il ritorno non può compiersi nella realtà umana. il ritorno è soltanto nella possibilità che la vita si nutra di speranza.
LO SGUARDO di PENELOPE
Breve poema poetico-filosofico
Tu più non sai, Penelope,
l’attesa e la speranza…
Nel filo che tessi senza posa,
altro tempo risuona,
frastorna la memoria…
Il filo s’addipana…
Ore vuote, ore uguali, ore perplesse…
Nel tuo delirio d’immobilità
un silenzio s’addensa fitto e greve.
Tu, taci,
nel tuo sospiro si compie il tuo destino.
Il filo s’addipana…
Il tempo si accumula insensato
nella tua chiusa coscienza.
Non più sguardo, né presenza,
in te porti ferocemente
soltanto l’altra faccia della morte.
Il filo s’addipana…
Se mai poteste rincontrarvi ancora,
sarebbe solo un incontro fra stranieri,
estranei l’uno all’altra…
Già più non riconosci
nulla all’infuori di te……
Il filo s’addipana…
Scrive Silvia Ronchey, “se leggiamo il mito nella realtà dei fatti che narra e non nella loro narrazione tradizionale, lo specchio si rovescia”. Se la narrazione si può interpretare in tanti modi, nel mio poemetto “Lo sguardo di Penelope”, Penelope, assediata e sola, nella sua infinita solitudine, se mai Ulisse tornasse, senza l’intervento degli dèi, sprofondata nei tanti anni di attesa, non lo riconoscerebbe. Penelope, in realtà, ha smesso di aspettare – ormai non sa più da quanto tempo – ed è per questo, che quando lui ritorna, il suo cuore non lo riconosce. E quando infine, per l’intervento della dea, è costretta a riconoscerlo, siamo proprio sicuri che lo accetterà? Il “vissero felici e contenti” non esiste nemmeno nella cultura classica…ed infatti, Odisseo, alla ricerca perenne di se stesso, riprenderà il mare, lasciando nuovamente indietro la moglie fedele.
In questa lotta solitaria, siano sicuri che Penelope non si smarrisca e smetta finalmente di aspettare? E che cosa c’è nel ritorno di Odisseo, se non il ritorno a uno spazio che è suo, certo, ma neanche Odisseo può ripristinare il tempo, la distanza che il tempo ha messo fra lui e la moglie fedele. Nella solitudine abissale di Penelope, leggiamo che il ritorno non può compiersi nella realtà umana. Il ritorno è soltanto nella possibilità che la vita si nutra di speranza, in una tensione necessaria per sopravvivere e tentare convivenze pacifiche.
Protagonista di una storia d’amore alla pari, per intelligenza e astuzia, Penelope non è di certo da meno di Odisseo. Il mondo degli uomini in cui vive e su cui regna, è in gioco tra l’assedio e il ritorno, tra morte e vita, tra il conflitto e l’integrazione sociale. Nella reggia di cui è custode, infatti, Penelope riesce, donna sola, a governare la sua isola per vent’anni e a resistere alle rivendicazioni di più di cento pretendenti, nel bisogno-desiderio di dismissione della lotta, la pace come fine del conflitto e della volontà di potenza.
L’assedio è metafora del mondo, non solo dell’esistenza della morte annunciata nella vita degli uomini, ma anche della violenza originaria e inesauribile, nascosta all’ombra delle loro convivenze. Se l’assedio rimanda alla morte e alla violenza, il ritorno vuol essere la vita e la pace sociale.
Ma Il ritorno di Odisseo non simboleggia tanto la vita, quanto la sua possibilità. Non è celebrazione della vittoria sulla morte. Non vince sull’assedio. Infatti, poiché non esiste il mondo ideale della vita, questo avverrà solo dopo che avrà fatto strage dei Proci, ristabilendo quella pace sociale, che non sarà però opera sua. Non a caso l’Odissea si conclude con una pace imposta dall’intervento degli dèi, a sottolineare l’incapacità degli uomini di superare la violenza senza l’aiuto di una verità superiore, mentre la sorte del protagonista è lasciata a una profezia che non si compie sul piano della narrazione, perché il ritorno resti possibile.
Odisseo è, prima di tutto, un uomo che torna a casa. Ma prima, non solo Odisseo deve superare la prova dell’assedio, ma anche e soprattutto deve vincere la resistenza di Penelope, deve riconquistarla. Il cavallo che entra nelle mura di Troia ha il suo equivalente letterario nella breccia aperta dall’Iliade: l’Odissea. Il suo eroe è Ulisse, astuto protagonista dell’assedio e della vittoria. Nella chiusa e compatta fortezza dell’Iliade si è introdotta la speranza. L’Odissea testimonia, attraverso le avventure del suo protagonista, l’incessante tentativo di vivere contro le avversità, per poter tornare a casa e rimediare alla violenza che ha avuto il sopravvento. Il ritorno allora significa semplicemente questo, la possibilità che la vita si nutra di speranza.
