Sono molto lieto di presentarvi oggi uno dei più grandi capolavori dell’arte di tutti i tempi. Si tratta della celeberrima «Pietà» scolpita dal giovane Michelangelo Buonarroti nel 1500 e conservata nella Basilica di San Pietro in Vaticano. Il gruppo scultoreo risulta di straordinaria lucentezza e morbidezza, privo di asprezze e spigolosità, tanto che il Vasari arrivò a scrivere: «non pensi mai, scultore né artefice raro, potere aggiungere di disegno né di grazia, né con fatica poter mai di finezza, pulitezza e di straforare il marmo tanto con arte, quanto Michelagnolo vi fece, perché si scorge in quella tutto il valore et il potere dell’arte».
L’opera fu così celebre da divenire una delle icone della bellezza e dello spirito del Rinascimento; tanta celebrità non la risparmiò però da gesti folli, come quello di Laszlo Toth che il 21 maggio del 1972 la colpì con un martello per almeno quindici volte. La «Pietà» subì danni molto seri e fu subito sottoposta a un delicato e accurato restauro, fino a quando fu riposizionata nella sua sede originaria protetta da una speciale lastra di cristallo antiproiettile.
L’opera, forse commissionata per la tomba di un cardinale francese, è l’unica firmata dal grande scultore: si può leggere la firma dell’artista nella fascia che corre lungo il petto di Maria, forse a scanso di sospetti che ne mettevano in dubbio la paternità. Come poteva un’artista poco più che ventenne aver realizzato tale capolavoro? La fascia fa inoltre riferimento alle donne dell’epoca che, soprattutto in area toscana, usavano tale accorgimento per sorreggere il peso del proprio bambino; in questo contesto, essa rimanda al mistero della maternità di Maria e al peso di quel Figlio che dalla croce le aveva affidato una missione speciale: essere madre di tutti gli uomini e prendersi cura di ogni loro ferita.
La scena rappresenta il momento in cui il corpo di Gesù, deposto dalla croce, viene posto in grembo a sua madre prima di essere avvolto nel lenzuolo funebre e deposto nel sepolcro. Questo tema iconografico ha un’origine nordica e di solito si presentava con uno schema abbastanza rigido: Maria con busto eretto e verticale e Gesù, adagiato sulle sue ginocchia, in una rigida posizione orizzontale. Michelangelo rinnovò la tradizione stendendo il corpo di Gesù sulle gambe di Maria in maniera naturale e morbida e non con la rigidità delle opere precedenti; la madre, seduta su una roccia che rappresenta il Calvario, accoglie delicatamente il cadavere del figlio. Le due figure appaiono quasi fuse l’una nell’altra e danno vita a uno schema piramidale che ha il vertice nel volto di Maria. Così Michelangelo è riuscito ad esprimere visivamente l’intimo rapporto tra madre e figlio: la Vergine, rappresentata con volto quasi da bambina, è pensosa, assorta nella contemplazione di un disegno misterioso e di una responsabilità che la trascende.
Molto significativo è il gesto della mano sinistra di Maria che sembra invitare lo spettatore a meditare sulla rappresentazione davanti ai suoi occhi: questa Madre aiuta a comprendere come Dio doni se stesso in Gesù in una condizione di totale debolezza e fragilità. In questo modo, possiamo non sentirci soli nelle nostre fragilità e debolezze: Dio è venuto ad abitare la nostra umanità per farci sperimentare la sua presenza amorosa. Maria da una parte accoglie il Figlio e dall’altra lo offre, lo offre a noi perché in Lui possiamo trovare speranza.
Michelangelo rappresenta Maria come una donna giovanissima, colta nella sua realtà eterna, in una bellezza ideale e senza tempo: il suo volto elegante e tenero non presenta nessuna ruga ne lacrima. Qualcuno fece notare all’artista l’apparente incongruenza dell’età di Maria più giovane rispetto a quella del Figlio. Proprio qui sta la grandezza e la profondità del messaggio del Buonarroti: non ha voluto darci una semplice istantanea di un fatto storico ma un messaggio teologico. Maria incarna l’eterna giovinezza di colei che non è stata mai toccata dalla vecchiezza del peccato: la bellezza eterna di Dio si riflette come in uno specchio nella sua creatura senza macchia.
Il corpo di Gesù non presenta i segni della passione e della sofferenza subita, le piaghe sono solo accennate: l’artista sembra voler suggerire che il dramma è interiore e se qualche cosa emerge all’esterno si manifesta nelle tormentate e mosse pieghe della veste di Maria.
Vi lascio con una riflessione e una preghiera a Maria nata proprio davanti al gruppo della Pietà di Michelangelo: «Il delitto è compiuto: noi abbiamo ucciso Gesù! E le piaghe di Cristo bruciano nel cuore di Maria, mentre un solo dolore abbraccia la Madre col Figlio. La Pietà grida, commuove e ferisce anche chi è solito fare ferite. La Pietà! A noi sembra di aver compassione di Dio e invece – ancora una volta – è Dio che ha compassione di noi. La Pietà! Il dolore non è più disperato e mai più lo sarà, perché Dio è venuto a soffrire con noi». «O Maria, in quel Figlio tu abbracci ogni figlio e senti lo strazio di tutte le mamme del mondo. O Maria, le tue lacrime passano di secolo in secolo e rigano i volti e piangono il pianto di tutti. O Maria, tu conosci il dolore ma credi! Credi che le nuvole non spengono il sole, credi che la notte prepara l’aurora. O Maria, tu che hai cantato il Magnificat, intonaci il canto che vince il dolore come un parto da cui nasce la vita. O Maria, prega per noi! Prega perché arrivi anche a noi il contagio della vera speranza».