Ciò che è successo in Germania potrebbe assomigliare a una proiezione italiana nel giorno dell’election day.
La destra populista ha incarnato la protesta di chi i migranti non li vuole, inutile girarci intorno. Non ha vinto perché, nonostante tutto, la gente non si è fidata al punto di dar loro le chiavi del Bundestag. Giustamente perché una proposta seria di governo non ce l’hanno, in Germania come in Italia. E almeno una volta i tedeschi li abbiamo battuti sul tempo, con la stretta all’accoglienza strategicamente impartita dal ministro Marco Minniti. La Merkel è arrivata tardi, a spogli effettuati, quando la sua promessa di “combattere contro l’immigrazione illegale” e analizzarne le “origini” è suonata come un cambio di marcia. “Abbiamo bisogno di un’Europa più forte”.
Ma soprattutto di far tornare alla Cdu i voti confluiti nell’AfD. Chissà se ci riuscirà.
Sconfitto Martin Schulz che si relega nell’opposizione, chiamandosi fuori dalla possibilità di una coalizione, da cercarsi necessariamente con i liberali della Fdp di Christian Lindner, attestati al 10,5% dopo un anno di assenza e con i Verdi di Catrin Goering-Eckardt al 9,1%. Non sarà facile perché Angela Merkel dovrà rivedere alcune posizioni.
Se Palazzo Chigi si dice pronto a collaborare con Germania e Francia per il progetto di rilancio dell’Unione Europea e il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani cinguetta su Twitter che si lavorerà “insieme per riformare l’Europa”, l’Italia potrebbe essere a un punto di svolta, a patto che lavori di strategia, riguadagnando i punti persi in questi anni a trazione tedesca. Un’impresa da giocarsi sul dialogo, ma soprattutto sull’innovazione della politica. Non certo sulle chiusure che ci isolerebbero ancor di più. Il tempo delle parole è finito. Ora servono i fatti. Ultima chiamata per la Nazione. Coraggio! Spinelli, Rossi e Colorni non erano forse italiani?