Nel contesto del Global Innovation Index (GII), la creazione di conoscenza rappresenta la capacità di un paese o di una regione di generare nuove idee, tecnologie, brevetti, pubblicazioni scientifiche e innovazioni. Questa variabile è fondamentale nel processo di innovazione e viene misurata attraverso una serie di indicatori che riflettono l’efficacia della ricerca e dello sviluppo (R&D), oltre alla capacità di tradurre tale ricerca in risultati concreti. Gli indicatori principali includono il numero di brevetti depositati, concessi e pubblicati, così come la quantità di pubblicazioni scientifiche e articoli di ricerca prodotti. Anche le collaborazioni accademiche internazionali e le citazioni scientifiche sono rilevanti, insieme alla creazione di modelli di utilità e innovazioni tecniche. La creazione di conoscenza è quindi un indicatore del potenziale di innovazione di un paese e della sua capacità di generare e diffondere nuove scoperte che contribuiscono al progresso economico e sociale. I paesi che eccellono in questo campo sono solitamente quelli che investono in maniera significativa in ricerca e sviluppo, dispongono di infrastrutture avanzate e mantengono stretti legami tra università, centri di ricerca e l’industria. I dati fanno riferimento al periodo tra il 2013 ed il 2022.
La Creazione di Conoscenza nel Global Innovation Index nel 2022. Il set di dati presentato evidenzia il livello di creazione di conoscenza in vari paesi per l’anno 2022, con i valori che rappresentano un indice della capacità di ciascun paese di generare, condividere e applicare nuova conoscenza, tecnologia e innovazione. Questi dati riflettono l’investimento in ricerca e sviluppo (R&D), l’attività brevettuale, le pubblicazioni scientifiche e la capacità di trasformare queste risorse in risultati concreti. Svizzera (86,7) domina la classifica, confermandosi come uno dei paesi più innovativi al mondo, grazie a una forte cultura di ricerca scientifica, istituzioni ben strutturate e una costante collaborazione tra università e settore privato. La Svezia (81,5) segue da vicino, con un’economia che continua a essere trainata dall’innovazione tecnologica, dalla ricerca avanzata e da un robusto sistema educativo che supporta la creatività e la scoperta scientifica. Stati Uniti (69,6) e Cina (69,5) sono due giganti economici che competono a livello globale per la creazione di conoscenza, con la Cina che ha accelerato notevolmente negli ultimi decenni grazie a un imponente aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo e innovazione tecnologica. Finlandia (68,7) e Paesi Bassi (68,6) sono anch’essi esempi di economie avanzate che puntano sull’innovazione come forza trainante della crescita. La Finlandia, in particolare, ha beneficiato di un sistema educativo di eccellenza, che favorisce la produzione di nuove conoscenze, mentre i Paesi Bassi hanno sviluppato una rete di ricerca e collaborazione internazionale molto robusta. Germania (68,3) mantiene la sua posizione di leadership in Europa, grazie alla sua industria manifatturiera avanzata e alla capacità di innovare nei settori ingegneristici e scientifici. La Corea del Sud (67) è nota per i suoi progressi tecnologici e per la presenza di grandi multinazionali come Samsung e LG, che investono massicciamente in ricerca e sviluppo. Il Giappone (62,1), nonostante una certa stagnazione economica negli ultimi anni, continua a essere una potenza tecnologica e scientifica, con una solida base di ricerca. Allo stesso modo, il Regno Unito (61,9) beneficia delle sue università di fama mondiale, come Oxford e Cambridge, che giocano un ruolo cruciale nella produzione di conoscenza e innovazione. Israele (59,9) si distingue come una delle nazioni più innovative al mondo, con una concentrazione di startup e un forte ecosistema tecnologico che sostiene la sua capacità di creare nuova conoscenza, specialmente nei settori della tecnologia militare, dell’informatica e delle biotecnologie. Il Belgio (49,7) e l’Austria (48,8) sono paesi europei con buone infrastrutture di ricerca, ma che non raggiungono i livelli dei leader mondiali, pur mantenendo una forte tradizione di innovazione. Paesi come Norvegia (46,1), Canada (45,7) e Francia (44,9) dimostrano anch’essi una buona capacità di creazione di conoscenza, sebbene con una leggera differenza rispetto alle nazioni al vertice. L’importanza di una solida infrastruttura di