Narrazione artistica

La menzogna, come tema universale e complesso, ha attraversato i secoli, trovando nelle narrazioni artistiche una delle sue espressioni più intense, al punto che Oscar Wilde, nel suo saggio The Decay of Lying, l’ha definita “l’arte suprema e la base stessa della civiltà”.
La letteratura, il cinema e le arti visive l’hanno esplorata, non solo come fenomeno sociale, ma anche come strumento per interrogare la natura della realtà, offrendo una riflessione critica sulle dinamiche della verità e della finzione. In quest’ottica, registi come Orson Welles, hanno mostrato che la menzogna può essere utilizzata per indagare la costruzione della realtà e la manipolazione delle percezioni. Analogamente, nel cinema di Alfred Hitchcock o nelle opere di David Lynch, l’inganno si intreccia con la riflessione speculativa, in una chiave interpretativa che svela le sfumature più oscure della psiche umana. Una funzione rivelatrice che non si limita ad un livello estetico, ma assume anche una dimensione epistemologica, in quanto la menzogna è pure un gesto di sfida alla lettura univoca della realtà, che ci spinge a mettere in discussione le nostre certezze e a riconoscere che la verità è spesso una costruzione complessa e stratificata, mai semplice e lineare. Naturalmente, una simile visione dell’inganno non è priva di conseguenze, in quanto la menzogna, nel suo essere metodo di rivelazione, ci costringe a confrontarci con le nostre capacità critiche e morali, per cui, se da un lato, l’artista può permettersi di esplorarla per illuminare la verità, dall’altro, la menzogna nella vita quotidiana torna a sollevare la questione della responsabilità, della necessità di stabilire quale sia il limite oltre il quale diventa dannosa, per l’individuo e per la società. Ciò vale anche in ambito letterario, laddove la menzogna è spesso collegata alla crescita della coscienza individuale e collettiva, come nei racconti che trattano di soggetti che mentono, o di mondi distopici in cui la verità è una merce rara. Uno dei più celebri esempi di menzogna narrativa è, appunto, Pinocchio, il burattino che sogna di diventare un bambino vero. La sua continua tendenza a mentire, con il conseguente allungamento del naso, raffigura l’eterno conflitto tra realtà e finzione, tra desiderio e verità. Nella fiaba di Collodi, quindi, mentire non è solo un atto subdolo e disonesto, ma è anche un simbolo di progresso morale e sociale, legato alla costruzione dell’identità e alla consapevolezza delle proprie azioni. Pinocchio, attraverso le sue esperienze, impara infatti a confrontarsi con la realtà, scoprendo progressivamente la verità su sé stesso e sul mondo che lo circonda, in un processo che rimanda più alla crescita morale, che alla semplice acquisizione di conoscenze. Questa modalità evolutiva la ritroviamo pure nelle teorie psicologiche di Piaget, che esplorano il passaggio dal gioco immaginativo alla comprensione della realtà, proponendo un approccio educativo più coinvolgente ed interattivo.

Un classico modello di inganno politico di massa è invece rappresentato dal romanzo distopico “1984”, di George Orwell, nel quale si ipotizza che un governo totalitario manipoli la verità tramite il controllo dell’informazione e la repressione della memoria storica.
La distorsione sistematica della realtà, incarnata dal “Ministero della Verità”, diviene quindi una pratica totalizzante volta a distruggere la capacità critica della pubblica opinione. Qui la menzogna non è solo un atto individuale, ma una macchina sociale che costruisce la realtà stessa. Orwell dimostra che, in un contesto di disinformazione, la verità diventa una questione di potere, dove il controllo sulle narrazioni e sulle “verità” ufficiali determina la libertà e la dignità delle persone. La manipolazione operata dallo Stato, in “1984”, stimola la critica alla distorsione ideologica ed al controllo autoritario, mostrando come la menzogna possa diventare uno strumento per mantenere il potere e annientare ogni forma di giudizio autonomo. Nel cinema e nelle arti visive in genere, l’inganno è generalmente utilizzato, proprio per esplorare la verità nascosta, trasformandosi in un artificio che serve a svelare il lato oscuro dell’esperienza umana. Il cinema, in particolare, ha sempre avuto un rapporto ambiguo con la verità e la finzione, stante che, da un lato, il film è già una “finzione” in sé, una costruzione artificiale che riproduce un mondo immaginario attraverso la tecnica del montaggio e della narrazione; dall’altro, il cinema utilizza l’inganno per portare alla luce realtà altrimenti inaccessibili, sfidando lo spettatore a mettere in discussione ciò che è vero e ciò che non lo è. Questo tipo di rappresentazione diventa praticamente un procedimento che invita a riflettere criticamente sulle molteplici interpretazioni della verità e sulle sue costruzioni sociali e ciò avviene, in particolare, quando i film giocano con la manipolazione della percezione e della realtà. Ne è un esempio emblematico The Truman Show (1998) di Peter Weir, in cui la realtà costruita attorno ad un individuo è soltanto un’enorme menzogna che lo costringe a vivere in una “bolla” di finzione. Il protagonista, Truman, si ritrova quindi completamente immerso in un mondo apparentemente perfetto, ma poi scopre che si tratta di una gigantesca messinscena e tutte le sue certezze non sono altro che mere illusioni. La mistificazione, in The Truman Show diventa in sostanza una riflessione metacinematografica sulla manipolazione della realtà, sulla costruzione delle identità e sull’illusione del controllo. Nel campo delle arti visive l’inganno ha dunque assunto una dimensione speculativa che va oltre la semplice apparenza; si pensi al celebre ritratto La Gioconda con i baffi, con il quale Marcel Duchamp ha ridotto la menzogna artistica ad una sorta di parodia, mettendo in discussione tutte le convenzioni estetiche e le aspettative del pubblico.

