Il confronto tra Emily Dickinson e Marilena Parro Marconi mette in evidenza due poetesse che, pur trattando temi simili, si esprimono attraverso stili e linguaggi distinti, ma entrambi capaci di cogliere l’intensità del legame tra la vita e la morte, il ricordo e l’attesa.
Emily Dickinson, con la sua poesia Poiché non potevo fermarmi per la Morte, affronta la morte come una figura calma e paziente che prende l’autore in un viaggio inevitabile verso l’aldilà. La Morte diventa quasi una compagna di viaggio che non ha fretta, simboleggiando l’ineluttabilità del destino, ma anche una serenità inquietante. Il ritmo lento e le immagini evocative, come la casa che “sembrava un rigonfiamento del terreno” e il passaggio del tempo che si fa sfuggente e indefinito, creano un’atmosfera sospesa tra la vita e la morte, tra il ricordo e l’oblio. La poesia di Dickinson non si limita alla tristezza della fine, ma si proietta verso l’eternità, rendendo la morte un passaggio continuo, mai realmente conclusivo.
In modo analogo, Marilena Parro Marconi, nella sua poesia Passeggio nei viali della memoria, esplora il legame tra il presente e il passato attraverso il ricordo di una persona perduta. La poetessa cammina nei “viali della memoria”, in cui ogni angolo è abitato dal sorriso di chi non c’è più, ma continua a vivere nei suoi pensieri. La malinconia e l’attesa di un ritorno si intrecciano in un paesaggio emotivo, in cui “la tua immagine è per me luce”, simbolo di un amore e di un’amicizia che resistono al passare degli anni e delle difficoltà. L’immagine di un “fiume della vita” e il peso degli anni che gravano sulle braccia, rimandano alla fatica di vivere senza l’altro, ma anche alla speranza che, nonostante tutto, il legame affettivo sopravviva nel cuore.
Entrambe le poetesse, sebbene in contesti diversi, trattano la morte come un evento che non si ferma con la fine della vita fisica, ma che continua a vivere nell’immaginario e nei ricordi.
La morte e il ricordo si intrecciano come temi universali, ma il loro trattamento poetico è diverso: la morte in Dickinson è più impersonale e inevitabile, mentre in Marconi è intrisa di affetto e di un dubbio che rende incerta la realtà di ciò che si ricorda. Nonostante le differenze stilistiche e tonali, entrambe le poetesse esplorano la dimensione dell’infinito e dell’incompiuto, lasciando in chi legge una sensazione di continuità tra vita e morte, di legami che sfuggono alla materia e che trovano la loro forza nel ricordo.
Emily Dickinson
È una delle poetesse più significative della letteratura americana, nata il 10 dicembre 1830 a Amherst, nel Massachusetts. La sua vita si svolse prevalentemente in solitudine, trascorrendo gran parte degli anni nella sua casa di famiglia, senza mai sposarsi né intraprendere una carriera pubblica. La sua introversione e il rifiuto delle convenzioni sociali del suo tempo hanno influenzato profondamente il suo modo di scrivere e di percepire il mondo.
La sua produzione poetica, che conta oltre 1.800 poesie, rimase quasi sconosciuta durante la sua vita. Solo pochi dei suoi versi furono pubblicati in vita, e questi spesso subivano pesanti modifiche da parte degli editori. Le sue poesie, caratterizzate da un linguaggio diretto e da una metrica innovativa, esplorano temi universali come la morte, l’immortalità, l’amore, la natura e la fede, affrontati con una sensibilità unica e una visione estremamente personale.
La poesia di Dickinson si distingue per l’intensità emotiva e l’uso di una sintassi frammentata che rende ogni parola significativa e densa di significato. La poetessa si è sempre concentrata su riflessioni esistenziali, sull’infinito e sul mistero della vita, e la sua capacità di esprimere profondi dilemmi interiori con un linguaggio conciso e potente ha fatto di lei una figura centrale nella poesia americana.
Nonostante la sua vita ritirata, l’influenza di Emily Dickinson è cresciuta nel corso del tempo. Dopo la sua morte, avvenuta il 15 maggio 1886, le sue poesie furono finalmente pubblicate integralmente, conquistando un posto di rilievo nella letteratura mondiale. La sua capacità di esplorare la condizione umana, le sue visioni sul mistero dell’esistenza e la sua scrittura innovativa continuano a ispirare lettori e scrittori, consolidando il suo status di una delle voci più originali e potenti della poesia.
