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LA FORZA LAVORO NEI PAESI OCSE – E’ cresciuta in media dell’11,06% tra il 2011 ed il 2023

L’OCSE[1] calcola il valore della forza lavoro. I dati sono disponibili per il periodo 2011-2023.

La forza lavoro nei paesi OCSE nel 2023. L’analisi della forza lavoro nei paesi OCSE per il 2023 rivela interessanti differenze e somiglianze tra le nazioni, evidenziando le dimensioni e le caratteristiche economiche di ciascun paese. Con una forza lavoro totale di 167.116 mila unità, gli Stati Uniti si posizionano nettamente al primo posto tra i paesi OCSE, riflettendo la loro vasta popolazione e la forte economia diversificata. Seguono il Giappone e il Messico con 69.252 mila e 60.585 mila unità rispettivamente, sottolineando l’importanza economica di queste nazioni all’interno dell’OCSE. La forza lavoro giapponese è particolarmente significativa data l’alta densità di popolazione del paese e la sua industria tecnologica avanzata, mentre il Messico, con una popolazione giovane in rapida crescita, mostra un mercato del lavoro in espansione. La Germania, con 44.468 mila unità, rappresenta la forza lavoro più grande in Europa, un riflesso della sua economia robusta e industriale, mentre il Regno Unito e la Turchia seguono con 34.551 mila e 34.881 mila unità rispettivamente. Questi paesi mostrano economie diversificate con forti settori dei servizi e industriali. La Francia, con 30.852 mila unità, e la Corea del Sud, con 29.203 mila unità, dimostrano anch’essi la loro importanza economica all’interno del contesto OCSE. L’Italia, con una forza lavoro di 25.527 mila unità, e la Spagna, con 23.900 mila unità, sono tra i paesi con le maggiori forze lavoro in Europa meridionale. Questi paesi affrontano sfide economiche significative, inclusi alti tassi di disoccupazione, specialmente giovanile, e necessità di riforme strutturali. Il Canada, con 21.326 mila unità, riflette una forza lavoro consistente in un paese con una vasta area geografica e una popolazione diversificata. Colombia e Polonia, con 25.365 mila e 17.467 mila unità rispettivamente, mostrano mercati del lavoro dinamici in rapida crescita. La Colombia rappresenta uno dei mercati emergenti dell’America Latina, mentre la Polonia è uno dei principali paesi in via di sviluppo in Europa, beneficiando di investimenti stranieri e politiche economiche favorevoli. I paesi nordici come la Svezia, con 5.773 mila unità, la Finlandia, con 2.852 mila unità, e la Norvegia, con 2.999 mila unità, mostrano forze lavoro più piccole ma altamente produttive, con alti standard di vita e sistemi di welfare ben sviluppati. La Danimarca, con 3.179 mila unità, e l’Islanda, con 228 mila unità, seguono questo trend di economie benestanti con forte enfasi sulla qualità della vita e l’equità sociale. L’Australia e la Nuova Zelanda, con 14.610 mila e 3.038 mila unità rispettivamente, rappresentano forze lavoro significative nel contesto dell’Oceania, con economie diversificate e forti legami commerciali con l’Asia. Israele, con 4.477 mila unità, mostra una forza lavoro piccola ma dinamica, con un focus su tecnologia e innovazione. I paesi del Benelux, come il Belgio con 5.323 mila unità e i Paesi Bassi con 10.139 mila unità, rappresentano economie forti in Europa, beneficiando di una posizione geografica strategica e di economie altamente industrializzate. Il Lussemburgo, con 339 mila unità, pur avendo una delle forze lavoro più piccole, vanta uno dei PIL pro capite più alti del mondo, grazie al settore finanziario e bancario. I paesi dell’Europa orientale e centrale, come la Repubblica Ceca con 5.195 mila unità, l’Ungheria con 4.941 mila unità, la Slovacchia con 2.772 mila unità e la Slovenia con 1.027 mila unità, mostrano forze lavoro più piccole ma in crescita, con economie che stanno recuperando rapidamente dalla transizione post-comunista. La Lettonia, con 951 mila unità, e la Lituania, con 1.547 mila unità, seguono un percorso simile di crescita e sviluppo economico. La Grecia, con 4.715 mila unità, continua a lottare con sfide economiche significative, inclusa la ripresa da una lunga crisi economica e un alto tasso di disoccupazione. L’Irlanda, con 2.773 mila unità, mostra una forza lavoro in crescita, beneficiando di un’economia dinamica e di investimenti esteri significativi, specialmente nel settore tecnologico e farmaceutico. Infine, i paesi più piccoli come l’Estonia, con 748 mila unità, e Costa Rica, con 2.300 mila unità, dimostrano forze lavoro limitate ma in crescita, con economie che stanno beneficiando di politiche favorevoli all’innovazione e allo sviluppo sostenibile. In sintesi, l’analisi dei dati sulla forza lavoro dei paesi OCSE per il 2023 evidenzia una vasta gamma di dimensioni e caratteristiche economiche. Gli Stati Uniti, con la forza lavoro più grande, riflettono la loro posizione di leader economico globale, mentre paesi come Giappone e Messico mostrano forze lavoro significative che sostengono economie dinamiche. I paesi europei come Germania, Regno Unito e Francia continuano a rappresentare importanti centri economici, nonostante le sfide economiche e demografiche. Le economie emergenti di Colombia e Polonia evidenziano mercati del lavoro in rapida crescita, mentre i paesi nordici continuano a distinguersi per l’alta produttività e i forti sistemi di welfare.