ricerca è chiara in questi paesi, che sostengono i loro settori innovativi attraverso università forti e partnership pubblico-private. Nella fascia media e bassa della classifica troviamo paesi come l’Italia (41,9), che, pur essendo una nazione industrializzata con un solido sistema educativo e una buona tradizione accademica, non riesce a competere con i principali attori globali a causa di un minor investimento in ricerca e innovazione. Anche l’Australia (40,6), sebbene innovativa, si colloca al di sotto di altri paesi con simili livelli di sviluppo economico. In paesi come Singapore (38,8), Spagna (37,4) e Repubblica Ceca (35,4), ci sono segni di crescita nella creazione di conoscenza, ma essi non riescono ancora a competere con le nazioni al top della classifica. Questi paesi stanno investendo in innovazione, ma devono affrontare sfide come la fuga di cervelli, la mancanza di risorse finanziarie sufficienti o infrastrutture di ricerca non sufficientemente sviluppa. Nella parte inferiore della classifica troviamo paesi come il Brasile (20), la Turchia (24,6), e l’India (20,3), che, nonostante i loro sforzi, faticano a sviluppare un ecosistema di innovazione solido e ben strutturato. Questi paesi soffrono spesso di una mancanza di infrastrutture di ricerca, politiche governative poco favorevoli o investimenti inadeguati nel settore dell’istruzione superiore. I paesi a basso livello di sviluppo della conoscenza, come il Pakistan (17), Kenya (12,7) o la Nigeria (6), lottano con gravi carenze infrastrutturali, mancanza di accesso all’educazione di qualità e di capitali per sostenere l’innovazione. Questi paesi hanno bisogno di profonde riforme strutturali, investimenti internazionali e una migliore integrazione nei flussi globali di conoscenza per poter migliorare. I dati mostrano un chiaro divario tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo in termini di creazione di conoscenza. I paesi al vertice, come Svizzera, Svezia e Stati Uniti, hanno costruito ecosistemi di innovazione altamente sofisticati, supportati da investimenti significativi in ricerca e sviluppo, infrastrutture educative avanzate e una forte collaborazione tra pubblico e privato. Al contrario, i paesi a basso livello di creazione di conoscenza spesso lottano con mancanza di risorse, infrastrutture e un contesto politico-economico sfavorevole. Per i paesi emergenti, uno dei maggiori ostacoli è la capacità di trattenere talenti e fornire un ambiente di supporto per l’innovazione. La creazione di politiche che favoriscono la ricerca, la collaborazione internazionale e l’accesso ai finanziamenti è essenziale per migliorare la loro posizione.
La Creazione di Conoscenza nel Global Innovation Index tra il 2013 ed il 2022. I dati relativi alla creazione di conoscenza dal 2013 al 2022 mostrano un’evoluzione significativa a livello globale, con un’ampia varietà di cambiamenti tra i paesi. In molti casi, i paesi stanno facendo progressi nel potenziare la loro capacità di generare, condividere e applicare conoscenza, mentre in altri paesi si osservano cali significativi. Questo riflette il diverso livello di investimenti, infrastrutture e politiche legate alla ricerca e sviluppo, nonché l’influenza di fattori socio-economici e geopolitici. Partiamo dai paesi che hanno registrato una crescita straordinaria nella creazione di conoscenza. Lo Yemen, nonostante le difficoltà politiche ed economiche, ha registrato un incremento impressionante del 248%, passando da un indice di 2,5 nel 2013 a 8,7 nel 2022. Questo potrebbe essere il risultato di un maggiore accesso all’educazione e all’informazione grazie a programmi internazionali e ai miglioramenti nelle tecnologie dell’informazione e comunicazione. Anche il Perù ha visto una crescita notevole, con un aumento del 188%, che riflette una maggiore attenzione allo sviluppo del capitale umano e alle infrastrutture educative e tecnologiche. Altri paesi in via di sviluppo, come l’Etiopia e l’Indonesia, hanno registrato una crescita significativa del 102,67% e del 109,09%, rispettivamente. Questo riflette un maggiore impegno da parte di questi paesi nel potenziamento delle loro capacità di creazione di conoscenza, probabilmente attraverso politiche di sviluppo del capitale umano, investimenti in educazione e una crescente adozione delle tecnologie digitali. Tra i paesi più sviluppati, Hong Kong ha dimostrato una notevole crescita