L’incontro tra le voci poetiche di Mariangela Gualtieri, una delle figure più intense della poesia italiana contemporanea, ed Emanuela Maggini, autrice che riflette sull’alienazione dell’era digitale, offre un’opportunità di riflessione sulla fragilità dell’essere umano e sulla trasformazione del rapporto con il corpo e i sensi.
Gualtieri, con il suo tono dolce e meditativo, invita alla consapevolezza della vita e alla cura reciproca. Nella poesia Sii dolce con me, esprime la preziosità dell’esistenza fisica e del contatto umano, consapevole della sua transitorietà. L’urgenza di essere delicati con sé e con gli altri si fa preghiera, mentre il tempo scorre inesorabile. Il suo linguaggio è caldo e avvolgente, un richiamo alla gratitudine per la corporeità prima che questa si dissolva nel non-essere.
Dall’altra parte, Maggini ci proietta in un futuro già presente, in cui il contatto fisico è sostituito dalla simulazione digitale. In Carezze elettroniche, la perdita del corpo è inevitabile e già avvertita: la tecnologia riduce l’intimità a schermi e illusioni, mentre il mondo diventa sempre più distante. Il suo linguaggio è più frammentato e tagliente, riflettendo un senso di smarrimento e di rassegnazione. L’assenza dei sensi è già una realtà, il bacio diventa “preistoria”, e il futuro è un’eco di replicanti e di nostalgia per ciò che era umano.
Questo confronto tra due poetesse contemporanee evidenzia due modi complementari di affrontare la perdita della corporeità: Gualtieri esorta alla cura e alla dolcezza prima della fine, mentre Maggini denuncia un presente in cui la fine è già avvenuta. Entrambe, seppur con toni diversi, ci pongono di fronte a una domanda essenziale: cosa resta dell’umano in un mondo che rischia di perdere il senso del corpo e della presenza reale?
Mariangela Gualtieri

È una delle voci più intense e riconoscibili della poesia italiana contemporanea, nota per la sua scrittura profondamente lirica e per la riflessione sulla condizione umana, la natura e la sacralità dell’esistenza. Nata a Cesena nel 1951, ha affiancato alla sua attività poetica un forte impegno nel teatro, fondando nel 1983 il Teatro Valdoca insieme al regista Cesare Ronconi, con cui ha sviluppato un percorso artistico che intreccia parola, gesto e visione scenica.
La sua poesia è caratterizzata da una musicalità evocativa e da un linguaggio che unisce semplicità e potenza espressiva. Nei suoi versi emerge una profonda sensibilità verso il mondo naturale e l’essere umano, spesso attraverso un’invocazione quasi rituale che esprime stupore e gratitudine per la vita. Tra le sue raccolte più celebri si ricordano Bestia di gioia (2010), Le giovani parole (2015) e Quando non morivo (2019), opere in cui la sua voce si fa sempre più essenziale e vibrante, esplorando temi come la fragilità, l’amore e il senso del sacro.
La sua scrittura, intensamente orale, si lega alla dimensione performativa, con letture e recitazioni che trasformano il testo scritto in un’esperienza sonora e quasi mistica. La Gualtieri ha saputo costruire una poetica capace di coniugare il bisogno di raccoglimento interiore con un’attenzione profonda al mondo e al tempo presente, rendendola una figura di riferimento nella poesia italiana contemporanea.
La scelta
Mariangela Gualtieri, con “Sii dolce con me. Sii gentile.”, ci offre una meditazione profonda sulla caducità della vita e sulla preziosità dell’esistenza corporea. Tratta da “Bestia di gioia”, pubblicata da Einaudi nel 2010, questa poesia si fa canto di tenerezza, un appello alla delicatezza nei confronti di sé e dell’altro, consapevole della fragilità che ci definisce. L’autrice invita a un rispetto profondo per il corpo e per il suo esserci nel mondo, sottolineando come ogni gesto, ogni contatto, abbia un valore inestimabile. La dimensione umana, così fugace, viene qui esplorata con una sensibilità che accarezza il lettore e lo guida a una riflessione sull’importanza della presenza e della reciprocità.
La poesia si snoda attraverso immagini delicate e potenti, in cui il corpo diventa il centro di un’esperienza che trascende il tempo. Gualtieri ci invita a una sorta di rituale di consapevolezza, un’accettazione serena del nostro essere fatti di carne e di istanti preziosi. Ogni parola sembra intessere un dialogo tra l’effimero e l’eterno, tra la necessità del contatto e l’inevitabile nostalgia che proveremo quando non potremo più toccare, abbracciare, sfiorare. Questa tensione tra presente e futuro, tra materia e luce, permea l’intero componimento, arricchendolo di un’intensa carica emotiva.
Sii dolce con me. Sii gentile.
Sii dolce con me. Sii gentile.
È breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell’umano. Come ora ne
abbiamo dell’infinità.
Ma non avremo le mani. Non potremo
fare carezze con le mani.
E nemmeno guance da sfiorare
leggere.
Una nostalgia d’imperfetto
ci gonfierà i fotoni lucenti.
Sii dolce con me.
Maneggiami con cura.
Abbi la cautela dei cristalli
con me e anche con te.
