E’ da qualche anno che si è cominciato a parlare di riforma degli estimi catastali, ma per una consuetudine consolidata, temo che essa possa ridursi a mera azione fiscale del governo nei confronti degli inermi cittadini, già alle prese con tasse e balzelli d’ogni genere giustificati, si fa per dire, da una crisi economica senza precedenti. Questo mio sospetto nasce dalla convinzione che in Italia ogni intervento di natura fiscale è sempre stato il frutto di un’azione vista più in chiave punitiva e vessatoria che come scelta ragionata e tale, da poterla condividere. Non tenendo conto ancor più che oggi la cultura degli amministrati è tale da non consentire più ai loro diretti amministratori, di fare scelte poco chiare, pena il fallimento sul nascere di ogni decisione presa.
Detto questo e in presenza di una materia cosi complessa qual è quella del mercato immobiliare, è facilmente intuibile che la riforma di settore non può risolversi solo in chiave di maggior prelievo fiscale sugli immobili, allineando semplicemente i valori derivanti dalla rendita catastale a quella di mercato. Ricordo che questo è già avvenuto con due precedenti rivalutazioni forfettarie ( del 5% e del 10 % ), rispetto al cosiddetto valore automatico derivanti dalla rendita castale, nelle compravendite; mentre successivamente con il governo Monti, e relativamente al valore imponibile ai fini dell’ICI, c’è stata l’introduzione di una rivalutazione ( ancora in vigore ), a dir poco stratosferica degli immobili, con un aggiornamento del 5 % del valore automatico ( catastale ), più una ulteriore rivalutazione del 60%. Una vera coercizione nei confronti dei cittadini, chiamati a riparare i guasti di una politica scellerata, ma pronta a reperire i fondi necessari, per il risanamento dei conti pubblici, questa volta giustificati dalla richiesta fatta dalla Comunità Europea. L’impresa valeva la spesa? NO
Ancora una volta, nonostante il rigore fiscale imposto dai vari governi, gli interventi di politica economica sempre più restrittivi, i sacrifici dei cittadini onesti, la tanto auspicata “ripresa” del paese purtroppo non c’è stata. Anzi!! La situazione economica è peggiorata e tutti gli indici di riferimento che gli analisti di settore continuano ad offrirci, risultano essere negativi. Morale, i nostri politici si ravvedano e, prima ancora di parlare di riforma degli estimi catastali, facciano questa volta ammenda dei reiterati errori commessi in questo settore, dando ascolto a chi ritiene che si debba parlare solo di revisione degli estimi catastali, di per sé già sufficiente a rappresentare quei dati identificativi necessari in materia urbanistica per una verifica aggiornata dei mutamenti e delle variazioni fisiologiche avvenute.
Gli estimi catastali, infatti, derivano da parametri di tipizzazione e classificazione che esprimono il valore degli immobili sotto vari aspetti, cosi come si può rilevare facilmente una mutazione situazionale anche rispetto alle visure catastali. Quando si parla, per esempio, di zona censita ( ovvero della ubicazione ), che identifica l’immobile per la localizzazione di maggiore o minor pregio, si ha un parametro già indicativo, in quanto si è in presenza di una zona ritenuta inizialmente di minor pregio, ma, che nel tempo si è trasformata in zona di maggior pregio.
Es.: Bari, quartiere Poggiofranco, oggi è ritenuto il più “In” della città; trent’anni orsono, neanche per sogno, perché sorto in zona di espansione semiperiferica, con la presenza di molti fabbricati popolari, realizzati con concessioni di edilizia convenzionata e sovvenzionata ( legge 167 ); la categoria degli appartamenti era A3 o A4, anche a causa di un capitolato imposto dalla tipizzazione economica.Con le nuove norme urbanistiche intervenute nel corso degli anni e la realizzazione di servizi, infrastrutture, ampi spazi per parcheggiare, viabilità più comoda, verde pubblico attrezzato, Poggiofranco ha assunto automaticamente una valenza superiore, con molti immobili posizionatisi, di fatto, in categoria più alta.
Altre voci degli estimi catastali sono la classe e la consistenza, alquanto discutibili perché, pur lasciando passare la variazione della consistenza ( In funzione di un maggior prelievo fiscale ) da vani a metro quadro, non si intravede la necessità di ricalcolare la classe.L’argomento da me trattato di per sé complesso e di non facile comprensione per molti, di sicuro richiederebbe maggiori approfondimenti. Il mio contributo, quindi, al momento finisce qui.