Potrei esordire in modo diverso ma preferisco farlo salutandovi affettuosamente e dicendovi che: “I have a dream”. Si…proprio così, io ho un sogno e vorrei raccontarvelo.
Sogno una Sicilia diversa, dove i suoi figli abbiano amore vero verso di Lei, dove il rispetto per il suo patrimonio artistico, culturale, storico, folkloristico non sia solo uno slogan fine a se stesso, ma reale impegno incondizionato da parte di tutti i Siciliani, volto alla salvaguardia delle nostre ricchezze che un giorno saranno importante eredità per i nostri figli.
Sogno che i nostri figli non siano costretti ad accettarla “col beneficio dell’inventario” o peggio ancora a “rinunciare” alla stessa.
Sogno una Trinacria che, ancora per una volta, così come è già accaduto per millenni, torni ad essere la supernova dei tempi andati e culla dell’intero bacino del Mediterraneo.
Sogno la mia terra che ritorni ad essere invidiata, amata ed ammirata dal mondo intero, così come hanno fatto “i più” del passato.
Pensate a Guy de Maupassant, tanto per fare qualche nome, secondo cui la Sicilia era una terra necessaria a vedersi ed unica al mondo, un divino museo a cielo aperto di architettura.
Mi viene in mente Louis Sepulveda che era rimasto stregato dalla Sicilianità, intesa come attitudine umana, oppure lo stesso John Henry Newman che paragonava la Trinacria al giardino dell’Eden.
Poi ancora Daniel Pennac, il quale scriveva: “La Sicilia è indubbiamente una delle due grandi isole letterarie del continente, l’altra è l’Irlanda; entrambe hanno un’importantissima tradizione di scrittori e poeti, al punto che si dovrebbe riflettere sul legame specifico tra la condizione insulare e il bisogno di scrittura. Un bisogno spesso strettamente legato al tema della nostalgia, visto che, quando gli scrittori vivono lontani dall’Isola natia, sublimano la nostalgia attraverso la loro scrittura”.
Per non parlare di David Herbert Lawrence, profondo appassionato di Verga e del Verismo, il quale visitando la nostra isola dopo aver letto lo stesso, diceva di aver provato una sì profonda nostalgia che era come se la Sicilia gli fosse penetrata nel sangue.
Non posso non citare Roger Peyrefitte secondo cui, nessun’altra isola erge sull’orizzonte della nostra civiltà una fronte più radiosa della Sicilia. Essa punta verso tre continenti ed è sintesi perfetta delle loro caratteristiche, infatti, per ben tre volte, nel corso dei secoli, fu il più fulgido centro del mondo mediterraneo.
Impossibile per me è descrivervi la mia commozione e la mia estasi nel leggere Stendhal che sempre a proposito della Sicilia scriveva così: “Non sono un naturalista, e conosco mediocremente il greco; il mio principale fine, venendo in Sicilia, non è stato dunque di osservare i fenomeni dell’Etna o chiarire in qualche modo a me stesso e agli altri quanto gli antichi scrittori greci hanno detto sulla Sicilia. Ho cercato innanzi tutto il piacere degli occhi che in questo singolare paese è assai vivo. Dicono che la Sicilia somigli all’Africa; certo, somiglia all’Italia solo per l’intensità delle sue passioni. Di tutti i sentimenti, l’amore è quello che ha maggior bisogno di ozio. Per i siciliani si può dire davvero che non esiste parola impossibile quando l’amore e l’odio li accendono; e l’odio, in questa terra felice, non nasce mai da questioni di denaro”.
Sicilia, che meravigliosa isola, e quante altre meravigliose isole (letterarie, artistiche etc) sono presenti nella stessa isola. Appare quasi come una sorta di predestinazione che la nostra Terra continui a generare talenti ed eccellenze che, dopo Federico II di Svevia, Jacopo da Lentini, Pietro Fullone, Antonio Veneziano, Federico De Roberto, Luigi Pirandello, Luigi Capuana, Leonardo Sciascia, Giovanni Meli, Stefano Protonotaro, Salvatore Quasimodo etc…, riescono ad imporsi, perché molto apprezzati, nel palcoscenico internazionale della letteratura.