La forza lavoro nei paesi OCSE tra il 2011 ed il 2023. L’analisi dei dati relativi alla forza lavoro nei paesi OCSE tra il 2011 e il 2023 rivela importanti variazioni sia in termini assoluti che percentuali, evidenziando diverse tendenze economiche e demografiche.  Partiamo dagli Stati Uniti, che mostrano un aumento significativo della forza lavoro, passando da 153.617 mila unità nel 2011 a 167.116 mila unità nel 2023, con una variazione assoluta di 13.499 mila unità, pari all’8,79%. Questo incremento riflette una crescita economica sostenuta e una capacità continua di creare posti di lavoro, nonostante le sfide legate all’automazione e alla necessità di aggiornare le competenze della forza lavoro. Il Giappone, che già aveva una delle forze lavoro più grandi, è cresciuto da 65.955 mila unità a 69.252 mila unità, con un aumento di 3.297 mila unità (5,00%). Questo risultato è notevole considerando le difficoltà demografiche del paese, come l’invecchiamento della popolazione e il basso tasso di natalità. La forza lavoro della Germania è aumentata di 3.283 mila unità, passando da 41.185 mila a 44.468 mila unità, con una crescita del 7,97%. La Germania continua a essere la potenza economica dell’Europa, sostenuta da una forte industria manifatturiera e da un mercato del lavoro robusto. L’Italia ha visto un incremento della forza lavoro più modesto, passando da 24.659 mila a 25.527 mila unità, con un aumento di 868 mila unità (3,52%). Questo riflette le sfide economiche persistenti, inclusa la necessità di riforme strutturali per stimolare la crescita e l’occupazione. La Francia ha registrato un aumento della forza lavoro di 2.604 mila unità, salendo da 28.248 mila a 30.852 mila unità (9,22%). Questo incremento è indicativo di una ripresa economica post-crisi, ma il mercato del lavoro francese deve affrontare sfide come l’alta disoccupazione giovanile. Il Regno Unito ha visto una crescita della forza lavoro di 2.585 mila unità, da 31.966 mila a 34.551 mila unità (8,09%). Questo aumento riflette una relativa stabilità economica e una forte domanda di lavoro in vari settori, nonostante l’incertezza causata dalla Brexit. Il Messico ha registrato uno dei maggiori incrementi assoluti, con un aumento di 10.863 mila unità, passando da 49.722 mila a 60.585 mila unità (21,85%). Questo riflette la crescita economica e demografica del paese, con una popolazione giovane che entra nel mercato del lavoro. Tra i paesi con i maggiori incrementi percentuali troviamo il Lussemburgo, con una crescita del 43,64%, passando da 236 mila a 339 mila unità. Anche Israele ha registrato un forte aumento del 39,73%, da 3.204 mila a 4.477 mila unità, indicando una robusta crescita economica e demografica. La Corea del Sud ha visto un aumento della forza lavoro di 3.814 mila unità (15,02%), da 25.389 mila a 29.203 mila unità, riflettendo una crescita economica sostenuta e una rapida industrializzazione. La Svezia ha registrato una crescita del 15,07%, con un aumento di 756 mila unità, da 5.017 mila a 5.773 mila unità. D’altra parte, alcuni paesi hanno visto una diminuzione della forza lavoro. La Grecia ha registrato una riduzione di 221 mila unità, passando da 4.936 mila a 4.715 mila unità (-4,48%), riflettendo le difficoltà economiche persistenti e l’alto tasso di disoccupazione. Anche la Lettonia ha visto una diminuzione della forza lavoro di 77 mila unità (-7,49%), da 1.028 mila a 951 mila unità. La Repubblica Ceca ha registrato una leggera diminuzione della forza lavoro di 28 mila unità (-0,54%), da 5.223 mila a 5.195 mila unità, mentre il Portogallo ha visto una riduzione di 101 mila unità (-1,86%), da 5.426 mila a 5.325 mila unità. Tra i paesi nordici, la Norvegia ha visto un aumento della forza lavoro di 379 mila unità (14,47%), passando da 2.620 mila a 2.999 mila unità. L’Islanda ha registrato una crescita impressionante del 27,37%, con un aumento di 49 mila unità, da 179 mila a 228 mila unità. In Oceania, l’Australia ha visto una crescita significativa della forza lavoro di 2.796 mila unità (23,67%), passando da 11.814 mila a 14.610 mila unità, mentre la Nuova Zelanda ha registrato un aumento del 30,67%, con un incremento di 713 mila unità, da 2.325 mila a 3.038 mila unità. In America Latina, il Cile ha visto un aumento della forza lavoro di 1.628 mila unità (19,60%), passando da 8.306 mila a 9.934 mila unità, mentre la Colombia ha registrato un incremento di 3.630 mila unità (16,70%), da 21.735 mila a 25.365 mila unità. In Europa centrale e orientale, l’Ungheria ha visto un aumento della forza lavoro di 716 mila unità (16,95%), passando da 4.225 mila a 4.941 mila unità. La Polonia ha registrato un leggero aumento di 246 mila unità (1,43%), da 17.221 mila a 17.467 mila unità.

