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KAZAKISTAN, RIVOLTE DI PIAZZA E OPERAZIONI ANTITERRORISMO

Mercoledì 5 gennaio i manifestanti hanno preso d’assalto gli edifici pubblici nella più grande città del Kazakistan mentre le forze di sicurezza cercavano di imporre nuovamente l’ordine pubblico. Non sono bastate, infatti, le dimissioni del governo in risposta alla rabbia popolare per l’aumento del prezzo del carburante. Il presidente Kasim-Jomart Tokayev ha accettato le dimissioni del governo dopo che la polizia aveva usato gas lacrimogeni e granate assordanti per disperdere centinaia di manifestanti dalla piazza principale di Almaty, che è di fatto anche la capitale economica del paese. I manifestanti hanno sfondato i cordoni delle forze di sicurezza sebbene queste ultime abbiano impiegato granate stordenti, le cui deflagrazioni sono state avvertite in tutto il centro della città.

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Il Kazakistan da anni si sforza di fornire al mondo un’immagine di stabilità politica, che possa aiutarlo ad attrarre centinaia di miliardi di dollari di investimenti stranieri nelle sue industrie petrolifere e minerarie.
I membri del potente gruppo Atameken, che rappresenta la Camera degli Imprenditori della Repubblica del Kazakistan nei più svariati settori dell’economia, hanno segnalato casi di attacchi a banche, negozi e ristoranti. Inoltre, lo stesso portale Atameken.kz non risulta raggiungibile. Secondo il Dipartimento della salute di Almaty 190 persone, tra cui 137 poliziotti, avrebbero cercato assistenza medica. Le autorità cittadine hanno invitato i residenti a rimanere a casa.

Il ministero dell’Interno ha informato che già durante la notte precedente erano stati attaccati diversi edifici governativi anche nelle città meridionali di Shymkent e Taraz, con 95 agenti feriti negli scontri, mentre la polizia ha arrestato più di 200 persone. Persino l’ufficio del sindaco della città di Aktobe, capitale di un’altra provincia occidentale, sarebbe stato preso d’assalto.

Le proteste sono iniziate dopo che il governo ha revocato i controlli sui prezzi del gas di petrolio liquefatto, all’inizio del nuovo anno. Molti kazaki avevano convertito le loro auto a GPL a causa del suo basso costo, lo stesso utilizzo è stato fatto nella piccola economia domestica e indipendente dalle lobby economiche. Il governo prima delle dimissioni aveva affermato che il prezzo calmierato stava causando grosse perdite ai produttori di gas di petrolio liquefatto e che necessitava di essere liberalizzato.

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Il presidente Tokayev, rivolgendosi ai membri del gabinetto in carica, ha dato disposizione a loro e ai governatori provinciali di ripristinare i controlli sui prezzi del GPL e di estenderli anche alla benzina, al diesel e altri beni di consumo “socialmente importanti”. Ha anche chiesto al governo di varare una legge sul fallimento personale e di prendere in considerazione il congelamento dei prezzi delle utenze e sovvenzionare i pagamenti degli affitti per le famiglie povere. In alcuni centri, tra cui la stessa Almaty, e nella provincia circostante le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza. Oltre a sostituire il primo ministro, Tokayev si è anche nominato Capo del Consiglio di Sicurezza del paese.
Secondo fonti non governative, le proteste si sarebbero innescate domenica scorsa nella provincia occidentale di Mangistau, a spiccata vocazione estrattiva e petrolchimica, dopo che i prezzi del GPL sono più che raddoppiati in seguito alla revoca dei limiti. In particolare, i lavoratori di Mangistaumunaigas, una joint venture produttrice di petrolio di proprietà kazako-cinese con sede nella provincia di Mangistau, sarebbero entrati in sciopero; tale fonte ricondurrebbe l’inizio delle proteste alla mano occulta dell’intelligence straniera. Dal canto suo, il presidente Tokayev ha subito dichiarato che dietro le violenze c’erano provocatori nazionali e stranieri. La reazione economica a catena dopo le proteste ha fatto crollare i titoli di Stato in dollari del Kazakistan e ciò ha avuto ed avrà ulteriore ripercussione sui prezzi al dettaglio e al consumo.

Secondo esperti stranieri – forse i medesimi a cui faceva riferimento il Presidente Kazako – le proteste hanno indicato questioni più radicate tra cui “un sottofondo di frustrazioni in Kazakistan per la mancanza di democrazia“, come ha affermato Tim Ash, uno stratega dei mercati emergenti, che ha aggiunto: “I giovani kazaki esperti di Internet, specialmente ad Almaty, probabilmente vogliono libertà simili a quelle di ucraini, georgiani, moldavi, kirghisi e armeni, che hanno anche sfogato le loro frustrazioni nel corso degli anni con regimi autoritari”. Il tono sfrontato di questa affermazione è stato recepito dal mondo filorusso, infatti, come una pesante ammissione di responsabilità e le polemiche non sono tardate ad arrivare.

Nella notte tra mercoledì 5 e giovedì 6 gennaio la polizia di Almaty ha lanciato una speciale operazione antiterrorismo. Il consiglio comunale ha invitato i residenti di Almaty a “mantenere la calma, assistere le forze dell’ordine nel ripristinare l’ordine costituzionale e garantire la sicurezza pubblica“. Due militari delle forze armate kazake sono stati uccisi in un’operazione antiterrorismo all’aeroporto di Almaty. In precedenza, il presidente del Kazakistan Tokayev aveva affermato che gruppi terroristici avessero preso d’assalto l’aeroporto di Almaty, dove si trovano anche aerei stranieri.

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Il primo ministro della Repubblica di Armenia Nikol Pashinyan, in qualità di presidente in esercizio del Consiglio di sicurezza collettiva dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (organizzazione nell’ambito della difesa cui aderiscono alcune repubbliche ex sovietiche, tra cui il Kazakistan) e su richiesta esplicita del Presidente della Repubblica Kazaka, ha avviato immediatamente le consultazioni con i leader degli Stati membri della CSTO in relazione alla situazione nel paese. Pashinyan aveva prontamente annunciato di aver avuto una telefonata con Tokayev, il quale ha chiesto “l’assistenza dell’Organizzazione per superare la situazione“.

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6 Gennaio 2022