Dopo aver parlato del Karma, è fondamentale spendere due parole sul tema della Reincarnazione.
Benché si tratti di un argomento alquanto controverso non è, in realtà, così distante dal sentire umano istintivo né tantomeno da quello socio-religioso.
Per Reincarnazione si intende il ricongiungimento dell’anima di una persona in un altro corpo fisico, dopo che sia trascorso un certo lasso di tempo dalla sua morte terrena.
Quando un essere umano lascia questo mondo, il suo corpo fisico e tutti gli altri corpi sottili muoiono con lui: tutti tranne uno, il corpo Causale. Come abbiamo già visto, esso sopravvive attraverso le diverse incarnazioni portando con sé la memoria di tutte le vite passate: il Karma.
A causa suo “ruolo” e perché è il più esterno e il più spirituale di tutti i corpi sottili, il corpo Causale è identificato e assimilato al concetto di ANIMA.
Chiaramente l’individuo non ricorda, al momento della sua reincarnazione, le vite precedenti ma può avvicinarvisi attraverso l’autocoscienza e la consapevolezza, frutti del cammino spirituale.
La Reincarnazione, da sempre professata dall’Induismo e dal Buddhismo, non è estranea al Cristianesimo e se ne trovano chiare tracce nelle Sacre Scritture:
- “In quel tempo, Gesù domandò ai suoi discepoli: La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo? Risposero: Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. (Mt 16,13-14). La risposta dei discepoli sottintende l’accettazione della possibilità che un profeta del passato potesse reincarnarsi nel Cristo.
- “Verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto. Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista” (Mt 17, 11-13) Gesù è sul monte Tabor, dove si trasfigura davanti ai discepoli. È in questo contesto che rivolge loro tali parole.
Questi sono solo due dei numerosi passaggi della Bibbia che avvallano il concetto di Reincarnazione e che ritroviamo sia nel Nuovo che nell’Antico Testamento.
Due secoli dopo la morte e resurrezione di Cristo, Origene, teologo e filosofo greco nato ad Alessandria d’Egitto nel 185 d.C., sostiene la possibilità di una preesistenza dell’anima anteriore alla nascita. Dal canto suo, San Gregorio di Nissa (335-395 d.C.) – riconosciuto dai cattolici come Padre della Chiesa – afferma: “È una necessità di natura per l’anima immortale essere guarita e purificata, e quando questa guarigione non avviene in questa vita, si opera nelle vite future e susseguenti” (Grande discorso catechistico). E San Girolamo (347-420 d.C.): “Non conviene si parli troppo delle rinascite, perché le masse non sono in grado di comprendere”.
Ecco dei testi degni di assoluta credibilità su una tematica ancora oggi estremamente controversa: si tratta di citazioni del Nuovo Testamento e di illustri esponenti di un cristianesimo ancora giovane, quando il pensiero della Chiesa era un tutt’uno con le Sacre Scritture.
Sempre Origene afferma non soltanto la dottrina della Reincarnazione ma anche quella del Karma, quando scrisse: “In quanto a sapere perché l’anima ubbidisce talvolta al male, talvolta al bene bisogna cercare le cause in una nascita anteriore alla nascita corporea attuale”.
Tertulliano, invece, vi si oppose assolutamente, dando il via ad una disputa che si concluse solo nel 553 d.C. con il sinodo di Costantinopoli. Convocato dall’imperatore Giustiniano, questo sinodo si contraddistinse per aver enunciato con forza – e in seguito proclamato come “verità di fede” – da un lato la Verginità perpetua di Maria e dall’altro la condanna della dottrina di Origene.
Anche se, ufficialmente, la Chiesa respinse l’idea della Reincarnazione, questo non impedì che riaffiorasse ancora e ancora nell’animo e nel pensiero dei “cercatore della verità“, fino a giorni nostri.
Rudolf Steiner, filosofo austriaco del XX secolo, sosteneva ad esempio che la realtà fisica e la dimensione spirituale sono “un’unica manifestazione divina in continua evoluzione” e che entrambe possono essere studiate in modo scientifico grazie ad una “osservazione animica mediante il metodo delle scienze naturali”. Questa corrente di pensiero prende il nome di ANTROPOSOFIA.
Ad ogni modo, oggi come oggi, tanto la Chiesa Cattolica quanto quella Ortodossa persistono nel respingere la dottrina della “trasmigrazione delle anime”, come era chiamata in origine.
Quanto al mondo ebraico, benché nella Torah e nel Talmud non vi siano scritti che parlano esplicitamente della Reincarnazione, questa dottrina non è affatto esclusa.
