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LA POESIA DEL VENERDI’- Wallace Stevens e Angela Ada Mantella

L’incontro tra le voci poetiche di Wallace Stevens, una delle figure di punta della poesia modernista, e Angela Ada Mantella, poetessa contemporanea che osserva il mondo urbano e il flusso incessante delle sue esistenze, offre un’occasione di riflessione sul rapporto tra il tempo, la realtà e la percezione dell’individuo. Stevens, con la sua visione spietata e lirica della vita, in “L’imperatore del gelato” esplora il concetto di provvisorietà e di godimento del presente, pur con la consapevolezza della finitezza. La sua poesia gioca sull’effimero, sull’effervescenza del piacere e sull’ironia della vita, come se il desiderio di catturare l’attimo fosse una pretesa vana ma necessaria. La figura dell’imperatore del gelato incarna questo invito a celebrare il momento, un po’ come un imperativo di fronte alla morte che incombe, ma che non annulla la gioia della sensualità.

Dall’altro lato, Mantella si immerge in un paesaggio urbano in cui il tempo non è fermato dall’arte, ma lasciato fluire nei gesti e nei frammenti della vita quotidiana. “Spartito scomposto” descrive una realtà in cui il caos e la dissonanza dominano il panorama, una pioggia che scompone lo spartito della vita, rendendo difficile afferrare il senso di ciò che ci circonda. In questo contesto, la poetessa cattura il movimento non come un’illusione da fermare, ma come una traccia indelebile che lascia il suo segno nel corpo e nell’anima. La sua poesia si fa eco di un tempo che non si può fermare, che sfugge continuamente, ma che si può ancora sentire, vivo e presente, in ogni goccia di pioggia e in ogni respiro.

Il confronto tra i due poeti diventa così una riflessione sul contrasto tra il tempo fermato dalla visione estetica di Stevens e il tempo vissuto come esperienza corporea e sensoriale di Mantella. Stevens osserva la vita da una distanza critica, giocando con l’idea di fissare l’attimo in un momento perfetto, mentre Mantella coglie il flusso della vita in continua evoluzione, nelle tracce che le persone lasciano nel loro passaggio attraverso la città. Entrambi, pur nelle loro differenze, sono uniti dalla stessa tensione: quella di cercare di dare forma all’effimero e di restituire voce a ciò che normalmente resta invisibile.

Wallace Stevens

Figura centrale della poesia modernista americana, Wallace Stevens ha saputo unire l’astrazione filosofica alla forza dell’immaginazione poetica, dando vita a una voce lirica profondamente originale e influente. Nato a Reading, Pennsylvania, nel 1879 e scomparso nel 1955, Stevens ha vissuto gran parte della sua vita lontano dai circoli letterari, lavorando come dirigente assicurativo, ma coltivando parallelamente una poetica densa, complessa e visionaria.

La sua opera si distingue per un uso magistrale del linguaggio, capace di esplorare le relazioni tra realtà e immaginazione, tra percezione e significato. Stevens concepisce la poesia come strumento di conoscenza, un mezzo attraverso cui l’uomo può ridefinire la realtà in assenza di certezze religiose o assolute. Il suo verso, musicale e intellettualmente raffinato, è intriso di metafore sorprendenti, giochi logici e un’ironia sottile che mette in discussione le verità convenzionali.

Tra le sue raccolte più importanti si ricordano Harmonium (1923), Ideas of Order (1936) e The Auroras of Autumn (1950), in cui si delinea il suo pensiero poetico: una tensione costante tra il mondo che ci circonda e quello che la mente crea per interpretarlo. In poesie come “L’imperatore del gelato” o “Sunday Morning”, Stevens affronta la caducità dell’esistenza con uno sguardo lucido e immaginifico, invitando il lettore ad abbracciare l’inevitabile impermanenza della vita senza ricorrere a illusioni metafisiche.

