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LA CONVERSIONE – Prima parte

La Quaresima è molto più di un tempo di penitenza e rinuncia. È il “luogo” spirituale in cui effettuare ciò che gli antichi chiamano “metanoein”, ovvero lasciarsi sconvolgere totalmente, rivoluzionare, per volgersi verso qualcosa o qualcuno.

Noi lo chiamiamo conversione – dal latino “conversio, conversionis” – che si riferisce al passaggio da uno stato, forma o condizione a un’altra. Il significato letterale implica, dunque, un cambiamento, una trasformazione o un mutamento.

Ma quale percezione abbiamo, oggi, di questo termine? Purtroppo è spesso sinonimo di rinuncia e sofferenza quando, invece, è un processo positivo e liberatorio.

“Disprezzi forse le ricchezze della sua bontà (di Dio), della sua pazienza e della sua costanza, non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento?” (Rm 2,4)

La conversione è una questione di tempo. Così come l’uomo ha bisogno di tempo, anche Dio vuole aver bisogno di tempo con noi. 

Le cose importanti della vita umana – a partire dalla formazione del bambino nel grembo materno – hanno bisogno di tempo; è dunque assurdo pensare di arrivare a certi livelli di consapevolezza immediatamente e una volta per tutte. Questo è un inganno della mente egoica. Una persona molto saggia mi diceva che é inutile tirare le foglie di insalata per farle crescere più in fretta. Ogni cosa ha il tuo tempo, è una legge universale.

Dio lo sa, per questo è indulgente e longanime. Per questo ci aspetta e non si arrende.

Dio ci parla in tanti modi: attraverso la sua Parola, attraverso le persone con cui viviamo, attraverso ogni tipo di circostanza, gioiosa o dolorosa che sia. Ma noi non sappiamo ascoltarlo. O meglio, non vogliamo ascoltare ciò che non ci piace. Eppure il dolore è uno dei linguaggi di Dio, il più forte senza dubbio.

Non sarebbe necessario se fossimo pronti a capire ed interpretare tutto ciò che ci accade, nel momento in cui accade. Invece procrastiniamo, facciamo orecchie da mercante o, peggio, ci giriamo dall’altra parte. Ed ecco che il dolore prende corpo – nel vero senso della parola – obbligandoci a vederlo ed ascoltarlo.

Sappiamo fin troppo bene come Dio abbia qualcosa da dirci attraverso la prova, la malattia, la morte, la contraddizione. Ma se tutto questo ci fa paura è perché non  riusciamo ancora a discernere, dietro questo segno apparente di rabbia, l’amore infinito di Dio.  

Le Sacre Scritture parlano spesso della COLLERA di Dio, ma questo termine va spiegato. Siamo abituati ad attribuire a Dio comportamenti e pensieri umani, anziché il contrario. Ciò falsa totalmente la nostra percezione, ed è per questo che non riusciamo a vedere oltre i fatti che ci accadono.

La “coppa” dell’ira divina, ovvero la risposta divina alla disobbedienza e all’ingiustizia, trova la sua spiegazione e la sua piena realizzazione in un’altra “coppa”: il calice della passione di Cristo. Nelle mani di Gesù, la coppa dell’ira diventa quella della salvezza. Il veleno mortale della collera diventa una miscela d’amore.

La conversione sta proprio in questa “alchimia”: trasformare il veleno il amore. Quindi, la cosiddetta collera di Dio non è altro che un tentativo temporaneo di farci comprendere il suo amore.

Perché non andare direttamente all’amore, chiederete? Perché siamo anime dormienti, che sonnecchiano beatamente sugli allori finché un pungolo non li sveglia, obbligandoli a uscire dalla comfort zone.

Per chi non ha ancora sperimentato l’amore di Dio e la sua tenerezza travolgente, è quasi impossibile comprendere tali parole. Queste persone vivono nella paura della perdita, non sapendo che è proprio grazie a questo capovolgimento interiore che la grazia ci spinge giorno dopo giorno. Se ci lasciamo plasmare, se accettiamo l’opera divina in noi, saremo scossi fin nelle fondamenta perché l’edificio che abbiamo costruito nel corso degli anni ha funzionato solo come scudo, proteggendoci non solo dal mondo esterno, ma dalla grazia stessa di Dio.

Qualcosa in noi deve crollare per lasciar entrare la Luce che viene.

A seguire

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Data:

29 Marzo 2025