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Iva al 22%: ecco cosa aumenta

Tutti al cinema, pop-corn sulle ginocchia e pronti a godersi l’ultimo film in programma nelle sale cinematografiche. Attenzione: l’Iva al 22% è nascosta nei titoli di coda ma c’è e potrebbe farsi sentire. Meglio un concerto. Cosa? L’aumento è servito tra le note? Allora niente da fare. Una partita di pallone però, quella non ce la toglie nessuno e via allo stadio. L’amara sorpresa: anche lo sport “giocato” rientra nell’aliquota ordinaria, che si applica in palestra e in piscina, e colpisce pedane e attrezzi sportivi. Vabbé, tanto per i sardi si tratterebbe di andar fuori anche per le partite in casa (vedi Trieste), quindi è meglio mettersi davanti al Pc e seguire la diretta o davanti alla radio per ascoltare quel che trasmettono le frequenze o, al massimo, davanti alla tv per vedere i gol. State freschi: l’Iva ordinaria si applica alla tv, alla radio, agli apparecchi elettronici, a smartphone e tablet tipici dell’era digitale. E poi agli elettrodomestici, ai vestiti, al parrucchiere eccetera, eccetera eccetera.

I PARTITI SI SFIDANO SULL’IVA – Il barometro dell’Imposta sul valore aggiunto segna tempesta. L’aumento (se non verrà scongiurato all’ultimo) sarà un duro colpo per famiglie e imprese già affossate dalla crisi, visto che l’aliquota standard dell’Iva riguarda circa il 70% dei consumi totali, la maggior parte dei beni e dei servizi. Dal punto di vista del consumatore finale, il cambio di aliquota potrebbe portare a incrementi non giustificati di beni e servizi poiché la tendenza ad arrotondare per eccesso è un cattivo costume italiano. Quindi dalla benzina fino al caffé preso al bar l’effetto per il ’cliente’ sarà verosimilmente di un aumento del prezzo praticato dal commerciante o dal libero professionista, dettato dalla necessità di assorbire l’incremento”. Il timore è quindi che l’aumento dell’aliquota si traduca in un aumento ancora maggiore dei prezzi e in una ulteriore riduzione del potere d’acquisto per le famiglie.

L’aliquota al 21%, in odore di aumento al 22% è quella “ordinaria”, che si applica ai beni e ai servizi quando non rientrano nell’aliquota ridotta al 10% (come capita per esempio ad alberghi, ristoranti e ad alcuni prodotti alimentari) o in quella super-ridotta al 4%, riservata in particolare a pane fresco, burro, latte, frutta, ortaggi, carne, formaggi e ad altri alimenti di prima necessità (oltre che alla stampa quotidiana e periodica). E sono soggetti alle aliquote Iva ridotte anche i medicinali, le case di abitazione, le erogazioni di acqua e quelle di energia elettrica per uso domestico.

COLPITI E AFFONDATI – Restando nell’alimentare, rientrano invece nell’applicazione dell’aliquota Iva al 21% (22?) il vino, la birra, i succhi di frutta, gli alimenti pregiati come i tartufi e i prodotti come il propoli, la lana e il sughero.

Idem per tutto il settore dell’arredamento, dei mobili e degli elettrodomestici. Per non parlare degli onorari dei liberi professionisti: commercialista, avvocato, geometra, architetto potrebbero costare di più. E poi l’abbigliamento e le calzature, la biancheria per la casa, i servizi domestici. L’auto fa il pieno: Iva più cara per acquisto della vettura, pezzi di ricambio, olio e lubrificanti, carburanti per veicoli, manutenzione e riparazioni.

Ancora: Giochi e giocattoli, radio, televisore, computer, cancelleria, piante e fiori. E che dire dei prodotti per la cura personale? Essere belli (o semplicemente in ordine) può costar caro a seconda di come si comporteranno, sul fronte del listino prezzi, barbiere, parrucchiere, estetista, istituti di bellezza e via dicendo. Anche sulla pulizia in senso lato potrebbe cadere la scure dell’aumento. Detersivi, pentole, posate e altre stoviglie, tovaglioli e piatti di carta, contenitori di alluminio, lavanderia e tintoria. E la musica potrebbe cambiare anche per argenteria, gioielleria, bigiotteria e orologi, borse.

Siccome le casse dello Stato piangono e anche a raschiare il barile non si riesce a cavare un ragno dal buco – ferma restando la comprovata incapacità della classe politica ad aggredire la spesa pubblica – ecco allora che se i partiti non troveranno la quadra (ormai quello dell’Iva è terreno di scontro politico) i consumi troveranno la tomba.

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Data:

1 Giugno 2014