Nell’articolo precedente abbiamo visto come la Quaresima sia molto più di un tempo di penitenza e rinuncia. In effetti è il “luogo” spirituale della conversione, del cambiamento, di un lasciarsi sconvolgere totalmente per volgersi verso qualcosa o qualcuno. Ciò non accade senza dolore e senza impegno: ci vogliono tempo e pazienza per spogliarci dell’”uomo vecchio” e rivestirci di quello nuovo (cfr Ef 4,22-23).
È fondamentale fare esperienza della “terribile” tenerezza di Dio per lasciar entrare la Luce che viene. Quando tutte le nostre certezze crollano, sappiate che questo è solo l’inizio, ma è già pieno di speranza. E, soprattutto, non bisogna cercare di ricostruire ciò che la grazia ha demolito.

Ecco, questo è qualcosa che dobbiamo assolutamente imparare, perché è forte la tentazione di mettere qualche impalcatura davanti alla facciata traballante.
Convertirsi è, prima di tutto, imparare a stare vicino alle nostre rovine e ad osservarle, senza giudizio e senza amarezza. E quando parlo di giudizio, intendo quello che abbiamo nei confronti di noi stessi e di Dio, non soltanto del prossimo.
Se la casa crolla, è perché non l’abbiamo costruita su fondamenta solide o non abbiamo utilizzato i “materiali”migliori. Ma ciò non significa che siamo delle cattive persone o che non siamo degni dell’amore di Dio: i figli restano tali per sempre, qualunque cosa accada. Anzi, dobbiamo ritenerci fortunati nel veder smantellate le nostre certezze (= mente) a vantaggio dell’esperienza.
Dobbiamo guardare questi muri in rovina con la stessa fiducia di un bambino che sa che suo padre riparerà tutto. Perché è quello che accadrà, e molto meglio di prima.

La fiducia, l’abbandono consapevole e attivo che ci ha insegnato Gesù, conquistano il Cuore di Dio. Egli non può non chinarsi su coloro che mettono la propria vita nelle sue mani. Con questo non intendo dire che non ci deve essere partecipazione da parte dell’uomo, ma che quest’ultimo attingerà la forza di agire – e di agire bene – nella Luce e nell’Amore di Dio. L’unione di corpo mente e spirito alla Fonte Divina, rendono l’uomo onnipotente. “Arrendersi”, in questo caso, non significa capitolare ma accedere ad una forza superiore che ci permette non soltanto di crescere e di superare le nostre sfide ma, soprattutto, di evolverci come anime.
«Rovesciaci (letteralmente: capovolgici) Signore, e saremo convertiti» (letteralmente: capovolti). (Lm 5,21; Ger 31,18)
Quanto è importante conoscere anche il significato delle Sacre Scritture, a cui molti si rivolgono per trovare luce e ispirazione. Ma, per questo, rimando ai miei articoli sulla Lectio Divina.

Tutto ciò premesso, ricordo che ogni essere umano porta dentro di sé i semi di culti naturali, osservanze legalistiche, ritualismi, credenze di cui spesso non è neppure consapevole. L’incosapevolezza è un’arma puntata verso noi stessi, perché ci fa vivere nell’illusione facendoci compiere scelte discutibili e rischiose. Non mi riferisco soltanto a cose oggettivamente riprovevoli ma anche ai desideri di perfezione o di santità che possono diventare una via di fuga da Dio.
Come è possibile?
Una moralità spinta all’eccesso, ad esempio, può mascherare uno sforzo disperato per non sentire la voce di Dio, per non sentirsi “in difetto”. Anche quello che facciamo per gli altri può essere solo una sorta di espediente, ma non c’è nulla di tragico in questo.
L’illusione è, in realtà, una fase del cammino, una tappa. Dio la permette temporaneamente per farci comprendere la differenza tra Lui e gli “idoli”, che sono solo un suo riflesso.
A volte lascia che questo stato duri per anni finché, improvvisamente, non interviene nella nostra vita detronizzando in un colpo solo tutti questi idoli e riducendoli in pezzi.
Questa è la cosa più bella e terribile che ci possa capitare!
(A seguire)