L’arte contemporanea ha utilizzato la menzogna anche per esplorare la simulazione, la finzione e la verità soggettiva, come nel caso delle installazioni che giocano con le illusioni ottiche o dei video che distorcono la realtà. Queste pratiche artistiche pongono quesiti sulla natura della percezione ed invitano anche a ragionare sulla relatività del vero, in un mondo in cui le immagini possono essere manipolate molto facilmente e la realtà è sempre più virtuale. L’inganno nelle espressioni artistiche non è insomma, quasi mai un fine in sé, ma un espediente per mettere in discussione le certezze sociali, politiche ed esistenziali. La menzogna diventa una lente attraverso cui esplorare il potere delle narrative e la costruzione della realtà, per cui, se la verità è spesso manipolata per fini di potere, l’arte è un campo privilegiato per indagare le dimensioni più sfumate dell’inganno. Letteratura, cinema e arte ci mostrano, in fondo, il lato nascosto della menzogna, invitandoci a riflettere sul nostro rapporto con la verità e su come essa venga continuamente negoziata attraverso il linguaggio, l’immagine e la storia. Dal Pinocchio di Collodi, che insegna il valore della sincerità usando le bugie, alla distopia orwelliana, dove la menzogna diventa una potente arma di controllo, fino ai tanti mondi immaginari che la fantasia degli artisti ci regala da sempre, l’inganno appare come una componente essenziale della narrazione; come il meccanismo creato dalla mente umana per svelare i suoi stessi segreti. La menzogna nelle forme artistiche in sostanza non è altro che una chiave di lettura per comprendere la nostra complessità e quella del mondo in cui viviamo.
Educare alla verità
La verità non è solo un concetto filosofico astratto, ma un principio che permea ogni aspetto della nostra esistenza. Educare alla verità, quindi, non significa limitarsi a insegnare una serie di fatti o concetti da memorizzare, ma implica un cammino epistemico ed etico che coinvolge l’individuo nella sua totalità. In un mondo che sembra spesso oscillare tra la verità e la menzogna, tra la trasparenza e l’inganno, l’educazione alla verità diventa una sfida fondamentale per formare cittadini responsabili, critici e consapevoli. In ambito educativo, il problema della menzogna trascende, dunque, il semplice errore da correggere, radicandosi in una questione più profonda, che coinvolge la nostra capacità di relazionarci con la realtà e con gli altri. Educare alla verità implica difatti un processo continuo di autocoscienza che orienta l’individuo, nella scoperta di sé e nella comprensione del proprio ruolo e della responsabilità sociale che ne deriva. Per chi educa, si tratta di guidare l’altro verso una visione del mondo che valorizzi l’autenticità e il rispetto per la complessità della realtà, concepita come un fenomeno dinamico e in continua evoluzione. In altre parole, significa accompagnare l’individuo in un percorso che gli permetta di approfondire progressivamente la conoscenza del genere umano, rendendo la verità una componente essenziale del suo essere. In questo senso, quindi, l’educazione alla verità non si può ridurre alla mera correzione di un errore morale, ma deve essere intesa come una missione finalizzata ad accrescere l’affidabilità delle persone, in quanto la menzogna non rappresenta soltanto un’infrazione delle norme sociali, bensì una distorsione che separa l’individuo dalla sua sincerità interiore e dalla relazione autentica con i suoi simili. Mentire implica infatti un restringimento della visione della realtà, mentre la verità richiede apertura, ascolto e capacità di affrontare l’esistenza, con le sue tante difficoltà e conseguenze. L’educazione non deve allora concentrarsi sullo sviluppo di una consapevolezza radicata che vada oltre la semplice distinzione tra verità e falsità, ma sull’importanza di sapersi mettere in discussione, riconoscendo che la verità non è mai un riflesso statico di una realtà unica, ma una costruzione che nasce sempre dall’esperienza e dal confronto con l’altro. Educare alla verità vuol dire, in sostanza, apprendere la vulnerabilità e la necessità di rivedere le proprie convinzioni e, in un mondo caratterizzato dalla rapidità della comunicazione digitale e dalla superficialità dei mezzi di informazione, l’educazione deve anche rappresentare un baluardo contro la distorsione e deve saper stimolare la riflessione critica, puntando al consolidamento di un’etica del pensiero accogliente e collaborativo. Insegnare a non mentire equivale, in tale prospettiva, a favorire relazioni autentiche, fondate sulla fiducia reciproca, giacché la verità prende forma, solo attraverso la relazione con l’altro: è una rappresentazione condivisa che emerge dai dialoghi e dalle azioni, per cui l’approccio educativo deve promuovere l’apertura al dialogo ed alla condiscendenza. Il ruolo dell’educatore non consiste, dunque, nel giudicare o nell’imporre la verità, ma nell’accompagnare l’individuo verso una maggiore consapevolezza personale, giacché non si tratta di evitare la menzogna attraverso la paura delle conseguenze, quanto piuttosto di convincere gli individui che essere sinceri è importante, sia per la loro integrità, sia per la loro capacità di vivere in armonia con sé stessi e con il mondo. A tal fine, è indispensabile promuovere una cultura della responsabilità per fare in modo che ciascuno ricordi sempre di possedere un grande potere di cui non deve mai abusare, ovvero quello di determinare il corso degli eventi, con le proprie azioni e parole.