Quello che siamo
è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei
e affettivo e fragile. La vita ha bisogno
di un corpo per essere e tu sii dolce
con ogni corpo. Tocca leggermente
leggermente poggia il tuo piede
e abbi cura
di ogni meccanismo di volo
di ogni guizzo e volteggio
e maturazione e radice
e scorrere d’acqua e scatto
e becchettio e schiudersi o
svanire di foglie
fino al fenomeno
della fioritura,
fino al pezzo di carne sulla tavola
che è corpo mangiabile
per il mio ardore d’essere qui.
Ringraziamo. Ogni tanto.
Sia placido questo nostro esserci –
questo essere corpi scelti
per l’incastro dei compagni
d’amore. Nei libri.
In questa composizione, Gualtieri ci conduce in un’atmosfera di consapevolezza e gratitudine. L’uso di un tono sommesso, quasi sussurrato, accompagna il lettore in un percorso di riconciliazione con la propria corporeità e con il mondo che lo circonda. Il suo invito alla dolcezza si fa universale, suggerendo un modo di stare al mondo che privilegi la gentilezza, il rispetto e la cura reciproca. La poesia diventa così un monito affettuoso, un atto d’amore verso la vita e verso ogni forma della sua espressione, dalla più piccola radice fino alla fioritura dell’esistenza stessa.
Emanuela Maggini

Èuna poetessa romana con una vita dedicata all’arte e alla scrittura. Da oltre dieci anni compone poesie, esplorando temi legati all’introspezione, alla memoria e alle emozioni. È laureata in Archeologia Classica presso l’Università La Sapienza di Roma.
Nel 2023 avvia una collaborazione con il poeta, scrittore ed editore Beppe Costa, con il quale realizza videopoesie e partecipa a reading letterari. L’anno successivo, il suo componimento Odorare d’amore viene selezionato per la raccolta internazionale Poetry Planetariat (vol. 9). In memoria della strage di Fidene, scrive Restano solo fiori, confluita nella raccolta Luci sparse (Pagine Edizioni); questa poesia riceve un particolare apprezzamento da Beppe Costa e dal comitato di quartiere, che la invita a leggerla durante la commemorazione delle vittime.
Nel 2025, il poeta ed editore milanese Sergio Donati le dedica un’accurata recensione, inserendo tre suoi componimenti e una videopoesia realizzata dall’autrice nel blog Le parole di Fedro. Nello stesso anno, viene ospitata dal poeta e critico letterario Plinio Perilli nel programma Poeti e poesie, dove presenta tre opere di varia natura, spaziando dall’intimismo alla poesia ispirata al tango argentino, sua grande passione. In seguito, incontra l’editore tarantinoG.C.L. edizioni, con cui avvia diverse collaborazioni: pubblica il componimento Trama Sottile nella rivista Il Lucano e alcuni suoi aforismi vengono inseriti nell’Agenda Poetica 2025 dal titolo Memoverso.
La scelta
L’autrice, con “Carezze elettroniche”, ci offre una riflessione intensa e inquietante sul futuro dei rapporti umani nell’era digitale. La poesia si sviluppa come un’anticipazione distopica, dove la tecnologia diventa il tramite esclusivo dell’intimità, svuotando l’esperienza sensoriale e riducendo il contatto a un’illusione mediata dagli schermi. In un mondo sempre più dominato dalla virtualità, l’autrice descrive una progressiva perdita della fisicità, con l’amore confinato al remoto e le emozioni filtrate dalla distanza elettronica.
Il richiamo a Ridley Scott e ai suoi scenari futuristici suggerisce una visione quasi profetica, in cui gli esseri umani, come replicanti, si trovano a sperimentare un’esistenza priva della spontaneità e della pienezza sensoriale. La poesia gioca con l’idea di un presente già proiettato verso questa realtà spersonalizzante, dove il tatto, l’olfatto e il sapore diventano ricordi di un’epoca ormai scomparsa. Maggini cattura la malinconia di un mondo che si lascia inghiottire dal digitale, perdendo progressivamente il contatto con la propria corporeità e con le emozioni autentiche. Il tono quasi rassegnato, scandito dalla ripetizione di “tra poco”, sottolinea l’inevitabilità di questo destino.
Carezze elettroniche
Piegati dalle regole del gioco
non avremo più occhi
tra poco
faremo l’amore
su questi schermi
saremo felici solo da remoto
lo sapeva bene Ridley Scott
torneremo ad amarci di nuovo
come replicanti
gettati nell’angoscia degli anni avvenire
sentiremo lingue
carezze elettroniche
sfiorarci le mani e la pelle
perderemo l’olfatto
il tatto
le sensazioni semplici
saremo vecchi
tra poco
inghiottiti dal nulla a pretendere
del secolo breve
non avremo più labbra
tra poco
[ e ]
il sapore di un bacio sarà preistoria
Attraverso un linguaggio essenziale e incisivo, la poetessa costruisce un’atmosfera di disorientamento e nostalgia per un’umanità che si sta smaterializzando. La tensione tra passato e futuro emerge con forza, ponendo il lettore di fronte a interrogativi profondi sul destino dell’amore e della relazione nell’epoca della connessione digitale. La poesia diventa così un monito sulla progressiva dissoluzione del contatto umano e un invito a riscoprire la dimensione fisica e autentica dell’esistenza, prima che sia troppo tardi.