Politiche economiche per la crescita della forza lavoro nei paesi OCSE. Le politiche economiche volte allo sviluppo della forza lavoro nei paesi OCSE devono essere multidimensionali, affrontando diverse sfide e opportunità per creare un ambiente favorevole alla crescita economica sostenibile e inclusiva. Innanzitutto, è essenziale investire nell’istruzione e nella formazione continua per garantire che la forza lavoro sia adeguatamente preparata per le esigenze del mercato del lavoro del XXI secolo. Questo include migliorare l’accesso e la qualità dell’istruzione di base e superiore, promuovere programmi di formazione professionale e apprendistato in linea con le richieste del mercato, e incoraggiare l’apprendimento permanente per assicurare che i lavoratori possano adattarsi alle evoluzioni tecnologiche e di mercato. Le competenze digitali diventano particolarmente importanti in un contesto in cui l’automazione e l’intelligenza artificiale stanno trasformando molte industrie. Politiche volte a colmare il divario digitale e a fornire competenze tecnologiche avanzate possono aiutare i lavoratori a rimanere competitivi e a cogliere nuove opportunità. Parallelamente, è fondamentale sostenere l’innovazione e la tecnologia. Questo può essere realizzato attraverso l’incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo (R&D), creando un ecosistema favorevole all’innovazione che includa incentivi fiscali per le imprese che investono in R&D e partenariati pubblico-privato che promuovano la collaborazione tra università, centri di ricerca e industria. Inoltre, le politiche devono favorire l’adozione di nuove tecnologie nelle piccole e medie imprese (PMI), che spesso mancano delle risorse necessarie per investire in innovazione autonomamente. Le politiche per l’innovazione non solo stimolano la crescita economica, ma creano anche nuovi posti di lavoro nei settori emergenti, contribuendo così allo sviluppo della forza lavoro. La flessibilità del mercato del lavoro è un altro elemento cruciale. Politiche che promuovano contratti di lavoro flessibili e che facilitino la mobilità lavorativa possono aiutare a ridurre la disoccupazione e a migliorare l’adattabilità della forza lavoro. Tuttavia, è importante bilanciare la flessibilità con la sicurezza del lavoro, garantendo che i lavoratori non siano esposti a precarietà eccessiva. A tal fine, possono essere introdotti schemi di sicurezza sociale che offrano una rete di protezione per i lavoratori, inclusi sussidi di disoccupazione adeguati e programmi di riqualificazione professionale per chi perde il lavoro. In aggiunta, politiche che supportano la conciliazione tra vita lavorativa e privata, come congedi parentali pagati e orari di lavoro flessibili, possono migliorare il benessere dei lavoratori e aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, in particolare tra le donne. La promozione dell’inclusività nel mercato del lavoro è fondamentale per uno sviluppo sostenibile. Politiche attive per l’occupazione che mirino a integrare gruppi svantaggiati, come giovani, donne, anziani e migranti, possono contribuire a una maggiore equità e coesione sociale. Programmi di mentoring, incentivi per l’assunzione di categorie protette e iniziative di inclusione delle minoranze etniche e razziali sono esempi di misure che possono migliorare la partecipazione e l’inclusione nel mercato del lavoro. Inoltre, la promozione dell’imprenditorialità e del lavoro autonomo attraverso l’accesso a finanziamenti, formazione e supporto amministrativo può creare ulteriori opportunità di lavoro e stimolare l’innovazione. La dimensione demografica rappresenta una sfida crescente per molti paesi OCSE, con popolazioni che invecchiano rapidamente. Politiche per prolungare la vita lavorativa attiva, come la promozione dell’invecchiamento attivo e la riforma dei sistemi pensionistici, sono essenziali. Incentivare le imprese a mantenere e assumere lavoratori anziani, attraverso sgravi fiscali e programmi di aggiornamento delle competenze, può aiutare a mantenere una forza lavoro esperta e produttiva. Allo stesso tempo, politiche che sostengano la natalità e l’equilibrio tra lavoro e vita familiare sono cruciali per contrastare il declino demografico. L’internazionalizzazione del mercato del lavoro e la mobilità dei lavoratori tra i paesi OCSE possono contribuire significativamente allo sviluppo della forza lavoro. Facilitare la mobilità lavorativa attraverso il riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, la riduzione delle barriere burocratiche e la promozione di programmi di scambio lavorativo può arricchire il capitale umano e stimolare l’innovazione. In questo contesto, politiche che promuovano la collaborazione internazionale in ambito educativo e formativo, come i programmi Erasmus e simili, possono preparare i giovani a competere in un mercato del lavoro globale. Le politiche economiche per lo sviluppo della forza lavoro devono anche affrontare le sfide poste dai cambiamenti climatici e promuovere una transizione giusta verso un’economia verde. L’adozione di tecnologie e pratiche sostenibili può creare nuovi posti di lavoro nei settori delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica e della gestione dei rifiuti. Politiche di formazione e riqualificazione specifiche per i settori green possono assicurare che i lavoratori siano preparati per le opportunità offerte dalla transizione ecologica. Inoltre, incentivi per le imprese che adottano pratiche sostenibili e politiche che promuovono l’economia circolare possono contribuire a una crescita economica sostenibile. Infine, l’importanza della governance e delle istituzioni non può essere sottovalutata. I governi devono assicurare che le politiche siano ben progettate, implementate e monitorate. La trasparenza, la responsabilità e la partecipazione delle parti interessate sono fondamentali per il successo delle politiche economiche. I partenariati pubblico-privato, la collaborazione con organizzazioni internazionali e il coinvolgimento della società civile possono rafforzare l’efficacia delle politiche di sviluppo della forza lavoro.

