Siamo abituati a comprarle e a regalarle, oppure a usarle per addobbare le nostre case, ma vi siete mai chiesti da dove vengono le rose? L’incredibile risposta ci viene fornita dal libro Rose e lavoro. Dal Kenya all’Italia l’incredibile viaggio dei fiori di Pietro Raitano e Cristiano Calvi, pubblicato da Edizioni Altreconomia. In questo testo, infatti, come suggerisce il titolo veniamo a conoscenza di un lungo e insospettabile viaggio che compiono le rose e i fiori da taglio in generale prima di giungere in Europa. Il 40% delle rose, che costituiscono la maggioranza dei fiori da taglio, ha una resa cattiva, perché provengono perlopiù dall’Etiopia e dal Kenya e sono quindi soggette a un lungo viaggio prima di giungere a destinazione. La zona in cui vengono prodotte le rose è quella di Naivasha, in Kenya, dove è situato un lago che favorisce sufficiente irrigazione per le coltivazioni. Anni fa qui si sono stabilite delle multinazionali, che sono tra i maggiori produttori di rose al mondo. Questo perché in Kenya c’è un clima molto caldo e quindi favorevole alla coltivazione dei fiori da taglio nelle serre; inoltre, è più facile sfruttare manodopera a basso costo.
Le condizioni in cui versano gli operai kenyani sono piuttosto precarie, in quanto non hanno un lavoro a tempo indeterminato e guadagnano all’incirca un terzo di un centesimo per ogni rosa raccolta, per un totale di 40 euro al mese. Inoltre, in alcuni periodi dell’anno si aggiungono i cosiddetti lavoratori casual, ossia occasionali, che vengono sfruttati per una paga bassissima e mansioni a dir poco massacranti. Per raccogliere i fiori bisogna restare curvi tutto il giorno; a subire maggiormente la fatica sono le donne, che sono licenziate se in gravidanza e addirittura sono vittime di abusi sessuali da parte dei capi reparto, fenomeno purtroppo denunciato solo di rado. Non esistono sindacati e il lavoro procede in condizioni disastrose. Non si rispettano norme igieniche e di sicurezza e, a causa dei pesticidi utilizzati, è sempre più alto il rischio di contrarre malattie infettive. Tra l’altro gli operai kenyani non sono a conoscenza dell’uso che viene fatto in Europa delle rose: quando vengono a sapere che sono utilizzate per essere regalate affermano che, in fin dei conti, vengono coltivate solo per farle appassire.
Nonostante la tanta acqua a disposizione per la coltivazione, il lago Naivasha, che ha una superficie di 115 Kmq, è soggetto a inquinamento per le acque di scolo che contengono molti fertilizzanti chimici. Inoltre, per ogni metro quadro di rose coltivate sono necessari 7 litri di acqua al giorno e questo ha causato anche l’abbassamento della superficie lacustre. Ma non finisce qui: l’acqua contaminata viene usata anche per dissetare il bestiame, portando alla morte di molte vacche. Flora e fauna sono quindi le prime vittime a subire i sintomi di un vero e proprio disastro ecologico. Tra l’altro, l’accesso al lago è vietato alla popolazione locale, dato che vi si sono insediate multinazionali perlopiù olandesi come la Sher Agencies, che purtroppo si disinteressano del grave problema ecologico che affligge il Kenya.
I fiori raccolti in Africa vengono trasportati poi in aereo, di notte per via delle condizioni climatiche più favorevoli, con gravosi costi di spedizione di 2 euro al kg. Le rose vengono accorciate per impacchettarne in grandi quantità nelle scatole e vengono poi rinchiuse in celle frigorifere alla temperatura di 40 gradi. Lo sbarco degli aerei che trasportano fiori è previsto ad Aalsmer, in Olanda. Da qui le rose vengono poi portate all’asta di Flora Holland, una delle quattro più prestigiose al mondo che si occupano della vendita di fiori da taglio. Rose, tulipani e crisantemi sono i fiori più venduti. Alle 7 del mattino inizia il trasporto della merci nella sede dell’asta e alle 10 prendono avvio le compravendite. Il tutto dura un’ora e si contano in media 12 transazioni al secondo. I prezzi variano dagli 8 centesimi ai 25 euro. Il miglior periodo di vendita è l’inverno, in cui la coltivazione dei fiori è impraticabile, nei giorni di festa come il sabato e la domenica e soprattutto a San Valentino. L’Italia acquista le rose dall’Olanda e la maggior parte dei compratori sono grossisti e dettaglianti, ma il trasporto delle merci, con tutti questi passaggi dai Paesi di produzione, è soggetto a ulteriori inflazioni. Inoltre, trasportati da un Paese all’altro, i fiori perdono il loro valore, in quanto è difficile sapere se sono certificati con fair trade, anche perché tutti i passaggi avvengono così velocemente che non si ha il tempo di soffermarsi sulla loro qualità e provenienza. Olanda, Colombia, Ecuador, Kenya e Italia sono i maggiori paesi produttori di fiori al mondo.
I tanti passaggi che vedono l’esportazione dei fiori dall’Africa all’Europa non permettono di avere un prodotto fresco, dato che spesso le rose perdono l’originario vigore. Uganda, Tanzania, Ecuador e Colombia: questi sono altri paesi maggior esportatori di fiori, dove purtroppo ancora c’è molto sfruttamento di operai a salari molto bassi, senza alcuna tutela per i diritti sociali nell’ambiente di lavoro. Negli ultimi anni alcune multinazionali stanno provvedendo a conseguire il certificato fair trade, ma molte di esse riescono a ottenerlo per vie traverse. In molti Paesi si continua così sulla strada dello sfruttamento umano e ambientale, mentre ad esempio la Svizzera non accetta di esportare fiori senza certificazione. Il mercato dei fiori è fonte di grande guadagno per chi gestisce le multinazionali produttrici, favorendo in molti Paesi investimenti stranieri in questo settore. Questa vera invasione economica di denaro straniero danneggia però la classe operaia, in quanto la detassazione incontrollata favorisce il maggior sfruttamento di manodopera in zone afflitte da guerre e riciclaggio di denaro sporco. Ad oggi, però, seppure siano stati fatti alcuni tentativi, non sono stati fatti grandi passi per migliorare le condizioni dei lavoratori e favorire anche l’introduzione di macchinari avanzati, che possano agevolare la raccolta dei fiori, riducendo i costi di trasporto da una parte all’altra del mondo.