Ma Odisseo, uomo che torna a casa, trova che nella resistenza di Penelope non alberga la speranza e con il tempo, la solitudine e lo sconforto hanno avuto il sopravvento. Nella tensione necessaria per resistere, Penelope ben sapeva che i Proci non avrebbero rinunciato a lei, perché questo avrebbe significato non solo rinunciare al suo trono, ma perdere la sua libertà di donna sola. Il mondo degli uomini è in gioco tra l’assedio e il ritorno, tra morte e vita, conflitto e potere, senza che questa commistione di forze contrapposte possa conciliarsi. Di questo Penelope è perfettamente consapevole. Il conflitto è quasi tutto ciò che c’è da dire sul mondo di Ulisse e di Penelope, separati, ma uniti da questa verità, che è radicata nella nostra psiche con la forza di un istinto.
Nella predizione di Tiresia durante il viaggio di Odisseo nel regno dei morti, si preannuncia che Odisseo potrà tornare a casa solo dopo che sarà giunto da uomini che non sanno del mare, in un ritorno reso ancora più precario dal fatto che una volta tornato a Itaca, Ulisse sarebbe ripartito, condannato ad errare ancora. Solo dopo aver piantato in terra il remo e sacrificato a Poseidone, scambiando il remo che porta sulla spalla per un ventilabro, un attrezzo usato per la semina, Odisseo avrebbe potuto tornare a Itaca e restarvi sino alla morte. Nella profezia di Tiresia si addensa la possibilità espressa nell’idea del compimento del ritorno, nel senso più pieno della sua accezione.
Il suo ritorno in un contesto di violenza e di morte impone a Ulisse la necessità di ritrovarsi con la moglie, come lui tesa al possibile del reale umano. Una speranza espressa attraverso la capacità di due persone, un uomo ed una donna, viandanti della vita entrambi, di riconoscersi l’uno nell’altro e ritrovare quella intesa che il ricordo della costruzione del letto nuziale da un unico ceppo, dovrebbe garantire. E tuttavia, nel dubbio del ritorno di Ulisse fino all’oblio, di lui e del suo amore, se egli comparisse di nuovo, questo sancirebbe la fine di quella “stanza tutta per sé” che Penelope ha così faticosamente costruito e difeso negli anni della sua operosa solitudine.
Soltanto se questa alterità si ricomponesse in un riconoscimento più intimo, consapevole della limitata condizione riservata a tutti gli esseri umani, uomini e donne, viaggiatori di un’esistenza precaria e provvisoria, si realizzerebbero la pace individuale e la pace sociale. Odisseo porterebbe così a compimento il proprio viaggio – quello suo e di Penelope – ed entrambi avrebbero nel palazzo di Itaca, una casa comune in cui ritrovarsi.
Fine
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Riferimenti
F. Ferrucci, Oltre l’assedio e il ritorno, in P. Boitani, R. Ambrosini (a cura di), Ulisse: archeologia dell’uomo moderno, Bulzoni, Roma 1998
G. Bianco, Tre sguardi: PENELOPE (Ulisse), EURIDICE (Orfeo), ANDROMACA (Ettore)(1998), in, La provocación de la verdad y la soledad de la obra, Editorial Martin, Buenos Aires, 2016
M. Atwood, Il Canto di Penelope, Ponte alle Grazie, 2018, Penelope, in chiave femminista, prende finalmente la parola per chiarire molte cose, tra cui “che il solo modo per sopravvivere nel mondo dei maschi è anzitutto nascondere la propria intelligenza”.
Penelope non aspetta più. Dimenticate la leggenda della donna fedele in attesa del ritorno dell’eroe a Itaca. Omero è tutto da rileggere come svela una mostra a Roma curata da Alessandra Sarchi e Claudio Franzoni (2024).
C. Pellech, Die Odyssee. Eine Antike Weltumsegelung, Reimer, Berlin 1983, trad. it. Odisseo. Memoria del mondo circumnavigato, Ecig, Genova 1992
N. Bottiglieri, Ulises criollo, e L. Sampietro, Omero ai Caraibi: la poesia di Derek Walcott, in, P. Boitani, R. Ambrosini (a cura di), Ulisse: archeologia dell’uomo moderno, Bulzoni, Roma 1998
W.B. Stanford, The Ulysses Theme. A Study in the Adaptability of a Traditional Hero, Blackwell, Oxford 1963
P. Boitani, L’ombra di Ulisse. Figure di un mito, Il Mulino, Bologna 1992
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