Conclusioni. Tra il 2011 ed il 2023 il valore medio della forza lavoro nei paesi OCSE considerati è cresciuto dell’11,06%. I paesi nei quali la forza lavoro è cresciuta di più sono: Lussemburgo con +43,64%, Israele con +39,73% e la Turchia con +32,01%. Tuttavia vi sono anche dei paesi che hanno vissuto una riduzione del valore della forza lavoro tra il 2011 ed il 2023 ovvero: la Repubblica Ceca con -0,54%, il Portogallo con -1,86%, la Grecia con -4,48%, la Lettonia con -7,49%.  Sommando il totale della forza lavoro nel 689 milioni di persone. Tuttavia circa il 50% di tale forza lavoro è allocata in 4 paesi ovvero: USA, Giappone, Messico e Germania. Tuttavia la forza lavoro dei paesi OCSE è minoritaria rispetto alla forza lavoro della Cina. Secondo il sito Statista[2] la forza lavoro della Cina nel 2023 è stata pari a 740 milioni di persone. La forza lavoro in India è stimata intorno a 600 milioni di unità[3]. Ne deriva che i paesi OCSE tendono ad essere minoritari rispetto ai giganti asiatici in termini di forza lavoro.


[1] https://data-explorer.oecd.org/

[2] https://www.statista.com/statistics/251380/number-of-employed-persons-in-china/#:~:text=Number%20of%20employees%20in%20China%202013%2D2023&text=In%202023%2C%20the%20workforce%20in,influenced%20by%20the%20coronavirus%20pandemic.

[3] https://tradingeconomics.com/india/labor-force-total-wb-data.html

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Data:

10 Giugno 2024
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