Gli studiosi della contemporaneità sono ormai unanimemente d’accordo nel considerare la nostra epoca come caratterizzata da un’antropologia della seduzione, seduzione che si trasmette attraverso il tatto, ma non verso il prossimo, allontanato dal terrore di essere contaminato, piuttosto verso i più sicuri e tranquilli schermi degli smartphone. Il moderno habitus della vita quotidiana di miliardi di persone è accumunato da un’intimità ormai mediata e da una continua azione tattile: il toccare schermi ed essere sempre in continua esposizione, è diventato una caratteristica peculiare delle neo culture mobili. Le interfacce a cui gli utenti sono abituati a relazionarsi presuppongono per divenire affascinanti nei confronti degli utenti, una gradevolezza delle immagini sotto forma di icone che predispone naturalmente a esercitare istintivi aspetti tattili verso qualsiasi oggetto che sia per uso comunicativo (smartphone, tablet, ecc.).
Prima lo zapping, caratteristica della neo televisione, oggi lo scrolling, sono metodi che trasmettono il desiderio di immergersi in un mondo fatto di sole immagini parlanti, una bolla nella quale tuffarsi in una intimità specifica di una logica basata sullo scorrimento, un nuovo concetto di flusso basato su piccole ma decisive azioni, facilmente eseguibili, che richiedono fermezza e decisione di approccio attraverso l’uso di un solo dito. Questa neo gestualità fa sì che il tatto sia diventato il senso principe, la chiave per “sbloccare” le nostre vite e permettere loro di navigare e scorrere nel mare magnum della rete. Strisciare o più gergalmente scrollare sullo schermo si inserisce allora alla transitorietà di azioni sempre più rapide e convulse che hanno costruito delle identità costruite su logiche di senso fondate sull’apparire sempre più rapidi nell’eseguire meccanicisticamente azioni per entrare in mondi nuovi e affascinanti, come è attestato per esempio dal rapidissimo successo nell’uso delle fotocamere digitali per immortalare ogni momento delle nostre vite. La formidabile pratica dell’app come porta d’ingresso gratuita alla divulgazione e alla presentazione online della propria sfera pubblica, si basa sulla logica dello scorrimento continuo e può essere considerato come sintomatico e rivelatore di tendenze mediate dalle ICT.
Le app diventano allora le aree in cui l’identità dell’utente è in continua costruzione: rappresentano chi siamo, cosa ci interessa, quali tendenze seguiamo, cosa usiamo per esercitare una specie di auto branding sui social media. Il continuo muovere il dito in una logica di scorrimento, può a ragione essere considerato un percorso di apprendimento incessante in cui il soggetto sperimenta non solo un senso di ubiquità ma nuovi modi di interazione mobile in cui prevale il lato iconografico della propria auto-presentazione. Produrre e consumare incessantemente immagini volatili sottolineano la costante di un effimero vissuto costituito da momenti e stralci di quotidianità mossi sotto la spinta di uno scorrimento manuale legato a partiche culturali note come culture mobili, concetto in cui è costante la presenza del cambiamento e della trasformazione dei fenomeni sociali. Tutto ciò avviene in un ambiente, uno spazio d’azione, che appare e scompare repentinamente, habitus in cui sono le app a comprendere azioni quotidiane che si intrecciano senza sosta tra momenti ludici, fluttuazioni di mercificazione del sé e scambio di opinioni che si formano gradualmente e si accumulano nel corso del tempo lasciando poco spazio a ulteriori forme autonome di pensiero.