Nel TIQQUN – termine che significa “riparare” – è implicitamente veicolata l’idea che coloro che hanno sbagliato durante la vita debbano, appunto, riparare il male causato a se stessi e al mondo intero con la loro cattiva condotta.
È importante sottolineare è che questa rinascita non è una punizione da scontare, bensì un’opportunità concessa all’uomo affinché, aumentando i propri meriti con la purificazione, ricostituisca l’equilibrio infranto.
Nel Buddhismo, infine, benché anche qui vi siano diverse scuole di pensiero, la corrente principale persegue il concetto di Samsara, ovvero il ciclo continuo di morte e rinascita che si concluderà solo con il Nirvana.
Parlare di Reincarnazione, però, non significa solo guardarsi indietro.
Certo, le vite precedenti sono fondamentali, ma la saggezza orientale ci insegna a prestare attenzione alla nostra incarnazione attuale, ovvero alla VITA PRESENTE. Il passato è dietro di noi ma è nel presente che costruiamo e diamo un volto al nostro futuro; questo non bisogna dimenticarlo mai.
Il fatto di non ricordarsi le proprie vite precedenti non è una prova contro la dottrina della Reincarnazione.
La mitologia greca narra che, prima della reincarnazione, le anime bevevano le acque del fiume Lete dimenticando tutto.
Lo psicoanalista James Hillman (+2011) scrive nel suo “Codice dell’anima”: “Prima di fare il loro ingresso nella vita umana, le anime attraversano la pianura del Lete (oblio, dimenticanza), sicché al loro arrivo sulla terra tutto ciò che è accaduto – la scelta delle vite e la discesa dal grembo di Necessità – viene cancellato. È in questa condizione di tabula rasa che noi veniamo al mondo. Abbiamo dimenticato tutta la storia, anche se il nostro compagno, il daimon, la ricorda. Secondo una leggenda ebraica, la prova che abbiamo dimenticato la scelta prenatale dell’anima la portiamo impressa sul nostro labbro superiore: il piccolo incavo sotto il naso è l’impronta dell’indice che l’angelo ci ha premuto sulle labbra per sigillarle, tutto ciò che resta a rammentarci il pregresso sodalizio dell’anima con il daimon; ed è per questo che, quando inseguiamo un’intuizione o un pensiero che sfugge, ci portiamo automaticamente il dito a quella significativa scannellatura“. Una bellissima storia, non trovate?
Ma la realtà è che se anche la nostra mente dimentica, la nostra anima conserva tutte le informazioni.
È solo lavorando a questo livello che potremo recuperare “la memoria” delle nostre vite passate.
Un’altro mito da sfatare è che ad ogni incarnazione l’anima ricominci “da zero”. Assolutamente falso perché il nuovo individuo riprende il percorso là dove lo aveva interrotto, ovvero dal livello evolutivo raggiunto nella vita precedente.
Più la persona diventa CONSAPEVOLE del proprio percorso umano e spirituale, più il suo cammino sarà celere e sgombro di ostacoli. In fondo, la vita è una scuola: imparata la lezione non serve più frequentarla.
Qual è questa lezione? L’ampliamento di coscienza.
Tutti conosciamo bambini cosiddetti “prodigio” o, comunque, molto maturi rispetto alla loro età, così come conosciamo adulti il cui comportamento non ha nulla a che vedere con ciò che ci si aspetta da loro: questo differente grado di maturità dipende non soltanto dall’educazione ricevuta ma anche – e direi soprattutto – da ciò che l’individuo ha imparato nel corso delle passate incarnazioni.
A questo punto ci si potrebbe chiedere: ma non sarebbe meglio ricordare le proprie vite passate per evitare di commettere gli stessi errori?
Posto il fatto che l’anima non dimentica ciò che è essenziale, se la natura ci ha precluso di aprire quella porta e perché è bene per l’uomo concentrarsi sul qui e ora.
Vivere la vita presente condizionati da quelle passate sarebbe una grave limitazione del nostro libero arbitrio e invaliderebbe il nostro percorso spirituale. Sarebbe come prendere 10 al compito in classe copiando le risposte dal libro.
Noi siamo ciò che decidiamo ORA: è sull’OGGi che dobbiamo lavorare perché ciò che siamo stati ieri è ormai trascorso e non siamo più le stesse persone di allora.
La Reincarnazione è, in fondo, una nuova e grande opportunità di vita. Dobbiamo sfruttarla al meglio.