del 99,13%, segnalando un forte impegno nel campo dell’innovazione tecnologica e della ricerca accademica, grazie anche alla sua posizione strategica come centro finanziario e tecnologico globale. Anche l’Arabia Saudita ha mostrato un aumento dell’83,33%, probabilmente in risposta ai piani di diversificazione economica come la Vision 2030, che mira a ridurre la dipendenza del paese dal petrolio attraverso lo sviluppo di settori ad alta intensità di conoscenza, come la tecnologia e la ricerca. Un altro esempio interessante è la Tunisia, che ha registrato una crescita del 71,85%, segnalando i risultati di un crescente impegno nel settore dell’istruzione superiore e della ricerca, nonostante le difficoltà economiche e politiche. Paesi come il Pakistan, con una crescita del 73,47%, e il Kazakistan, con un incremento del 73,24%, dimostrano che l’Asia meridionale e centrale stanno facendo progressi significativi nel migliorare le loro infrastrutture di conoscenza e ricerca, grazie a una combinazione di investimenti pubblici e privati. Al contrario, ci sono anche numerosi paesi che hanno visto una riduzione della loro capacità di creare conoscenza. La Svizzera, che rimane uno dei leader globali nella creazione di conoscenza, ha registrato una leggera diminuzione dello 0,69%, probabilmente dovuta a fluttuazioni nel livello di investimento in ricerca e sviluppo o a una stabilizzazione dopo anni di crescita costante. Il Nepal ha visto un calo del 1,98%, segnalando difficoltà nel mantenere un ritmo di crescita costante a causa di sfide economiche interne e limitazioni nelle infrastrutture educative. Alcuni paesi hanno subito perdite ben più significative. L’Irlanda, ad esempio, ha registrato un calo del 36,71%, probabilmente dovuto alla riduzione degli investimenti in ricerca o a cambiamenti nelle priorità economiche del paese. La Nuova Zelanda, con un calo del 29,27%, potrebbe aver subito una riduzione delle risorse destinate alla ricerca e all’innovazione, o una mancanza di incentivi per trattenere i talenti. L’Ucraina, con una riduzione del 35,18%, è un caso particolare, influenzato probabilmente dalla guerra e dall’instabilità politica che hanno drasticamente ridotto la sua capacità di creare conoscenza e innovazione. L’Argentina e la Mongolia hanno visto cali rispettivamente del 16,56% e del 38,32%. Questo può riflettere le difficoltà economiche e politiche di questi paesi, che hanno ridotto la loro capacità di investire nella ricerca e nell’educazione superiore. La Bielorussia ha subito un calo significativo del 59,24%, probabilmente a causa di sanzioni economiche e dell’instabilità politica, che hanno colpito duramente il settore della ricerca. Altri paesi come il Niger e la Costa d’Avorio hanno visto cali del 54,72% e del 53,33%, rispettivamente, segnalando profonde difficoltà strutturali che limitano l’accesso all’educazione di qualità e alla ricerca, con pochi progressi nell’adozione di tecnologie innovative. In termini generali, i paesi che hanno visto aumenti più significativi nella creazione di conoscenza tendono a essere quelli che hanno investito di più in infrastrutture di ricerca, istruzione superiore e politiche di innovazione. Molti di questi paesi, in particolare quelli emergenti, hanno beneficiato di un crescente accesso alla tecnologia e a reti di conoscenza globali, che hanno permesso loro di migliorare la produzione di conoscenza nonostante sfide economiche o politiche. D’altro canto, i paesi che hanno subito riduzioni nella creazione di conoscenza tendono a essere colpiti da fattori geopolitici e socioeconomici che hanno limitato la loro capacità di mantenere gli investimenti in questi settori. Infine, una considerazione importante è che la creazione di conoscenza non dipende solo dall’investimento in infrastrutture e capitale umano, ma anche dalla capacità di attrarre e trattenere talenti, promuovere una cultura dell’innovazione e sviluppare politiche che incentivino la ricerca e lo sviluppo. I paesi che hanno saputo migliorare questi aspetti sono quelli che hanno visto i progressi maggiori, mentre quelli che hanno trascurato questi elementi o sono stati colpiti da crisi economiche o politiche hanno registrato un declino. Il futuro della creazione di conoscenza dipenderà dalla capacità dei paesi di adattarsi rapidamente ai cambiamenti tecnologici e di sfruttare al massimo le loro risorse intellettuali e innovative.
