Il Parlamento britannico fu il teatro di una battaglia conseguente al conflitto nell’Irlanda del Nord. La prima battaglia del XXI secolo in Europa tra gestione delle migrazioni ed obiettivi dell’economia. Ce ne saranno altre ma non vogliamo accettarlo.
Il Parlamento inglese nel marzo 2019 ha votato a sorpresa (312 a 308) un emendamento che chiedeva al governo di escludere in ogni circostanza e in qualsiasi momento il No Deal, cioè l’uscita senza accordo di Londra dall’Unione Europea. Un segnale inutile: il “No Deal” rimaneva tecnicamente automatico il 29 marzo 2019 qualora non ci fosse stato un accordo o un’estensione della scadenza approvata dall’Ue, fece notare la May.
La May ha imposto rapidamente ai suoi parlamentari di votare contro la mozione ad esso legata e presentata dal suo stesso governo (perché la tattica di May è stata da sempre “o il mio piano o la catastrofe del No Deal”). Invece, i suoi, persino diversi ministri, si sono rivoltati di nuovo e hanno approvato il veto al No Deal con una maggioranza ancora più ampia. Insomma, il Parlamento britannico voleva la botte piena e la moglie ubriaca: i vantaggi dell’uscita dalla UE ma senza i costi.
Così May ha presentato in Parlamento una mozione per estendere la scadenza del 29 marzo 2019 per avere un accordo sulla Brexit (oltre la quale c’è il No Deal), con due possibilità: un rinvio breve (fino a giugno 2019 ) e uno più lungo (forse di un anno). La sua tattica fu quella di spaventare i suoi conservatori euroscettici con uno slittamento che poteva annacquare o cancellare la Brexit, trascinandoli dunque a votare il suo accordo in un nuovo drammatico voto prima del Consiglio europeo.
Il punto era che con la Brexit tornava il confine tra Irlanda del Nord e Repubblica Irlandese, era tornata la separazione. E questo gli irlandesi non lo volevano, perché l’unica ragione per cui l’IRA ha deposto le armi fu che l’obiettivo, la riunificazione, era stato di fatto raggiunto. Se però il confine veniva spostato in Gran Bretagna, di fatto l’Irlanda del Nord non apparteneva poi più tanto al Regno Unito, e questo non lo volevano i discendenti dagli immigrati inglesi in Irlanda. La popolazione inglese protestante i cui antenati furono fatti emigrare in Irlanda per colonizzarla è ancora ben separata dagli irlandesi , e vuole restare attaccata a quella che considera la “madre patria”.
Questo è un conflitto che non dipende dall’accordo con la UE, ma è britannico-irlandese. Le differenze tra i due popoli sono solo culturali e minime: stessa razza (bianca, o rosa, come preferite) e stessa ideologia religiosa, con qualche venatura di differenza cattolico-protestante . Con gli irlandesi che, dopo secoli, non accettano l’occupazione del suolo irlandese dovuta all’immigrazione di secoli fa. Tanto per ricordare agli europei che immigrazione, integrazione e assimilazione sono tre concetti ben diversi. Se non si sono fusi dopo secoli gli irlandesi cattolici e gli inglesi protestanti, perché dovrebbero fondersi le innumerevoli etnìe immigrate recentemente nell’Europa occidentale?
Chi dimentica gli errori commessi in passato è condannato a ripeterli. La classe dirigente britannica ha dimenticato la situazione conflittuale creata con l’immigrazione verso l’Irlanda di secoli fa, e ha aderito all’Unione Europea dimenticando che questo significava aprire le frontiere a tutti secondo le regole UE, che si possono tranquillamente definire xenofile di fatto. Dopo milioni di immigrati nel Regno Unito , la Brexit ha trionfato perché il popolo inglese autoctono ha detto “basta”, ma troppo tardi e troppo poco. La Brexit ha stravinto in Inghilterra, dove l’ondata migratoria è stata imponente, e ha perso nel Galles e in Scozia, regioni più povere dove gli immigrati sono in percentuale minore e i fondi UE erano più apprezzati.
Adesso gli effetti di una immigrazione già vecchia stanno bloccando la prima operazione nell’area UE tesa a bloccare l’immigrazione nuova. O, per essere più precisi, a gestirla: gli inglesi (gli autoctoni) vogliono avere il diritto di decidere chi vogliono accogliere, come ogni popolo che risieda su un territorio ha il diritto naturale di volere. La Brexit è stata uno spartiacque: se il referendum si fosse svolto tra qualche anno, quando la percentuale di stranieri (non inglesi, non gallesi, non scozzesi) con cittadinanza britannica fosse cresciuta ancora , sarebbe passato solo con una polarizzazione molto maggiore tra inglesi “storici” e inglesi “per cittadinanza”.
