Apro questa nuova serie di incontri attuali con Sebastiano Somma, che fa il mestiere dell’attore (e del regista) nel senso più completo del termine.
Pur avendo lavorato in tutti gli ambiti dello spettacolo, che gli hanno dato notorietà e sempre più spessore, il suo amore è il teatro.
Tanto che continua a girare l’Italia con ben 3 spettacoli diversi, come attore e regista: “Il vecchio e il mare” di Hemingway, che recita con sua figlia Cartisia, con Riccardo Bonaccini che lo accompagna al violino.
Poi “Vi presento Matilde Neruda”, un omaggio al poeta cileno, attraverso la figura di Matilde Urrutia, il suo grande amore proibito
Dal 23 al 25 febbraio possiamo vedere al Ghione di Roma “Lucio incontra Lucio”, di cui cura anche la regia, dedicato ai grandi Lucio Battisti e Lucio Dalla. Uno show ricco di emozioni che replica da ben 8 anni.
Come narratore accompagna il pubblico lungo il filo rosso della presentazione dei brani eseguiti da 5 musicisti e 4 cantanti, evidenziando affinità e differenze tra i due cantautori.
Ne parla con passione e sottolineando il piacere della collaborazione con il suo consolidato gruppo di lavoro.
Approfondendo l’argomento, mi svela la sua partecipazione emotiva parlando della sua percezione del pubblico, cogliendo in ogni recita come questo reagisce nelle varie fasi dello spettacolo, che definisce elegante.
Sebastiano, in passato, ha portato in scena due lavori di Leonardo Sciascia e “Uno sguardo dal ponte” di Miller e quindi gli chiedo se sia vero che da qualche tempo il pubblico vada a teatro maggiormente perché vuole ridere e divertirsi, disertando così i lavori più impegnativi.
Mi risponde che in base alla sua lunga esperienza ha sempre verificato la presenza di un pubblico attento e numeroso anche negli spettacoli di un certo peso e quindi non condivide il parere che gli ho riferito.
Frequenta spesso i teatri off e ne apprezza la vitalità, lui che ha cominciato proprio in questo tipo di strutture, quando spesso entravano pochi spettatori.
Una volta lui e i suoi colleghi cominciarono uno spettacolo senza impegnarsi troppo perché la platea era quasi deserta, finché furono avvisati che era entrato Nanny Loy e quindi gli attori fecero del loro meglio per farsi notare e alla fine il grande regista fece loro i complimenti.
Questo è un episodio che è capitato ad alcuni attori famosi di oggi, che hanno vissuto inizi simili.
Lo stesso pensiero include anche il cinema. E mi fa l’esempio di film importanti e difficili che stanno incassando molto.
C’è bisogno anche di ridere, certo, e in ogni caso, se un prodotto è realizzato bene, arriva al pubblico e lo coinvolge.
Chiedo che cosa c’è che non va nel settore teatrale.
La sua visione non è pessimistica. certo tra ieri e oggi ci sono delle differenze.
Ieri le tournée duravano molto di più, era più facile avere molti teatri, ma oggi c’è una grandissima offerta di spettacoli e ci sono meno teatri e meno amministrazioni comunali che se ne prendono cura con mezzi sufficienti.
Crede poi che sarebbe utile incentivare i giovani ad andare a teatro abbassando i prezzi dei biglietti, come ha visto fare in alcuni Paesi dell’Est Europa, dove ha girato alcune serie televisiva.
Un’altra mia domanda:
“Io ritengo Gigi Proietti il personaggio emblematico per eccellenza del mestiere dell’attore. Tu sei stato diretto da Proietti.
C’è un qualcosa che, al di là dell’immagine pubblica, puoi dirci di lui?
Un elemento che ti ha colpito o fatto riflettere semplicemente?”
“Io ho preso qualcosa da tutti i registi che mi hanno diretto, dai grandi che mi hanno diretto, come Giorgio Albertazzi, ma anche da quelli sconosciuti. Se tu sai spalancare orecchie, occhi e cuore, puoi prendere da chiunque.
Gigi mi ha fatto capire i tempi comici, ha lavorato in questo aspetto su di me. Io ero portato per il comico e lo aveva capito Enzo Trapani che mi offrì un tale ruolo in una serie.
Lo fece non da professore; lui era un attore ed era molto attento. Non lasciava nulla al caso.
Ricordo con piacere un episodio: una volta gli dissi che non mi sentivo di eseguire una scena come l’aveva impostata lui, spiegandogli come l’avrei fatta io. Ci rifletté e mi diede ragione.
Ecco la sua grandezza era anche di accettare la visione di un attore con una esperienza minore della sua. Mi sorprese l’umiltà di un personaggio così grande.”
La nostra conversazione, che è stata lunga e mi ha arricchito molto, l’ho voluta chiudere con questa domanda:
“Che diresti ad un giovane che affronta seriamente questo mestiere e non con l’ossessione di qualche inquadratura in uno show televisivo o con manie di grandezza.
Che è poi quel che diresti a tua figlia che ha questa passione.”
“Fare l’attore è un lavoro gioioso; il piacere che regala va a compensare i grandi sacrifici che richiede.
E come diceva Eduardo: “Gli esami non finiscono mai”.
Sintetizzerei così la risposta.”
Si, Sebastiano. Hai riassunto perfettamente questo mestiere.
E sarebbe utile che un giovane che voglia intraprenderlo, seriamente, rifletta su queste parole.
Ti ringrazio per l’amabilità e l’intensità con le quali hai caratterizzato la nostra piacevole conversazione.