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La bit generation, sostituisce la chirografica,

Addio alla generazione chirografica, benvenuti nella bit generation. Il destino della scrittura a mano sembra ormai al tramonto soppiantato dalla scrittura su tastiere materiali o virtuali di cellulari, i-phone, computer. La comunicazione è oggi una comunicazione sempre più virtuale, intangibile, ma anche più “forte” della sua velocità nello spazio e nel tempo.

cms_216/2_s_images.jpgIl confronto che vede da una parte i sostenitori della bella grafia con penna e dall’altra gli abrogazionisti convinti che sia arrivato il tempo di mettere da parte una volta per tutte gli strumenti chirografici e assegnare lo scettro della comunicazione “scritta” una volta per tutte alla forza del digitale, del bit, è già partito.

cms_216/3_t_download.jpgÈ innegabile che computer, tablet e smartphone abbiano soppiantato biro e matite nella nostra vita quotidiana con effetti, a mio parere, negativi nel processo di alfabetizzazione: basta dare un’occhiata alle bacheche dei principali social network per rendersi bene conto di come le più elementari regole grammaticali e di sintassi siano state completamente rimosse, se mai siano state imparate. È il trionfo dell’analfabetismo di ritorno e dell’insulto alla lingua. L’incessante battere su una tastiera ha di fatto svilito l’antica abitudine dello scrivere su un foglio che sin da bambini ci veniva insegnato a scuola come primo approccio alla definizione della realtà circostante. Istituti d’istruzione un po’ in tutto il mondo, stanno piano piano abbandonando le ore di didattica una volta dedicate a insegnare a scrivere, per lasciare il posto ad altre attività magari più consone e vicine alla modernità. Negli Usa, dove questo dibattito ha avuto inizio, non mancano le contrapposizioni: da una parte tanti insegnanti e docenti ritengono ormai vetusta e non coerente con la realtà contemporanea la scrittura tradizionalmente intesa come esercizio di manualità volto ad fissare caratteri mediante inchiostro su un foglio, dall’altra invece in molti ritengono importante l’apprendimento dell’uso del corsivo nelle scuole primarie per lo sviluppo dei rapporti comunicativi della nostra specie. In linea con la seconda “corrente”, molti psicologi si sono subito adoperati a sottolineare come lo stimolo provocato dall’imprimere su un foglio bianco caratteri e lettere corrobori meglio determinate aree del cervello legate al linguaggio e alla memoria.

cms_216/4_d_download.jpgC’è anche da aggiungere che gli esperti specificano, giustamente, che l’uso della manualità nello scrivere e nel disegnare fa parte di quel nostro patrimonio genetico che mai potrà andar smarrito; fa parte cioè di un iniziale processo di alfabetizzazione che nessuna tecnologia potrà mai farci perdere.

cms_216/5_scr_images.jpgI nostri antenati cavernicoli infatti ci hanno dimostrato, attraverso i disegni stilizzati ritrovati nelle caverne, come l’istinto primario di comunicare sia partito da poche ed elementari informazioni lasciate su una parete, immagini semplici, impresse a mano, che cercano di imitare e raccontare la realtà circostante. Le nostre prime competenze espressive e creative partono dunque tutte dall’uso della mano che rappresenta idee e concetti con segni convenzionali, cosa che diventa più complicata se realizzata con il solo uso della tastiera di un computer. Del resto i muri delle nostre città, i banchi delle scuole frequentate dai ragazzi di ogni ordine e grado, le lavagne usate dagli insegnanti sono tutti lì a dimostrarci come ancora oggi la scrittura sia lo strumento principale e il canale comunicativo privilegiato per lasciare il segno del proprio passaggio. Prima dunque di recitare il de profundis per la scrittura, voglio ricordare una bella frase contenuta nel libro di Andrea Gobetti, “Montagne. Avventura, passione e sfida”: “Un tempo, quando gli uomini si muovevano a piedi, gli scrittori lavoravano a mano”.

cms_216/6_p_i_images.jpgChe fossero più felici di oggi non è detto, ma comunque gli stilo e poi le penne, tutte, fossero d’oro o luride teste di biro, evocano nel punto in cui s’appoggiano al foglio una nitida visione del tempo presente. Davanti al luogo di contatto tra scrittore e scritto si stende infatti il futuro dalle infinite possibilità d’una pagina bianca, mentre dietro di lui, nel passato, è registrata fedelmente la strada fatta per raggiungerlo. Ora non avviene più così, le frasi non nascono più camminando in fila indiana, ma vengono stipate tra colonne di 0 e 1 che s’incaselleranno nel silicio di un hard disk come schiavi nelle miniere. Si chiamano tutti Acceso o Spento e altro non san dir di loro».

Data:

1 Giugno 2014