Condannare o accettare la menzogna
Nel corso di questo articolo si è cercato di esplorare la menzogna da molteplici prospettive: filosofica, sociale, artistica e culturale. Ciò che emerge, infine, in maniera incontestabile, è la complessità intrinseca del fenomeno, che sfida la nostra comprensione e si intreccia con gli aspetti fondamentali dell’intera esperienza umana. Da Platone a Orwell, da Pinocchio al cinema contemporaneo, la menzogna si manifesta infatti come un paradosso: pur essendo universalmente condannata, continua ad essere parte integrante del nostro vivere quotidiano. La domanda centrale, che sorge spontanea, è se sia allora possibile condannare la menzogna in modo assoluto, o se non esistano ambiti in cui essa, pur restando moralmente discutibile, riveli anche aspetti positivi e funzionali. Al riguardo, abbiamo visto che la menzogna può essere interpretata come strumento di protezione, come modalità di navigazione attraverso la complessità sociale, come veicolo di narrazioni artistiche che sfidano la realtà, o ancora, in vari altri modi e ciò implica una riflessione più articolata e densa di sfumature. A maggior ragione, nel mondo contemporaneo, dove la verità sembra essere sempre più relativa e la finzione pare oramai una merce di uso comune, siamo chiamati a interrogarci sul ruolo della menzogna nella nostra vita quotidiana. È giusto difendere la verità a ogni costo? O vi sono situazioni in cui il ricorso all’inganno diventa, paradossalmente, una necessità etica e relazionale? La tensione tra la condanna della menzogna come male e la sua accettazione, come inevitabile risposta alle sfide dell’esistenza, è dunque uno dei nodi del nostro tempo. In ambito sociale, la menzogna spesso serve a mascherare le ingiustizie, a nascondere le verità scomode che minacciano il potere consolidato e in questi casi si configura come un’arma potente nelle mani di chi cerca di mantenere il controllo. Abbiamo invece potuto constatare che nelle dinamiche interpersonali, in quelle piccole quotidianità dove le bugie “bianche” sono giustificate come atti di gentilezza o di protezione, la menzogna diventa una forma di adattamento, una strategia per evitare conflitti e dolore. Ma ciò non sminuisce il valore della verità, anzi, al contrario, è proprio nella riflessione sulle menzogne, sulle loro motivazioni e sui loro effetti, che è possibile avvicinarsi ad una comprensione più profonda della realtà. In questa prospettiva, la verità, lontano dall’essere un concetto assoluto e immodificabile, diventa un’area fluida in continua negoziazione, in cui la menzogna gioca un ruolo, non solo come strumento di inganno, ma pure come mezzo di esplorazione della condizione umana. Forse, la soluzione al paradosso della menzogna non risiede nella sua assoluta condanna, ma nella consapevolezza della sua presenza nelle nostre vite e, dunque, nella nostra capacità di gestirla in modo responsabile. Dai tanti esempi letterari ed artistici, che ci invitano a riflettere sui vari volti dell’inganno, dobbiamo, allora, essere capaci di imparare a riconoscere le molte sfumature della menzogna, a distinguerla dalle verità scomode e a decidere, ogni giorno, se difendere un ideale di verità assoluta, oppure accettare il compromesso che la menzogna, sotto molteplici forme, ci offre costantemente. In fondo, è proprio questa ambiguità che ci sfida ad esplorare la nostra umanità più intima.
La prima parte dell’articolo è al link: https://www.internationalwebpost.org/la-menzogna-tra-inganno-e-verita-prima-parte/
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