“Credo che perderemo due anni, fino a che Trump avrà terminato di fare il giro del mondo, che non conosce. E’ vero che l’elezione di Donald Trump pone il rischio di vedere gli equilibri intercontinentali disturbati nei loro fondamenti e nella loro struttura. Ho una lunga vita politica alle spalle e ho lavorato con quattro presidenti Usa, ho constatato che tutto quello che si dice in campagna elettorale è vero un po’ per tutti purtroppo” ha dichiarato il presidente della Commissione Europea nel corso dell’incontro “Batisseurs d’Europe” (“Costruttori d’Europa”), tenutosi ieri a Lussemburgo. Chiamato a rispondere alla domanda di una studentessa, Juncker ha proseguito: “Gli americani in generale non hanno alcun interesse per l’Europa: questo è vero per la classe dirigente e per l’America profonda. Non conoscono l’Europa. Trump ha detto durante la campagna elettorale che il Belgio è un villaggio da qualche parte in Europa. Quindi, bisognerà che insegniamo al presidente eletto che cos’è l’Europa e quali sono i suoi principi di funzionamento”.
Il presidente ha infine concluso affermando che l’elezione di Trump “pone delle questioni con conseguenze potenzialmente perniciose”, perché potrebbe mettere in discussione l’alleanza transatlantica, alla base della difesa dell’Europa. Criticata da Juncker anche la mancata apertura del tycoon nei confronti dei migranti e, in generale, di tutti gli statunitensi non bianchi, contraria allo spirito di solidarietà e integrazione proprio dell’Europa.
Juncker non ha ancora avuto modo di confrontarsi con il neopresidente, che ha ignorato l’invito dell’Ue preferendo un incontro con la premier britannica Theresa May.
Nel frattempo, in America sono proseguite le proteste di chi ancora non accetta l’elezione del magnate, nonostante la pioggia battente. In migliaia hanno manifestato – al grido di “Not My President” e “Hey Hey Ho Ho Donald Trump has to go” – proprio nei pressi della Trump Tower (New York, Fifth Avenue) e della Casa Bianca (Washington), ma anche a Seattle, Portland, Oakland, San Francisco, Los Angeles, Boston, Filadelfia, Detroit, Austin. A Portland, in Oregon, la situazione è degenerata in una vera e propria rivolta anti-Trump, con tanto di bandiere americane bruciate. La polizia è intervenuta sparando pallottole di gomma e spruzzando spray al peperoncino. Centinaia gli arresti: solo a Portland sono state fermate 29 persone.
A New York, le tensioni sono concentrate nell’area di dominio del neopresidente, che comprende, oltre alla sua abitazione, anche il grattacielo del Trump Hotel, nei pressi dell’entrata Nord del Central Park. Tutta la zona, cuore pulsante dello shopping e del turismo nella Grande Mela, è blindatissima: vietati persino i voli al di sopra di quel territorio, che è circondato da agenti in tenuta antisommossa e camion anti-bomba.
Trump ha commentato l’accaduto sul suo profilo Twitter: “Ci uniremo tutti e ne saremo orgogliosi. Amo il fatto che i piccoli gruppi di manifestanti la scorsa notte abbiano mostrato passione per il nostro grande Paese”. Ha poi aggiunto: “Ho appena vinto un’elezione presidenziale aperta e di successo. Adesso contestatori di professione, incitati dai media, stanno protestando, Molto ingiusto!”.