Con la sua scrittura ha ridefinito il ruolo del poeta come interprete e creatore di significato, rendendo l’atto poetico un’esperienza estetica totale, in cui pensiero e sensazione si fondono in una forma di conoscenza nuova e sempre cangiante. La sua poesia, visionaria e speculativa, resta una delle vette più alte della letteratura del XX secolo, capace ancora oggi di sfidare, sorprendere e incantare.

La scelta

“L’imperatore del gelato”, nella ©traduzione italiana di Andrea Sirotti, è una delle poesie più enigmatiche e celebri di Wallace Stevens, figura centrale della poesia modernista americana. Pubblicata per la prima volta nel 1923 nella raccolta Harmonium, la poesia è un labirinto di immagini sensoriali e simboliche, in cui la celebrazione della vita e della fisicità si intreccia con la presenza costante e silenziosa della morte.

Stevens costruisce il suo poema come una scena teatrale a due atti: nella prima parte, il trionfo della vitalità, dell’effimero, del desiderio; nella seconda, il silenzio della morte e la sua inevitabile materialità. L’autore sovverte ogni aspettativa metafisica o spirituale, affermando con forza che l’unico “imperatore” che regna sull’esperienza umana è il piacere sensuale e il presente vissuto — il gelato, appunto.

Il suo linguaggio, denso e musicale, unisce immagini concrete (sigari, panna, lenzuola ricamate) a un ritmo quasi liturgico, che sottolinea la tensione tra carnalità e dissoluzione. Il significato non è mai univoco: la poesia sfugge alla definizione e proprio in questo risiede la sua forza. Stevens invita il lettore a lasciarsi avvolgere dalle immagini, accettando l’opacità come parte del significato. L’essenza è fine all’apparenza, scrive: tutto si consuma nell’istante, e nulla lo supera.

L’imperatore del gelato
Chiama quel nerboruto, l’arrotolatore
di grossi sigari e digli di montare
in tazze da cucina panne concupiscenti.
Si gingillino le fanciulle nelle vesti
consuete e portino i ragazzi
fiori avvolti in giornali vecchi di un mese.
Fa’ che l’essenza sia fine all’apparenza
Il solo imperatore è l’imperatore del gelato.
Togli dal comò d’abete povero,
senza i tre pomelli di vetro, quel lenzuolo
su cui un tempo lei ricamò colombe
e stendilo fino a coprirle il viso.
Se le spuntano i piedi callosi, sarà
per rivelare quanto è fredda, e muta.
Fa’ che la lampada proietti il suo raggio
Il solo imperatore è l’imperatore del gelato.

La riflessione sulla mortalità, sull’illusione della permanenza e sull’assolutezza del qui-e-ora emerge in tutta la sua potenza nell’opera di Stevens. A differenza di altri poeti modernisti, la sua voce non indulge nel lamento o nella nostalgia: è un inno alla realtà tangibile, ai piaceri del corpo, alla verità delle cose semplici e immediate.

Il gelato diventa simbolo dell’effimero che si scioglie, ma anche del godimento che non va oltre sé stesso. L’autore sembra ammonirci: non cercate il senso al di fuori del mondo, perché il senso è già tutto qui, nell’atto di montare la panna, di contemplare un corpo morto con i piedi nudi, di riconoscere che l’apparenza è l’unica sostanza che ci resta.

Come nel miglior Stevens, la poesia si fa invito a una lettura attiva, a un’esperienza più che a una spiegazione. L’imperatore del gelato resta una delle più profonde e radicali meditazioni poetiche sul senso della vita — e della sua fine — che il Novecento ci abbia lasciato.

Angela Ada Mantella

Poetessa, drammaturga e narratrice italo-canadese, Angela Ada Mantella è una voce intensa e originale del panorama letterario contemporaneo. Nata a Calgary nel 1974 da genitori calabresi, la sua scrittura attraversa confini culturali e formali con un linguaggio che intreccia simbolismo, ironia e profondità esistenziale.

