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LA NORMALITA’ SPIEGATA AI BAMBINI

La maestra entra in classe e vede Giovanni che piange. Perplessa chiede alla classe cosa sia successo. Silenzio di tomba. Nessuno risponde. Tuttavia con pazienza riesce a rompere il disagio creatosi nell’aula e, avvicinandosi con grazia dei modi e dolcezza, chiede al bambino cosa sia accaduto.

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Il piccolo singhiozza disperatamente trovando comunque la forza di raccontare il fatto. Antonio gli ha detto che non è normale e che è malato perché sua mamma ama un’altra donna. L’insegnante è colta da improvviso stupore. E’ dibattuta sul da farsi. Capisce però che è necessario affrontare un discorso. Sa che la colpa non è di Antonio. Lui ha solo “assorbito” preconcetti e pregiudizi degli adulti, senza nemmeno conoscerne il significato. Dunque è venuta l’ora di parlare dell’accettazione dell’altro.

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Lei è consapevole della difficoltà dell’argomento che sta per trattare e si sta impegnando ad affrontarlo nel migliore dei modi. Non può permettersi di passare sopra ad una circostanza che riguarda un fatto delicato come questo. Si chiede come può cominciare il discorso. Magari parlando del multiforme concetto di normalità. Che cos’è la normalità in un mondo in cui tutto viene concettualizzato in base all’esperienza comune che è di tanti ma non di tutti?

cms_1524/Karl_Friedrich_Gauss1.jpgAh già, la curva di Gauss. Sì ma come si fa a spiegare ad una bambino che la normalità è data dall’osservazione di un certo numero di fenomeni che si verificano ripetutamente e che quindi costituiscono la maggioranza degli accadimenti? No che non si può. Non capirebbe, perlomeno non a quest’età. E poi perché si tende ad attribuire una connotazione positiva a ciò che accade di frequente e una negativa al resto? Chi dice che quello che non corrisponde alla “normalità” è negativo? Perché bisogna parlare di diversità dove c’è amore? Ecco, forse si potrebbe partire da questo.

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I bambini capiscono il linguaggio dell’amore e ne usano in quantità enormi. Al contrario degli adulti. Questi ultimi si sono abituati alle imposizioni della società. Un organismo creato da loro per tutelare i loro doveri. I diritti non sono ancora chiari. E’ un diritto quello di avere un figlio? La maestra tra sé e sé sospira. No, non si dice così. Si dovrebbe dire: ogni bambino ha il sacrosanto diritto di sentirsi amato da due persone che si prendano cura di lui.

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Che siano uomini o donne poco importa, no? O forse sì per chi non capisce il potere dell’amore. Quello che ti libera l’anima e che ti dona felicità. Ma qui bisognerebbe introdurre pure il problema -fin troppo complicato da esporre- sulla “normalità” dell’infelicità degli adulti. E gli psicologi invece? Anche il loro parere è discorde. Si dividono tra pro e contro. Però ci sono anche famiglie “normali” che maltrattano e usano violenza quotidiana sui loro figli..

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E allora cosa si può dire ad una classe di bambini desiderosi di comprendere? E se i genitori si rivoltassero contro e fossero discordi sulle parole utilizzate dalla maestra? Che fare? La maestra non può lasciar stare. Conosce i suoi doveri e il suo ruolo. Costernata cerca aiuto dentro di sè. La sua mente si sta dilungando in lunghi viaggi di comprensione di un mondo difficile da vivere. Normalità, moralità e apparenza si intrecciano e diventano un tutt’uno.

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Ad un certo punto decide. Antonio, devi sapere che Giovanni non è malato perché ha due genitori dello stesso sesso. Giovanni è come noi. Giovanni ha due genitori che lo amano e che cercano di renderlo felice ogni giorno. Giovanni sta crescendo come voi altri e la sua esperienza può essere motivo di arricchimento. Infatti accettare quello che quotidianamente viene definito come “diverso”, significa dare a noi stessi la possibilità di accedere ad un mondo nuovo. Nel senso che grazie agli altri, riusciamo sempre ad imparare qualcosa. In questo caso, ad esempio, che ogni bambino dovrebbe avere due persone che lo amano indipendentemente dal sesso di appartenenza. Questo è quello che avrebbe voluto dire l’insegnante. Ma il suo intervento si è limitato ad un ammonimento di Antonio e ad una carezza sul viso di Giovanni. La maestra ritorna alla cattedra pensierosa. Non sono ancora pronti, mormora tristemente. Non i bambini, ma gli adulti, La nostra società non è pronta per questo cambiamento, i nostri figli probabilmente sì. Questa è una storia di pura invenzione con personaggi totalmente inventati. Lo scopo è quello di sensibilizzare all’argomento. L’obiettivo è quello di aprire i cuori e ancora di più le menti.

Data:

6 Dicembre 2014