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LA DEMOCRAZIA E L’ORDINE MONDIALE –Quarta Parte

La postdemocrazia e il rischio di Weimar con  Trump, Milei, Meloni e Salvini

Per merito della potenza irresistibile della moneta, le menzogne sparse sul web diventano un attestato di verità, i no-vax dirigono le politiche sanitarie, gli assalitori del Campidoglio incantano la folla e ritornano a Washington

Di fronte alle ovazioni per Milei, Trump e Musk c’è da domandarsi se non si registri in Occidente un avanzamento qualitativo della “spirale”, che nell’immagine marxiana indicava la dinamica assorbente del circolo del capitale, indotto, per conservarsi, a occupare ambiti via via nuovi. C’è da chiedersi, insomma, se ad assumere la forma di merce non sia oggi la politica stessa, che viene commercializzata alla stregua di qualunque oggetto appropriabile. Il capitale, effettiva “grandezza in movimento”, per riprodursi al di là dei confini presidiati, non si accontenta di uno statico mantenimento dell’equilibrio, deve costantemente invadere spazi inedite. La rappresentanza, i poteri dello Stato, perdendo la loro tradizionale autonomia, vengono anch’essi collocati sul mercato e si dissolvono nelle trame acquisitive di attori insoliti che, mediante ingenti flussi di denaro e di fake news, comprano le cariche monocratiche.


Spogliata della polarizzazione in classi, unico fattore di inciampo potenziale, anche l’arena politica finisce per essere colonizzata dal profitto, che si incunea nelle preferenze del cittadino a mezzo della rappresentazione di leaders seduttivi reclutati dalle imprese. La contesa per le leve di comando si svolge adottando le medesime regole del marketing e dello spaccio dei prodotti di largo consumo. Quando i miliardari si cimentano in prima persona nella gara per la conquista del timone statale o per assecondarlo, ricevono l’unzione popolare per tagliare le zavorre sopravvissute (diritti, sussidi, residui apparati pubblici).

Il capo politico si rivela così una merce tra le tante che viene esposta in vetrina e, per essere meglio negoziata, secondo la metafora di Marx, fa l’occhiolino all’utente.  “Il feticismo della merce” è un fenomeno che si è esteso alla competizione politica. Proprio come la merce, anche il magnate che si dà alla politica palesa nel suo profilo una mescolanza di sensibile e sovrasensibile. La distanza con la razionalità del costrutto verbale è il punto di forza del suo capitale politico che intende non già convincere, ma intercettare un desiderio, blandire un bisogno destinato a rimanere insoddisfatto.

Attraverso il volto di simili avventurieri, personaggi del calibro del tycoon golpista mancato, o del mister X fresco commissario alla “spending review”, la merce si mette in mostra. A causa dell’abbondanza sterminata che possiedono, gli oligarchi infrangono qualsiasi opposizione e fanno proseliti “tragicamente” tra i meno abbientiNel trascinamento magico del capitale, che per Marx “si presenta come un meccanismo automatico, come un semplice numero che si accresce da se stesso”, l’era dell’algoritmo trova nella strana coppia americana gli interpreti perfetti per la sua realizzazione, capace di cancellare le ombre depositate nella fedina penale e a scansare ogni legittima procedura costituzionale.

Nell’ultima versione di funzionario del capitale, Musk stringe un patto redditizio per la gestione del governo, giacché lo Studio Ovale gli pare il luogo adatto per coltivare mire monopolistiche e impadronirsi del potere, così come, a titolo di esempio, di contenere la temibile concorrenza rappresentata dalle più economiche auto elettriche cinesi, trasformando l’amministrazione federale nello strumento di chi punta a massimizzare gli utili mentre esercita l’autorità, il controllo e la sorveglianza.

Dopo la fase delle liberalizzazioni selvagge, che hanno incrinato l’egemonia a stelle e strisce nei traffici dell’economia-mondo, il capitalismo statunitense si butta in politica per stabilizzare il monopolio detenuto in alcuni cruciali settori strategici. Infatti, la nascente industria della difesa della Silicon Valley, che trasforma illuminati uomini “tecnologici” in oligarchi, scuote il complesso militare-industriale offrendo al mercato armi più piccole, più economiche e autonome. Secondo la propaganda dei suoi fondatori e dirigenti, queste sono destinate a proteggere meglio gli Stati Uniti e i loro alleati in un conflitto moderno a costi significativamente inferiori.

È evidente che, convertendosi alla filosofia affaristica di Trump, questi novelli oligarchi lo appoggiano per trarne un vantaggio economico. Elon Musk & Co. stanno unendo le forze per competere con i giganti dell’industria bellica.

Tra le aziende in questione figurano SpaceX di Elon Musk, il produttore di ChatGPT OpenAI, il costruttore di moto d’acqua autonome Saronic e il gruppo di dati di intelligenza artificiale Scale A. Stiamo lavorando insieme per creare una nuova generazione di aziende di difesa, ha dichiarato una persona coinvolta nello sviluppo del gruppo. Chi fa parte dell’entourage di Trump può influenzare le sue decisioni, il futuro governo e i suoi consiglieri a Washington. Non sono certo altruisti: vogliono fare più soldi possibili. In questo modo, cioè con una politica tornata ad essere ad una sola dimensione, quella del capitale, di tutto ciò che sta al di fuori della fabbrica è possibile fare cosa privata: dalla sanità alla scuola, dalla Casa Bianca alla Casa Rosada.

