Il 52° Rapporto Censis ha analizzato la società attuale italiana come fa ogni anno, scattando una fotografia sui fenomeni socio-economici di un’Italia che risulta essere scontenta, cinica e incattivita.
In questa ultima schermografia impietosa, l’Italia riveste la prima posizione quale paese dell’Unione europea con una capacità di spesa e reddito inferiori rispetto ai propri genitori: il 23% contro una media europea del 30%.
Il 96% degli italiani con un livello di studi basso e l’89% con scarso reddito, sono convinti che la loro situazione economica non potrà mai cambiare, mentre il 56,3 è ferma nella certezza che il nostro paese sia rimasto statico, e che nulla si sta muovendo nel settore dell’economia in particolare.
Inoltre a guardare verso il futuro con pessimismo, delusione e paura sono il 31,3 % degli italiani. Poco protetti nella propria abitazione, con nessuno che difenda la loro identità. Lo dichiarano il 63,6% delle persone interpellate; il 52 % è convinto che il governo faccia di più per gli stranieri; Il 63% non vede di buon grado l’immigrazione dei paesi non comunitari, mentre il 45% non tollera neanche la presenza degli stranieri comunitari.
I più indispettiti sono proprio i poveri, che consistono nel 78% dei disoccupati, ritenendo che gli immigrati sottraggano loro il lavoro; la tolleranza però sale fra le persone più colte e fra gli imprenditori.
Giocando a carte scoperte dichiariamo la nostra opinione in maniera chiara e inequivocabile, senza giri di parole e senza nasconderci: noi italiani non amiamo gli stranieri, quelli poveri in particolare.
Ma il nostro cuore c’entra poco con il sovranismo. In effetti essendo l’Italia un paese povero (subito dopo la Grecia), vediamo proiettati sui migranti la nostra reale situazione di indigenza e di degrado, di cui siamo tristemente consapevoli. Siamo incattiviti dalla mancata ripresa dell’economia, ed ecco che ci scateniamo contro gli stranieri.
I migranti ci rivelano con le loro storie che hanno fame, che stanno male e che non possono garantire un futuro ai loro figli. Sicché molti di loro rubano, spacciano, ed hanno un’attenuante.
Ma ritornando indietro con la memoria, possiamo constatare che questa è la medesima situazione che gravava sugli italiani cento anni fa: noi che siamo andati in America e in Australia a cercar fortuna, subito dopo la grande guerra.
Negli anni Settanta, non lontanissimi, siamo emigrati in Francia, in Belgio e in Germania, o nella vicina Torino e Milano, e continuiamo a farlo ancora, sebbene con abiti puliti e con un trolley (sostituendo la valigia di cartone); magari con una laurea in mano. E questa è storia contemporanea.
Dovremmo tenerlo presente tutti i giorni, per non dimenticare che è successo (e succede ancora oggi) ai nostri genitori di prendere insulti e porte in faccia. Forse è proprio perché lo ricordiamo che abbiamo paura della presenza degli stranieri, come un fantasma che aleggia incombente, e con l’incubo che potrebbe succedere ancora. Sicché abbiamo smesso anche di fare figli, per paura di un futuro incerto. E che dire poi di un’Italia multietnica, dove un numero sempre maggiore di giovani donne sposa e fa figli con uomini che presto ci cambieranno cultura e abitudini? E così abbiamo paura di condividere il nostro pasto, fatto di briciole e di rancore.
Il sovranismo, questa nostra sfrenata critica radicale, fa il coro al governo di uomini che non ci somigliano, sebbene ci piacciano. E laddove ne troviamo alcuni che sparano a zero sui migranti, amanti della spettacolarizzazione, sebbene certi che anche loro abbiano un cuore, siamo ben lieti di applaudirli, cavalcando insieme a loro l’onda di un mare che per tutti però, è fatto della stessa sostanza.