Politiche Economiche per la creazione di conoscenza. Le politiche economiche volte a promuovere la creazione di conoscenza sono un elemento cruciale per lo sviluppo sostenibile e l’innovazione in un’economia globale sempre più basata sul sapere. Queste politiche si concentrano principalmente su due aree fondamentali: l’investimento in capitale umano e infrastrutture per la ricerca e lo sviluppo (R&D), e la creazione di un ecosistema favorevole all’innovazione, che includa incentivi economici, sostegno istituzionale e una regolamentazione adeguata. In primo luogo, uno dei pilastri delle politiche economiche per la creazione di conoscenza è l’investimento nell’istruzione e nella formazione. Le economie moderne riconoscono che un capitale umano qualificato e competente è essenziale per alimentare la capacità di innovazione e la produzione di nuova conoscenza. Ciò implica un forte impegno a livello governativo nell’educazione a tutti i livelli, ma in particolare nell’istruzione superiore e nella ricerca accademica. Le università e i centri di ricerca svolgono un ruolo chiave nella generazione di nuove idee, nella scoperta scientifica e nello sviluppo di tecnologie avanzate. Politiche volte a rafforzare il sistema educativo, migliorare l’accesso alle università e potenziare la qualità dell’insegnamento in materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) sono essenziali per costruire una forza lavoro capace di creare e applicare nuova conoscenza. Oltre a questo, le politiche possono includere programmi di borse di studio e finanziamenti per dottorati e post-dottorati, incentivando i giovani ricercatori a impegnarsi in settori chiave per l’innovazione tecnologica. Parallelamente, i governi devono garantire che ci siano sufficienti incentivi per promuovere la ricerca e lo sviluppo. L’R&D è uno dei motori principali della creazione di conoscenza e di innovazione. Le aziende private spesso non hanno un incentivo immediato a investire pesantemente in R&D a causa dei costi elevati e dei rischi associati. Qui entra in gioco l’intervento pubblico attraverso politiche economiche che favoriscano la cooperazione tra pubblico e privato. I governi possono offrire sovvenzioni, agevolazioni fiscali e crediti di imposta per le imprese che investono in ricerca, rendendo l’investimento in conoscenza più attraente per il settore privato. Inoltre, le partnership pubblico-private, dove le università e i centri di ricerca collaborano con le imprese per sviluppare nuovi prodotti o tecnologie, possono amplificare l’impatto delle politiche pubbliche. Oltre al sostegno diretto alla ricerca, una politica economica efficace deve prevedere la creazione di infrastrutture per l’innovazione. Le infrastrutture fisiche, come parchi tecnologici, laboratori di ricerca, incubatori e acceleratori di startup, sono fondamentali per fornire un ambiente in cui la ricerca può prosperare e trasformarsi in innovazione concreta. Questi spazi offrono non solo risorse tecniche, ma anche accesso a reti di mentori, investitori e imprenditori, facilitando la commercializzazione delle idee e accelerando il processo di innovazione. Investire in queste infrastrutture promuove lo sviluppo di un ecosistema di innovazione dinamico, dove l’interazione tra scienziati, ricercatori, ingegneri e imprenditori può portare a nuove soluzioni tecnologiche e modelli di business. La regolamentazione gioca anch’essa un ruolo essenziale nella promozione della creazione di conoscenza. Politiche di protezione della proprietà intellettuale, come brevetti e diritti d’autore, sono fondamentali per incoraggiare l’innovazione. Se i ricercatori e le aziende sanno che possono proteggere e monetizzare le loro invenzioni, saranno più inclini a investire in nuove idee. Tuttavia, è importante che le leggi sulla proprietà intellettuale siano equilibrate, in modo da non ostacolare la diffusione della conoscenza. Un sistema di brevetti ben progettato deve proteggere l’innovazione, ma anche consentire che le nuove tecnologie siano utilizzate e migliorate da altri. Inoltre, una politica economica deve garantire che le normative ambientali e sociali siano integrate nel processo di innovazione. Ad esempio, politiche che incentivano la creazione di tecnologie verdi o soluzioni sostenibili possono guidare la ricerca e lo sviluppo verso settori che non solo producono conoscenza, ma affrontano anche le sfide globali del cambiamento climatico e