Nell’articolo precedente, abbiamo visto in cosa consiste la seconda tappa della Lectio Divina, ovvero la Meditatio (= Meditazione). Oggi faremo un ulteriore passo in avanti, scavando più in profondità la Parola di Dio per poterne comprendere la vera essenza. Dopo aver letto e meditato le Scritture, è giunto il momento della preghiera, ovvero del dialogo tra noi e Dio, tra le nostra Parola e la sua. La Parola che è venuta in noi, ora ritorna a Dio sotto forma di preghiera. È questo il significato della terza “tappa” della Lectio Divina: l’Oratio (= Orazione)

Siamo abituati a pensare che la preghiera consista nel recitare alcune formule o nel chiedere grazie e favori divini. Niente di più falso. Purtroppo, nel tempo i cristiani hanno smarrito la fonte della vera preghiera, custodita e coltivata per secoli dalla tradizione monastica. Essa prevedeva pochissime preghiere vocali proprio per dare ampio spazio al canto, alla declamazione, alla ruminazione e alla meditazione.
Naturalmente l’Oratio, essendo il frutto di un confronto personale con la Parola, assume forme diverse a seconda di ciò che ciascuno percepisce dentro di sé.
Senza voler essere esaustiva, possiamo esaminarne quattro principali.
«Guai a me, sono perduto! Perché io sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure». (Isaia 6,5) «All’udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?» (Atti 2,37)
Questi due testi biblici, tratti dal libro di Isaia (Vecchio Testamento) e dagli Atti degli Apostoli (Nuovo Testamento) sono soltanto due degli innumerevoli esempi della cosiddetta ORATIO COMPUNCTIONIS (= preghiera di rimorso).
I Padri della chiesa la descrivono come una frattura del cuore che spinge il credente a confessare la propria misera e il proprio bisogno di conversione radicale. La Parola di Dio può, dunque, raggiungerci come una spada di luce che ci mette a nudo. Conseguenza di ciò è una più grande consapevolezza di sé e il dolore per la propria incoerenza.

L’ORATIO PETITIONIS (= da petizione, domanda), ne è la diretta conseguenza. Dinanzi alla propria verità non bisogna scoraggiarsi ma piuttosto cogliere l’occasione di fare la vera richiesta, quella che parte non tanto da un’idea di ciò che vogliamo, quanto dalla constatazione di ciò che ci serve. Come disse Gesù: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto, perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa.» (Mt 7,8). «In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena.» (Gv 16,23-24)
È un grande dono quello di potersi finalmente guardare in faccia in verità, poiché non c’è modo di cambiare la propria vita senza passare da questa “strettoia”. Chi la teme, lo fa solo perché si identifica con essa, dimenticando che si tratta solo di un passaggio e non di uno stato permanente.
Chi lo comprende, al contrario, accede ad un ulteriore livello di preghiera: l’ORATIO EUCHARISTICA (= ringraziamento). In questo stadio riconosciamo che la nostra vita è stata diretta da Qualcuno che ci ha accompagnati lungo tutto il cammino con lo sguardo amorevole di una madre, nonostante la nostra piccolezza. Ci ha amati a prescindere, concentrandosi più sul nostro potenziale che sui nostri limiti.

Arrivati a questo punto, non resta che una cosa da fare: l’ORATIO LAUDATIVA (= elogio).
Nel momento in cui, grazie alla Parola, abbiamo imparato a trascendere la nostra povertà, a riconoscere il nostro vero bisogno e ad accogliere l’Amore Incondizionato, il nostro cuore esplode di gioia e di riconoscenza. Tutto è lode, ringraziamento. Iniziamo finalmente a vedere la realtà come una luce che ci accompagna da sempre e permea ogni cosa. É una porta aperta alla contemplazione.
A seguire.