È il nuovo petrolio, la nuova fonte di ricchezza, inesauribile, autoproducente, inestimabile, capace di far fatturare cifre da capogiro. Se nel mondo ci sono quasi 5 miliardi di persone sui social, ciò vuol dire che le varie aziende e piattaforme che occupano lo spazio del web possono contare su una miniera d’oro da cui estrarre in continuazione a costo zero dati che varranno miliardi. I brand lo hanno capito da tempo, ecco perché hanno investito ben 673 miliardi di dollari in pubblicità sui social media negli ultimi cinque anni, triplicando la spesa totale dal 2018. Le decisioni di acquisto spesso e volentieri sono guidate dagli appartenenti alla cosiddetta GenZ e solo in seconda battura dai Millennials, decisioni influenzate tutte dagli annunci sui social media, su cui i brand continuano a investire in pubblicità. Secondo i dati a disposizione il 2021 è stato l’anno che ha registrato la maggiore crescita su base annua, con un’impennata dei ricavi del 36%, quasi 50 miliardi di dollari in un anno, raggiungendo ben 180,9 miliardi di dollari.
Gli anni successivi, il 2022 e il 2023, nonostante tassi di crescita più bassi, hanno fatto registrare una spesa pubblicitaria globale molto importante sui social media. Il corrente anno, ormai avviato alla conclusione, è stato l’anno di investimento più massiccio in pubblicità sui social media da parte dei marchi più importanti, più di 207 miliardi di dollari, quasi il triplo della cifra del 2018, con un 80% della spesa pubblicitaria totale generata da mobile e il resto con annunci su desktop. La parte del leone in fatto di spesa pubblicitaria, arriverà dagli Stati Uniti con 72,3 miliardi di dollari, mentre i cinesi si avvicineranno ai 71,3 miliardi di dollari di spesa totale. Le piattaforme social dunque sono le vere e proprie protagoniste del mercato pubblicitario, nonostante un social come Facebook abbia fatto registrare una crescita poco importante di utenti attivi mensili, rimane però ancora il brand più importante nel panorama pubblicitario globale dei social media. A trainare un mercato pubblicitario molto florido nelle e sulle piattaforme social, è un pubblico formato sempre più da minori.
Solo negli Stati Uniti, nel 2022, le società di social media hanno guadagnato ben undici miliardi di entrate pubblicitarie derivate da ragazzi ancora minorenni, un dato che se da un lato fa sorridere le società big tech, dall’altro preoccupa studiosi e non solo sui potenziali danni derivanti dalle interazioni dei minori con i vari social e sui problemi sulla loro salute mentale. Meta, proprietaria di colossi social come Facebook, Instagram e WhatsApp, è stata citata in giudizio da alcuni stati americani proprio per aver contribuito a provocare problemi alla salute mentale dei minori di 18 anni, approfittando, a detta di pediatri ed esperti, della particolare vulnerabilità dei bambini per ciò che concernono gli effetti persuasivi della pubblicità nei loro confronti. Facebook però non è la sola piattaforma che specula sull’ingenuità e basso senso critico dei più giovani; la maggior parte dei social si rendono protagonisti di un modus operandi che non tiene conto degli effetti pericolosi che possono avere una serie di messaggi camuffati ad arte in contenuti adatti a un pubblico più piccolo, con introiti miliardari occultati all’opinione pubblica e ai mezzi di informazione.