dello sviluppo sostenibile. L’internazionalizzazione della ricerca è un altro aspetto cruciale delle politiche economiche per la creazione di conoscenza. Oggi, la produzione di conoscenza non è più confinata ai confini nazionali. La collaborazione transnazionale tra università, aziende e governi è diventata la norma, con scienziati e ricercatori che lavorano in reti globali. Le politiche che facilitano la mobilità dei ricercatori e promuovono la cooperazione internazionale sono essenziali per potenziare la creazione di conoscenza. I governi possono incentivare questo processo attraverso accordi bilaterali o multilaterali di cooperazione scientifica, finanziamenti per progetti internazionali di ricerca e la promozione di scambi accademici. Favorire la partecipazione a programmi di ricerca globali, come quelli promossi dall’Unione Europea (es. Horizon Europe), permette ai paesi di accedere a reti di conoscenza più ampie, aumentando così la capacità di innovare e creare nuove idee. Un aspetto spesso trascurato delle politiche economiche per la creazione di conoscenza è la necessità di creare un ambiente culturale favorevole all’innovazione. Le politiche devono incoraggiare una mentalità che favorisca il pensiero critico, la sperimentazione e l’assunzione di rischi. Spesso, uno dei principali ostacoli alla creazione di conoscenza è una cultura aziendale o accademica che non premia l’innovazione o che penalizza l’errore. Politiche che promuovono l’imprenditorialità, la flessibilità e la sperimentazione all’interno delle organizzazioni possono fare la differenza. Inoltre, è importante creare canali per la comunicazione e lo scambio di idee tra settori differenti, come l’università, l’industria e il governo, al fine di favorire una contaminazione positiva tra discipline e approcci. Le politiche economiche devono inoltre affrontare il tema dell’equità e dell’accesso alla creazione di conoscenza. La distribuzione ineguale delle risorse può limitare la capacità di alcuni gruppi o regioni di partecipare pienamente al processo di creazione di conoscenza. È fondamentale che le politiche siano inclusive e mirino a ridurre le barriere all’ingresso per tutti i segmenti della popolazione. Questo può includere programmi specifici per le donne, le minoranze etniche e altre popolazioni storicamente svantaggiate nel campo dell’istruzione e della ricerca. Allo stesso modo, garantire che le regioni meno sviluppate abbiano accesso alle stesse opportunità di innovazione e ricerca è cruciale per costruire una crescita economica più equilibrata. In sintesi, le politiche economiche per la creazione di conoscenza devono essere complesse e integrate, considerando una vasta gamma di fattori che spaziano dall’educazione alla ricerca, dall’incentivazione fiscale alla regolamentazione e dall’infrastruttura fisica all’ambiente culturale. I governi devono agire in modo strategico, fornendo il supporto necessario non solo per incentivare l’innovazione, ma anche per garantire che i benefici della creazione di conoscenza siano ampiamente condivisi e sostenibili nel lungo termine. L’obiettivo ultimo è quello di creare un ecosistema in cui l’innovazione possa prosperare, permettendo ai paesi di competere in un’economia globale in continua evoluzione.
Conclusioni. La variabile creazione della conoscenza è cresciuta tra il 2013 ed il 2022 da un valore medio di 19,32 fino ad un valore medio di 20,76 ovvero una crescita pari a 7,44%. Vi sono dei paesi che hanno visto crescere il livello di creazione della conoscenza tra il 2013 ed il 2022. I top performers sono : Yemen con +248%, Perù con +188,24%, Indonesia con +109,09%, Etiopia con 102,67%. Vi sono anche dei paesi nei quali il valore della creazione della conoscenza è diminuito. I worse performers sono: Repubblica Dominicana con un valore pari a -52,63%, Costa d’Avorio con -53,33%, Nigeria con -54,72%, Bielorussia con -59,24%, e Nicaragua con -65,12%.
Country | 2013 | 2022 | Var Ass | Var Per | |
Top performers | Yemen, Rep. | 2,5 | 8,7 | 6,2 | 248,00 |
Peru | 3,4 | 9,8 | 6,4 | 188,24 | |
Indonesia | 3,3 | 6,9 | 3,6 | 109,09 | |
Ethiopia | 7,5 | 15,2 | 7,7 | 102,67 | |
Hong Kong SAR, China | 11,5 | 22,9 | 11,4 | 99,13 | |
Worse Performers | Dominican Republic | 1,9 | 0,9 | -1 | -52,63 |
Cote d’Ivoire | 4,5 | 2,1 | -2,4 | -53,33 | |
Niger | 5,3 | 2,4 | -2,9 | -54,72 | |
Belarus | 34,1 | 13,9 | -20,2 | -59,24 | |
Nicaragua | 4,3 | 1,5 | -2,8 | -65,12 |