La corte costituzionale tedesca ha recentemente posto in discussione i punti fondamentali della sentenza della Corte di Giustizia europea riguardanti il programma di acquisto di titoli pubblici promosso da Mario Draghi nel 2015. Tale decisione è frutto di un periodo di inflazione vicino ai minimo storici eccessivamente prolungato e della necessità di una stabilità nei prezzi. Un argomento delicato, che richiede una certa dimestichezza non solo in termini economici ma anche in logica geopolitica poiché tocca degli equilibri fragili e mai consolidati. Difatti la Germania, da sempre, cerca in maniera spasmodica di passare tutto al vaglio degli interessi tedeschi dimenticandosi dell’appartenenza a un sistema chiamato Unione Europea. Così, mentre gli altri Stati ricercano una soluzione al problema Covid-19, la Germania crea un espediente per portare acqua al suo mulino in tempi di crisi.
Ogni corte nazionale può sindacare l’operato legislativo europeo contrario ai valori primari della costituzione del proprio Stato. La corte tedesca non agisce dunque al di fuori dei propri poteri, tuttavia sfrutta un escamotage difficilmente controllabile in futuro: se essa può permettersi di contestare una decisione della Corte di Giustizia Europea, allora l’Europa perde di credibilità rischiando di crollare su se stessa e determinando un circolo vizioso di contrarietà. Insomma, una reazione a catena che induce ciascuno Stato a pensare esclusivamente per interessi personali e mettere in discussione qualsiasivoglia decisione, protetto dal nome della costituzione nazionale. La corte costituzionale tedesca, oltre a sollevare una questione di proporzionalità della sentenza europea di acquisto dei titoli, rischia di isolarsi al punto che persino la Francia di Macron appare distante da questo modus operandi.
Christine Lagarde, presidente della banca Centrale Europea, esprime pieno dissenso nei confronti della sentenza della corte costituzionale tedesca, lasciando trasparire tutto il fastidio dovuto a una intromissione forzata ed evidentemente studiata a tavolino. A repentaglio c’è anche la sua reputazione, che rischia di essere schiacciata da una Germania invasiva e prepotente, la quale s’arroga il diritto di chiedere spiegazioni nei confronti di una scelta economica fortemente voluta per tenere in piedi l’Europa intera e non solo gli Stati forti. La Merkel, d’altro canto, parla con tranquillità di una questione spinosa ma risolvibile.