Nei due articoli precedenti, abbiamo visto cosa si intende per Lectio Divina e quali sono le condizioni indispensabili per praticarla.
Oggi inizieremo ad affrontare le diverse “tappe” in cui, tradizionalmente, si divide la Lectio Divina:
- Lectio (= lettura)
- Meditatio (= meditazione)
- Oratio (= orazione)
- Contemplatio (= contemplazione)

Come ho più volte sottolineato, la Lectio Divina è una lettura che deve condurci alla preghiera, la quale, a sua volta, deve trasformarsi in vita. «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi», scrisse l’apostolo Giovanni nel prologo del suo Vangelo (Gv 1,14). E San Francesco d’Assisi, in una sua lettera, così descrive il compito del cristiano: «Noi siamo madri del Signore quando lo portiamo nel cuore con l’amore divino e con una coscienza pura e sincera, e quando lo generiamo con opere sante, che devono risplendere come luce in esempio agli altri». (Lettera ai fedeli 1,10)
Insomma, la Parola senza le opere è morta, e lo scopo primario della lectio Divina è proprio quello di portare la nostra consapevolezza all’azione.
Ricordo che si tratta di una lettura lenta, “gustosa” che richiede attenzione e silenzio: senza queste prerogative rischiamo di non ottenere nulla.
Il centro della Lectio Divina è la Parola di Dio; dobbiamo, dunque, lasciare da parte tutto ciò che ci distrae – compresi i nostri pregiudizio e le nostre certezze – ed essere pronti a lasciarci “sconvolgere” per poter ricevere più di quanto ci saremmo aspettati.

Ci sono due modi per comprendere la Scrittura: quella dell’indagine scientifica e quella della ricerca sapienziale della verità. Si tratta di due percorsi complementari, come due binari che viaggiano singolarmente ma nella stessa direzione.
Il significato letterale del testo – ovvero l’approccio esegetico – è fondamentale, in quanto è il fondamento della conoscenza che stabiliamo attraverso un rapporto personale con la Scrittura stessa. Si tratta, dunque, di un primo “step” che deve essere poi superato perché, come abbiamo visto, la vera conoscenza si ottiene solo attraverso l’intelligenza del cuore.
Scoprire il significato letterale del testo, dunque, non è il fine ultimo della Lectio Divina, ma solo il principio di un percorso che ci condurrà alla scoperta di una verità che non avremmo mai nemmeno immaginato.
Tuttavia è un passaggio imprescindibile, senza il quale la nostra Lectio rischia di essere solo fantasia, mettendo “in bocca” alle Scritture parole che non ha mai pronunciato.
L’umiltà è l’unica strada che può mantenere in equilibrio questo duplice approccio, senza che la bilancia della nostra intelligenza penda da un lato piuttosto che dall’altro.

Affinché il nostro studio possa dare i suoi frutti, è necessario prendersi del tempo per leggere la Bibbia, mantenersi fedeli a questi tempi di lettura ed essere docili allo Spirito che ci parla.
Ovviamente non è possibile leggere le Scritture in qualunque momento della giornata; è dunque fondamentale individuare il tempo e il luogo in cui possiamo farlo senza essere disturbati. Durante questo momento è importante leggere con calma e attenzione, ma anche trascrivere o imparare a memoria alcuni passaggi. Sono tutti ottimi metodi per entrare in “contatto”con la Paola.
Attenersi a questi tempi di lettura è altrettanto importante: la fedeltà e la ripetitività creano in noi l’abitudine (= habitus) che ci permette di familiarizzare con le Scritture.
I monaci parlano della Lectio Corsiva, ovvero della lettura continuativa della Bibbia, “percorrendola dalla cantina alla soffitta”. Solo così si crea in noi la fame della Parola.
Infine, dopo aver esplorato il significato letterale del testo, è importante andare oltre, ascoltando la “voce” che ci parla al cuore. La Lectio Divina è una lettura che facciamo insieme: noi e lo Spirito Santo.
Un monaco del Monte Athos disse: «Dobbiamo comportarci, con lo Spirito Santo, come ci comporteremmo con una colomba: la colomba si avvicinerà a noi nella misura in cui saremo pacifici, immobili e docili ad accoglierla».
A seguire.