L’immortale Oscar Wilde, nella sua lettera ad Edoardo Giacomo Boner, rivolgendosi allo stesso, gli scriveva: “…Tu mostri l’antica saggezza della tua Isola illuminata dall’arte ellenica”.
Impossibile dimenticare le reboanti ed autorevoli parole di Hugo von Hofmannsthal il quale asseriva che vi è una drammaticità in quest’isola che non ha uguale in alcun luogo del mondo. Il nostro spirito spazia liberamente da Pitagora a Colombo, pervaso dal senso di una realtà grandiosa. Qui approda Platone. Qui combatte il Cartaginese. Qui il Bizantino costruisce. Qui lo Svevo dorme, sotto volte arabe, in una tomba di porfido. Qui Goethe cavalca su un sentiero lungo il mare. Qui Platen esala l’ultimo respiro.
La nostra è una terra che non ha bisogno di presentazioni, ma solo di più amore ed attenzione, lo stesso amore e la stessa attenzione che l’hanno resa immortale ed unica anche per persone che provenivano da contesti culturali-geografici non europei; sto parlando del giapponese Kazuo Ishiguro che visitando la Sicilia, d’incanto, vide materializzarsi davanti ai suoi occhi un affascinante mix di influenze europee e nordafricane ma, nonostante tutto, diceva che questa è una terra unica, autentica e con una sua propria identità.
La nostra è una terra con le caratteristiche proprie del continente, dove il mare cede il passo alle meravigliose coste, dove quest’ultime si aprono a colline e montagne, dove le montagne degradano dolcemente verso le pianure, dove le pianure si alternano con il deserto e dove il deserto bacia il vulcano.
Quanti meravigliosi scorci del nostro territorio innescano prepotentemente ispirazioni a chi li conosce. E lo fanno, in maniera così dirompente, da far apparire tutto l’insieme fiabesco, anzi, oserei dire così idilliaco, da far scrivere perfino a Truman Capote che la primavera siciliana inizia a gennaio e, via via che le piante fioriscono, la Sicilia diventa il giardino di una maga dove germoglia la menta sulle rive dei ruscelli, gli alberi morti s’inghirlandano di rose canine e persino il brutale cactus si veste di teneri fiori.
Proseguiva: “Quindi non mi fa paura l’arrivo dell’inverno: quale miglior prospettiva che quella di sedere davanti al fuoco ed aspettare la primavera in Sicilia?”
Non è finita qui, è sufficiente sporgersi un attimo in altre materie come la musica, la storia o la stessa filosofia che non si può far a meno di ricordare Karl Marx, secondo il quale, in tutta la storia della razza umana nessuna terra e nessun popolo hanno sofferto in modo altrettanto terribile per la schiavitù, le conquiste e le oppressioni straniere, e nessuno, ha lottato in modo tanto indomabile come i Siciliani.
La passione per la ricerca e, soprattutto, l’amore per la mia Terra, mi hanno portato ad ingaggiare le più disparate indagini al fine di trovare fonti, a livello pluridisciplinare, che contenessero omaggi letterari, artistici, scientifici, etc. rivolti alla Sicilia e, dopo anni di approfondimenti, ho ben compreso che è cosa assai difficile menzionarle tutte, tanto grande è la loro copiosità e, soprattutto ho capito che, come scriveva Goethe:
“L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto. La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra… chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita”.
Sono quasi giunto a conclusione con l’augurio che queste mie parole non siano solo la fine di una riflessione, ma l’inizio di una rinascita, in cui il mondo intero potrà di nuovo assistere ammirato a un vero e proprio New deal, stavolta tutto siciliano, durante il quale l’Isola Magna rifulgerà di nuovo di luce sì intensa da indurre ogni siciliano a far propria la celebre citazione di Federico II di Svevia e a dire con orgoglio:
“Non invidio a Dio il Paradiso, perché son ben soddisfatto di vivere in Sicilia”.