempo, ha tenuto a colloquio proprio Yair Lapid, leader del partito centrista, per informarlo della situazione e della sicurezza. Quest’ultimo però, che ha dichiarato di non avere fiducia in Netanyahu, ha riferito dell’incontro di essere “entrato preoccupato” ed essere uscito “ancora più preoccupato”. Gli stessi Stati Uniti sono turbati, con riferimento alla riforma giudiziaria per la quale “Israele non può continuare su questa strada”: sono parole di Biden che, alla domanda se inviterà Netanyahu alla Casa Bianca, ha risposto con un secco “no”, aggiungendo: “non a breve termine”.

cms_30066/2Netanyahu.jpg“L’alleanza tra Israele e gli Stati Uniti è indissolubile e supera sempre gli occasionali disaccordi tra di noi”, ha rimarcato Netanyahu. Ma intanto, secondo l’editorialista del New York Times Thomas Friedman, Netanyahu sembra essere diventato un “attore irrazionale” e un pericolo “non solo per gli israeliani ma anche per importanti interessi e valori americani”: “le sue politiche destabilizzano gli Accordi di Abramo e la Giordania e hanno diviso le forze armate proprio ora che l’Iran è vicino alla bomba atomica”. In un’intervista all’Adnkronos, il demografo italiano naturalizzato israeliano Sergio Della Pergola definisce Netanyahu “fonte di polarizzazione del sistema politico israeliano. La sua presenza crea più danno che beneficio al Paese”, all’interno del quale “si muove con carattere autoritario, come se Israele fosse una Repubblica presidenziale”. Tra sfiducia interna e diffidenza esterna, la strada per il governo in carica è tutta in salita, sullo sfondo della personale vicenda giudiziaria del primo ministro relativa al processo per corruzione, truffa e abuso di potere.

Data:

10 Aprile 2023