Conclusione. La forma dell’umano

Nel suo nuovo disco-libro il cantautore, insegnante e scrittore Marco Rovelli “L’attesa” dialoga con altri autori tessendo una conversazione profonda su ciò che ci rende umani.
Pensare l’impossibile. Guardando il panorama desolato che ci circonda.

Sicuramente il mood dominante è questo: che non ci sia più nulla da fare. Che non ci sia alternativa alla società capitalistica ed al suo disastro. Ma questo – There is no alternative – non è esattamente ciò che diceva Margaret Thatcher, l’antesignana di questa società neoliberale, la stessa che diceva -e le due affermazioni stanno insieme- che non esiste una cosa chiamata società, esistono solo gli individui. L’assenza di futuro è la percezione dominante, specialmente tra le giovani generazioni.

Ma, come sempre nella storia, alla scrittura del potere i corpi fanno attrito, e producono risposte inedite prima inimmaginabili, ci dice Marco Rovelli. Non sappiamo se l’impossibile farà irruzione nel possibile – che poi è la metafora che Antonio Moresco ha utilizzato nel suo libro “Canto degli alberi” e abbiamo ripreso nella canzone che abbiamo scritto insieme “Il canto degli alberi”, ma sappiamo che non saper più immaginare un futuro è la peste depressiva propagata dall’egemonia neoliberale che, molecolarmente, trova sempre più forme di dissenso. E dare spazio e voce a questo dissenso è ciò che oggi tocca a tutti noi.

Nel capitolo Utopia, si parla di Don Chisciotte, dice Moresco: Cervantes ha scaraventato dentro la letteratura, e quindi dentro l’immaginario, qualcosa di esplosivo, e cioè l’indistinzione tra la realtà e il sogno e l’immaginazione. Questa è una caratteristica che hanno i primitivi, e i bambini, i quali quando giocano non distinguono tra la realtà e il gioco. […] A me interessa moltissimo perché è esattamente di questa facoltà di indistinzione che avremmo bisogno in un momento terribile in cui dovremmo essere tutti centrati, orientati su un problema di reinvenzione della nostra specie minacciata di estinzione.

E Marco Rovelli continua: Io credo che il non riuscire a distinguere tra realtà e finzione – come già avviene per l’estrema invasività dei social, della diffusione di fake news, della realtà virtuale e dell’iper-tecnologia nelle nostre vite – possa essere addirittura un pericolo per le democrazie, per la vita sociale, per il rispetto delle vite altrui. Occorre ripartire dai corpi, e dai corpi in relazione (…); ma questo non entra in opposizione con la tecnologia in quanto tale. Per me a questo riguardo, mi si perdoni l’ellissi, la questione fondamentale è – come disse Brecht nel ’35 al congresso degli scrittori a Parigi – “Compagni, parliamo dei rapporti di produzione”. Quando Antonio Moresco si riferisce alla necessità di “reinvenzione”, è che per inventare, per creare, bisogna delirare – uscire dal solco, come dice notoriamente l’etimologia di “delirio”.

Senza confondere i piani – ciò che è possibile e ciò che non lo è, ciò che è realistico e ciò che è utopistico ovvero folle ovvero stupido – non sarà possibile reinventare alcunché, significa consegnarci all’estinzione.

Fine

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Bibliografia ragionata

Rocco Ronchi, Populismo/sovranismo. Una illustre genealogia, Castelvecchi, 2024

Giuseppe Ciarallo, direttore della storica rivista “Zona letteraria”, ha intervistato Marco Rovelli, autore di “L’attesa. Marco Rovelli canta la rivolta alla peste neoliberista, 2024Il disco libro, l’attesa si trova nel sito di Marco Rovelligennaio 2025. Marco Rovelli è anche drammaturgo, scrittore di reportage, romanzi e saggi, tra i quali ricordiamo Lager italiani, Rizzoli 2006, Servi, Feltrinelli 2009, La parte del fuoco, Barbès 2013, Il contro in testa, Laterza 2013, La guerriera dagli occhi verdi, Giunti 2016, Siamo noi a far ricca la terra. Romanzo di Claudio Lolli e dei suoi mondi, Minimum fax 2021, Soffro dunque siamo. Il disagio psichico nella società degli individui, Minimum fax 2023.

Massimo Cacciari, I Musk, la Macchina e la sinistra fuori gioco, in, La Stampa, 13.1.2025. I padroni della “Macchina intelligente” sono gli attuali sovrani del mondo. Ma è più che mai necessaria una politica che sappia distribuire equamente la ricchezza.

Editoriale, di Michele Prospero, in, L’Unità, 3 gennaio 2025  

Luca Rondi, Lorenzo Figoni, Gorgo CPR, libro sui luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione edito da Altreconomia 2024, intervista di Ettore Macchieraldo e Valentina Valle B., pubblicato da Pressenza IPA  il 14.01.2025.

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Data:

28 Febbraio 2025

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