Premiata nel 2007 con il Premio Flaiano per il copione Il Dramma della Prefazione, Mantella ha continuato a distinguersi con opere che indagano il rapporto tra parola e identità. Il romanzo L’Attrice, insignito da un concorso presieduto da Alda Merini, esplora il tema della guarigione attraverso la scrittura, mentre il Concerto di Poesie Gli occhi di Persefone le vale un riconoscimento al concorso Mario Tobino. Nel 2017 ottiene il Premio Giuseppe Antonio Borgese per Il Daumaturgo, un’opera che coniuga visione e teatralità.

Presente in numerose antologie poetiche, Mantella dà voce all’inespresso quotidiano con versi brevi, densi di immagini e richiami mitici. La sua silloge 21 Arcani erotici e del Matto Altri Canti, seconda classificata al Premio Nabokov 2024, conferma una poetica audace e sensoriale, in cui l’eros incontra l’arcano.

Attraverso poesia e teatro, Angela Ada Mantella compone una geografia emotiva dove il reale si fa simbolo e la parola diventa soglia: fragile, necessaria, rivelatrice.

La scelta

Con Spartito scomposto, Angela Ada Mantella conferma la sua voce poetica capace di coniugare osservazione sensibile e tensione emotiva. In pochi versi, la poetessa cattura un frammento di mondo – la pioggia che cade su tetti, asfalto e mare – e lo trasforma in una partitura dissonante, un’immagine sonora che si fa metafora dell’interiorità.

L’autrice si distingue per una scrittura intensa e concentrata, in cui la realtà quotidiana viene filtrata da un immaginario poetico visionario e simbolico. Qui, il paesaggio diventa riflesso dello stato d’animo: il mondo esterno – spiagge, nuvole, pioggia – si intreccia con un mondo interiore dove la tensione non si scioglie, ma persiste.

La pioggia non è semplice elemento atmosferico, ma voce scomposta di un’orchestra invisibile, che tocca i sensi e affonda nel cuore. La poetessa sembra suggerire che l’esperienza visiva, sensoriale, sia un’estrema forma di resistenza contro la caducità: gli occhi catturano avidi le immagini, come chi cerca di imprimere nella memoria l’irripetibile. Il componimento è breve, ma densissimo, come un respiro trattenuto.

Spartito scomposto
Piove uno spartito scomposto
sui tetti e sull’asfalto.
Sembra muta la spiaggia
sopraffatta dalla dissonanza
di gocce battenti sul mare.
Gli occhi catturano avidi le immagini
come se domani dovessero essere ciechi.
La tensione della nuvola si placa un istante
non il cuore.

Nella seconda metà del componimento, la tensione si raccoglie in un’immagine sospesa: la nuvola si calma, ma non il cuore. È qui che la poesia mostra il suo nucleo più umano, più fragile e autentico. La realtà meteorologica si trasforma in metafora emotiva: ciò che fuori tace, dentro continua a pulsare.
Angela Ada Mantella sceglie uno stile essenziale, ma non spoglio: ogni parola è una nota, ogni verso un battito. La sua poesia non pretende di spiegare, ma di far sentire. Come nei suoi lavori precedenti — dal teatro sperimentale al romanzo ibrido — anche qui l’autrice dà forma a una tensione costante tra ciò che appare e ciò che si cela sotto la superficie.

Spartito scomposto è un esempio di come la poesia possa essere colonna sonora di un’esistenza interiore, in cui ogni goccia di pioggia cade come un accordo incerto, ma necessario, sulla tastiera invisibile della coscienza.

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Data:

11 Aprile 2025

One thought on “LA POESIA DEL VENERDI’- Wallace Stevens e Angela Ada Mantella

  1. Il commento centra i caratteri dei due poeti. Più concettuale il primo, multisendoriale la poetessa che viaggia tra mondo esterno e mondo interno e cerca nella composizione poetica una armonia interiore che componga i due mondi, che riconosce peraltro molto simili

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