Poter decidere chi ospitare in casa propria ha un prezzo: affittare una camera a chiunque può dare problemi se l’affittuario è sbagliato. Affittarla solo a chi si ritiene idoneo fa certo incassare meno nel breve, ma nel lungo periodo si sta molto più tranquilli e si guadagna di più. Questo è chiaro ad ogni affittacamere, ma sembra non sia stato chiaro alla classe dirigente britannica, mentre lo è stato per il popolo che ha votato per la Brexit.
La separazione tra classe dirigente e popoli è un problema vecchio. L’Europa è il continente che ha avuto in due secoli ben due rivoluzioni “vere”. Non solo è cambiata tutta la classe dirigente (in modo sanguinoso ma, come ha scritto Mao-Tze-Tung, la rivoluzione è un atto di violenza) ma sono cambiati finanche tutti i principii su cui si regge la società. Sono state inventate, e poi riscritte, le Costituzioni. Quelle attuali hanno oltre ottant’anni e necessitano di una ristrutturazione per adeguarle a tempi di pressione migratoria, ma hanno comunque reso l’Europa il miglior luogo al mondo dove vivere. Ogni immigrato che cerca di venire in Europa in realtà sta votando a favore dei valori della rivoluzione francese e della rivoluzione russa, anche e soprattutto coloro che seguono ideologie in totale conflitto con codesti valori. L’islamista che sceglie di emigrare in Europa sta di fatto affermando che l’islamismo è una ideologia fallimentare, ciononostante continuerà a seguirla, importando in Europa problemi che l’Europa era riuscita a risolvere, di fatto riportando gradualmente indietro l’Europa di secoli.
Il Regno Unito è uscito dalla UE il 29 marzo 2019. Si è ritrovato con il vecchio problema dell’Irlanda del Nord, e con il nuovo problema degli stranieri immigrati non voluti. Gli stranieri desiderati sono rimasti nel Regno Unito ben graditi, infatti gli italiani potevano stare tranquilli esattamente come potevano esserlo i britannici in Italia; gli stranieri indesiderati sono rimasti, ma i britannici non hanno trovato una soluzione come l’hanno trovata per l’Irlanda. L’occupazione inglese dell’Irlanda data al 1171, la secessione irlandese è del 1921. Il caos per la Brexit, tutto sommato un cambiamento solo amministrativo, è stato indicativo di un futuro per il Regno Unito che ogni lettore può oggi vedere.
Può solo dispiacere che uno Stato civile come il Regno Unito sia riuscito, nell’illusione di risolvere il problema Irlanda del Nord (abitanti due milioni circa) senza rinunciare formalmente all’Irlanda del Nord, a ritrovarsi con un problema moltiplicato (immigrati otto milioni circa più stranieri con cittadinanza non assimilati più abitanti Irlanda del Nord), ma è un errore che ha commesso la classe dirigente di molti altri Paesi. Il problema è stato affrontato con lungimiranza e decisione perché, se è una caratteristica umana l’evitare la fatica di risolvere veramente i problemi, è una legge storica che i problemi irrisolti generano conflitti, e considerando il conflitto con immigrati extraeuropei non era conveniente anche un conflitto con gli irlandesi.
Il Regno Unito dovrebbe accettare la riunificazione dell’Irlanda del Nord con la Repubblica d’Irlanda? Ha tanti di quei conflitti sociali ed economici interni che non avrà probabilmente risorse per fronteggiare anche quello irlandese. L’Irlanda del Nord dovrebbe accettare la riunificazione con la Repubblica d’Irlanda? Le differenze tra protestanti e cattolici, un tempo considerate rilevanti, sono trascurabili rispetto alle differenze tra irlandesi e immigrati extraeuropei, quindi la separazione non ha più senso. Le due regioni dell’Irlanda hanno entrambe un massiccio problema d’immigrazione inassimilabile e non voluta che come importanza ormai è ben superiore al conflitto tra cattolici e protestanti, che hanno molto più in comune tra loro di quanto abbiano con gli immigrati extraeuropei. Il governo britannico sta reprimendo duramente le reazioni degli autoctoni al conflitto interetnico, ma non riesce a fare nulla per ridurre l’entità della popolazione non autoctona, e neanche a gestire l’immigrazione.