Ansia, paura e sgomento sono i sentimenti che compongono la nuova quotidianità. Il conflitto in Ucraina sta facendo emergere la parte peggiore dell’essere umano. Inutile negarlo: i motivi di ogni guerra sono sempre riconducibili alla lotta per il potere. Questo continuo braccio di ferro per dimostrare chi è il più forte getta nell’oblio l’intera civiltà umana.
Tutto ruota intorno a questi concetti, perché se da un lato occorre rispettare la giustizia dall’altro dovremmo difendere la pace. Purtroppo, la tentazione di schierarsi da una parte o dall’altra, facendo il tifo quasi come in un match sportivo, rischia di strumentalizzare e inasprire lo scontro. Il dialogo resta lo strumento privilegiato per risolvere le contese internazionali e andrebbe promosso in modo ancor più vigoroso; ad oggi, invece, lo troviamo quasi accantonato. I negoziati procedono infatti a rilento e sembrano non riscuotere fiducia nella popolazione.
Il Pontefice sta cercando in tutti i modi di far dialogare le parti, ahinoi con scarsi risultati: si continua a bombardare senza alcuna coscienza oppure si ricorre a dichiarazioni di chiaro stampo intimidatorio. Tuttavia, uno spiraglio di luce giunge dalla videochiamata intercorsa tra Papa Francesco e il patriarca di Mosca Kirill, in cui i due esponenti hanno instaurato un dialogo che potrebbe fare la differenza nell’evoluzione del conflitto. L’unità del cristianesimo sancisce la comunione tra i popoli, con l’obiettivo di preservare armonia e serenità. Ogni guerra è ingiusta, perché a perdere la vita sono sempre persone innocenti. Lo sforzo di arrivare ad una soluzione deve essere un passo deciso, senza alcun tipo di tentennamento. Russia, Ucraina, Stati Uniti e Nato hanno il dovere morale di sedersi e discutere scegliendo la via diplomatica; è la storia stessa ad imporci di riflettere. Vero, il mondo è pieno di guerre, ma possiamo partire con l’evitare quest’ultima. La Chiesa non deve parlare il linguaggio della politica bensì quello di Gesù, come ci ricorda Francesco. Pertanto, a costo di essere ripetitivi, il nostro sforzo deve essere profuso per la pace. Ne va della nostra civiltà, ne va del nostro essere europei.