La scelta
Emily Dickinson, con la sua poesia Poiché non potevo fermarmi per la Morte, affronta il tema della morte e dell’immortalità in modo delicato e sorprendente, usando una lingua che cattura la quiete e l’irraggiungibilità di questi concetti. In questo poema, la Morte è personificata come una figura che, anziché essere improvvisa e violenta, si presenta con gentilezza e calma, invitando la poetessa a un viaggio che è tanto fisico quanto metafisico. Il poema si snoda lungo un percorso che unisce il concetto di morte all’immortalità, con immagini simboliche che descrivono il tempo che scorre e la consapevolezza di un destino che va oltre la vita terrena.
La poetessa intraprende un viaggio con la Morte che la porta attraverso diversi paesaggi simbolici, come la scuola e i campi di grano, che richiamano la giovinezza e la crescita, ma anche la fragilità e la transitorietà della vita. Il passaggio attraverso il sole calante e la casa che sembra appartenere al terreno stesso suggerisce il continuo ciclo della vita e della morte, con l’idea che la fine di un ciclo sia inevitabile, ma allo stesso tempo una parte di un disegno più grande. La conclusione del poema, che descrive l’eternità come un punto di arrivo, lascia al lettore una riflessione profonda sulla natura dell’esistenza e sull’incontro tra finitezza e infinità.
In questa poesia, Dickinson esplora la relazione tra vita e morte, rappresentandola come un incontro inevitabile e naturale, privo di drammaticità, ma al contempo carico di simbolismi. Il viaggio compiuto con la Morte suggerisce una riflessione sulla permanenza dell’anima, che continua a esistere anche oltre la fine fisica, trascendendo la temporalità. L’incontro con l’immortalità sembra, dunque, non un evento straordinario, ma un prolungamento naturale del nostro essere. La poetessa, attraverso l’immagine del viaggio, ci guida a comprendere la morte non come una fine, ma come una tappa di un cammino eterno.
Marilena Parro Marconi
Laureata in Lettere Classiche presso l’Università di Padova, ha esercitato la professione di insegnante. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti in Concorsi Letterari Nazionali e Internazionali, sia per la narrativa che per la poesia, con diverse pubblicazioni in prosa e in versi. Tra le sue opere più recenti figurano Lo spirito del Pratino (Ed. Publimedia, 2018), segnalata in vari concorsi, e Fiabe alla finestra (Laura Capone Editore, 2019), vincitrice del Premio Nazionale Letteratura Italiana Contemporanea. La sua silloge poetica Emozioni (Fondazione Mario Luzi Ed. 2023) è stata finalista al Premio Letterario Internazionale Mario Luzi 2021 e ha vinto il Premio Assoluto nella Sezione A – Poesia Edita al Premio “Winning Book” di Roma 2024. Tra le altre pubblicazioni recenti ci sono All’ombra della betulla e altri racconti (Edizioni Progetto Cultura 2024) e I colori dell’attesa (Genesi Editrice 2024), quest’ultima premiata con la Motivazione di Lettura di Giuria per il Premio I Murazzi.
La scelta
La poesia Passeggio nei viali della memoria offre una profonda riflessione sul tema del ricordo e dell’assenza, dipingendo un quadro emotivo intenso attraverso l’uso di immagini evocative e simboliche. La poetessa invita il lettore a percorrere i “viali della memoria” dove incontrare il sorriso di una persona amata, simboleggiato da un “raggio di sole”, che illumina il cammino del ricordo. L’assenza di questa persona è descritta come un’ombra silenziosa che avvolge la notte, mentre il poeta continua a nutrire la speranza di ritrovarla all’alba, nel chiarore del nuovo giorno.
Il testo esprime una profonda nostalgia e il desiderio di rivivere i colloqui interrotti dalla separazione. Le “dolci parole” che emergono dall'”antico dolore” testimoniano l’intensità del legame emotivo che perdura nonostante il tempo. La persona amata è rappresentata come una “luce”, un “punto d’approdo” e un'”acqua sorgiva”, simboli di speranza, guida e purezza che continuano a infondere calore e forza nel cuore del poeta, contrastando la disillusione e il turbamento.
I versi si distinguono per la loro capacità di trasmettere un’emozione intensa attraverso immagini poetiche di grande impatto. La poetessa utilizza il contrasto tra la luce del ricordo e il buio dell’assenza per esplorare temi universali di perdita e speranza. La “luce” e l'”acqua sorgiva” diventano metafore potenti della persistenza del ricordo e del conforto che esso offre, anche di fronte alla disillusione e alle difficoltà della vita.
La poesia si chiude con un dubbio persistente, che lascia il lettore con una riflessione sulla natura del ricordo e la sottile linea tra realtà e sogno. Questa incertezza finale aggiunge una dimensione ulteriore al testo, invitando a considerare la fragilità e la potenza della memoria. In questo modo, l’autrice riesce a evocare una meditazione profonda sul legame indissolubile con chi non c’è più, sottolineando l’importanza di mantenere vivi i ricordi che danno senso e conforto alla nostra esistenza.