
Il mondo rurale è da sempre stato uno dei temi più amati da Jean-François Millet, pittore impegnato socialmente, che nel 1857 lo traspose su pittura in un’opera intitolata appunto Des glaneuses dit aussi Les glaneuses. Il dipinto fu presentato al Salon di Parigi dello stesso anno, dove diede scandalo e suscitò l’animosità dell’Ottocento borghese che, essendo ricco, mal gradiva la rappresentazione della povertà che era, indirettamente, un atto di accusa nei loro confronti. Ad essere accusate, oltre al contenuto spiccatamente polemico, furono anche l’audacia di Millet, che per raffigurare una scena contadina si servì di dimensioni in genere riservate alla pittura storica, e l’aspetto dimesso delle tre spigolatrici, che valse al dipinto lo sprezzante appellativo de «le tre grazie dei poveri».
Se, il quadro inizialmente non fu affatto apprezzato, dopo la morte dell’artista iniziò ad acquistare crescente notorietà: nel 1889 fu battuto all’asta per la somma di trecentomila franchi, e nel 1914 addirittura diventò un simbolo del patriottismo francese, venendo riprodotto in volantini a scopo di propaganda per l’arruolamento per la prima guerra mondiale. Altrettanto notevole fu il retaggio dell’opera, che influenzò artisti come Pissarro, Renoir, Seurat, e van Gogh.
Dopo esser stato donato al musée du Louvre, il dipinto venne trasferito al musée d’Orsay, dove è tuttora esposto, ed è considerato uno dei più alti capolavori del Realismo ottocentesco, sia per il tema sociale affrontato sia per lo stile impiegato dall’artista. Millet, fedele al suo tema preferito, ossia la vita contadina, affidò a questo quadro il risultato di dieci anni di ricerche sul tema delle spigolatrici, simbolo del proletariato rurale.

LE SPIGOLATRICI
Le tre protagoniste sono chine sul campo appena mietuto e raccolgono le poche spighe cadute a terra. Due di loro hanno la schiena curva e scelgono accuratamente il raccolto. La donna di destra invece si sta rialzando per riporre sulla sacca frontale i chicchi. Sullo sfondo sono pronti grandi covoni di grano sopra i quali alcuni operai continuano a sistemare le piante raccolte. Un carretto è fermo al centro per essere caricato. Alla sua destra poi i mietitori si affannano per unire i fasci da sporgere agli operai sui covoni. All’estrema destra, davanti alle case, un uomo a cavallo è fermo e controlla il procedere del lavoro. Si tratta probabilmente del proprietario o di una persona di sua fiducia.
Le spigolatrici erano figure del proletariato rurale molto povero. Le donne infatti erano autorizzate a raccogliere frettolosamente le spighe risparmiate dalla mietitura giornaliera. Nel dipinto Millet dispone in primo piano le donne impegnate nel duro lavoro. In lontananza invece i mietitori sono rappresentati accanto a grandi covoni di grano. Il loro raccolto è stato abbondante e la loro felicità è sottolineata dall’atmosfera più luminosa che li circonda. L’atmosfera polverosa e dorata ricorda certe rappresentazioni bucoliche della natura pastorale del seicento. Millet a destra dei mietitori rappresenta un amministratore a cavallo che sorveglia il lavoro.
Attraverso l’accostamento delle diverse realtà sociali, proprietari, lavoratori specializzati e povere spigolatrici, rappresentano dignitosamente la vita dei più umili lavoratori delle campagne francesi.
Per qualche misteriosa alchimia pittorica, Millet, più di ogni altro artista a lui contemporaneo, seppe rendere in modo così forte un senso di solennità edignità quasi eroica alle umili condizioni dei suoi contadini.