La variabile “Expenditure on education, % GDP” si riferisce alla percentuale del Prodotto Interno Lordo (PIL) di un paese dedicata alla spesa per l’educazione. Questa misura include tutte le spese pubbliche e private per il sistema educativo, comprese le scuole primarie, secondarie e superiori, nonché l’istruzione terziaria, come le università e altre istituzioni di istruzione superiore. La spesa per l’educazione comprende gli stipendi degli insegnanti e del personale scolastico, la costruzione e la manutenzione di edifici scolastici, l’acquisto di libri di testo, materiali didattici e altre risorse educative, il finanziamento di programmi educativi speciali e attività extra-curriculari, e gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore dell’istruzione. Espressa come percentuale del PIL, questa variabile consente di confrontare il livello di investimento nell’educazione tra paesi con economie di dimensioni diverse. Un’alta percentuale indica un forte impegno nell’istruzione, che è spesso correlato a migliori risultati educativi e a un maggiore sviluppo economico e sociale a lungo termine.
La Spesa in Istruzione in Percentuale del PIL nel 2022. L’analisi dei dati relativi alla spesa per l’istruzione come percentuale del PIL nel 2022 rivela una varietà di approcci e priorità tra i paesi. Namibia emerge come leader assoluto, dedicando il 100% del proprio PIL all’istruzione, un dato che potrebbe suggerire un errore di rilevamento o una misura straordinaria in risposta a una crisi educativa. Seguono Botswana con un 89,2% e l’Arabia Saudita con il 78%, indicazioni di un investimento significativo in capitale umano e infrastrutture educative. La presenza di numerosi paesi scandinavi come Norvegia, Svezia, Islanda e Danimarca con percentuali elevate tra il 75% e il 65,8% è coerente con la loro tradizione di forti stati di welfare e impegno verso l’istruzione come fondamento dello sviluppo economico e sociale. Il Nord Africa è ben rappresentato con Tunisia al 72,1% e Marocco al 65,3%, segnalando sforzi considerevoli per migliorare i loro sistemi educativi in regioni spesso caratterizzate da sfide socio-economiche. Anche l’America Latina mostra impegni significativi, con Costa Rica al 64,8%, Brasile al 57,3% e Honduras al 61,5%, riflettendo politiche volte a colmare il divario educativo e promuovere l’inclusione sociale. L’Europa presenta una vasta gamma di investimenti, con paesi come Belgio al 60,8%, Finlandia al 59,5% e Regno Unito al 46,2%, rispecchiando differenze nelle strategie di spesa pubblica e nelle priorità politiche. È interessante notare che anche paesi con economie avanzate come Canada al 47,3%, Germania al 43,9% e Stati Uniti al 43,1% non si collocano ai vertici della classifica, suggerendo modelli di spesa più diversificati e possibili investimenti maggiori in altri settori chiave dell’innovazione e del benessere sociale. In Asia, troviamo notevoli variazioni: Kuwait e Hong Kong investono rispettivamente il 62,8% e il 37% del loro PIL, evidenziando diverse priorità e capacità economiche. Paesi come India e Cina, con percentuali del 37,9% e del 27%, rispettivamente, stanno probabilmente bilanciando tra la necessità di sostenere una popolazione ampia e in crescita e la sfida di mantenere la competitività economica globale. I dati rivelano inoltre che alcuni paesi, nonostante le difficoltà economiche, continuano a investire in istruzione. Mozambico, con il 59,4%, e Burkina Faso, con il 50,4%, dimostrano un forte impegno verso l’istruzione nonostante le limitate risorse economiche. Al contrario, paesi come Guinea e Cambodia, con il 10,5% e il 10,1%, indicano necessità di maggiori investimenti per migliorare l’accesso e la qualità dell’istruzione. L’Africa subsahariana mostra un panorama variegato: mentre paesi come Sudafrica (58,5%) e Kenya (41,8%) investono considerevolmente, altri come Nigeria e Yemen non riportano spese, suggerendo gravi lacune nei dati o nella priorità data all’istruzione. Questa discrepanza evidenzia la necessità di interventi più consistenti e coordinati per garantire che tutti i bambini abbiano accesso a un’istruzione di qualità. In Medio Oriente, Iraq con il 40,7% e Oman con il 49,2% riflettono sforzi per stabilizzare e migliorare i sistemi educativi in contesti spesso segnati da conflitti e instabilità politica. Il Qatar, con una spesa del 22,9%, può sembrare bassa rispetto alle sue risorse economiche, suggerendo possibili priorità diverse o efficienze nei modelli di spesa. L’America Latina presenta anche diversità significative: oltre ai già citati Brasile e Costa Rica, paesi come Argentina (40,9%) e Uruguay (40,6%) mostrano un buon impegno, mentre altri come Guatemala (23,7%) e Paraguay (23,8%) indicano la necessità di maggiori investimenti per migliorare i risultati educativi. L’Europa orientale e l’Asia centrale mostrano livelli di spesa variegati con paesi come Moldova al 60,9% e Bielorussia al 43,6%, mentre altri come Armenia al 16,6% e Azerbaijan al 16,3% potrebbero beneficiare di maggiori investimenti per potenziare il settore educativo. In generale, i dati suggeriscono una correlazione tra il livello di sviluppo economico e la percentuale del PIL destinata all’istruzione, ma con significative eccezioni che riflettono diverse priorità politiche e capacità economiche.
La Spesa in Istruzione in Percentuale del PIL tra il 2013 ed il 2022. Analizzando i dati sulla spesa in istruzione in percentuale del PIL tra il 2013 e il 2022, emergono diverse tendenze significative. Il caso della Georgia, che ha visto un aumento dal 5,1% al 30,4%, con una variazione assoluta di 25,3 punti percentuali e una variazione percentuale del 496,08%, riflette un impegno straordinario verso il miglioramento del settore educativo. Questo potrebbe essere stato determinato da riforme politiche, miglioramenti economici o entrambi. Allo stesso modo, il Pakistan ha incrementato la propria spesa dal 2,8% al 14,2%, mostrando un aumento di 11,4 punti percentuali e una variazione percentuale del 407,14%. Questi dati indicano un notevole sforzo per migliorare l’educazione, probabilmente in risposta alla crescente consapevolezza dell’importanza dell’istruzione per lo sviluppo socioeconomico. Brunei Darussalam ha aumentato la spesa dal 8,3% al 37,3%, un aumento significativo di 29 punti percentuali e una variazione percentuale del 349,4%. Questo incremento potrebbe riflettere la volontà del governo di investire pesantemente nel capitale umano come parte di una strategia di diversificazione economica. In modo simile, il Qatar ha visto la spesa in istruzione crescere dal 5,9% al 22,9%, con una variazione assoluta di 17 punti percentuali e una variazione percentuale del 288,14%, sottolineando un impegno per migliorare l’accesso e la qualità dell’istruzione nel contesto delle sue vaste risorse economiche. Il Perù ha incrementato la propria spesa dal 10,9% al 35,1%, con un aumento di 24,2 punti percentuali e una variazione percentuale del 222,02%, segnalando un forte impegno verso l’educazione in un contesto di sviluppo economico e sociale. Anche il Kuwait ha mostrato un aumento sostanziale, passando dal 22,1% al 62,8%, con una variazione assoluta di 40,7 punti percentuali e una variazione percentuale del 184,16%, probabilmente riflettendo investimenti significativi in infrastrutture educative e programmi di sviluppo del capitale umano. Paesi come la Cambogia, l’Etiopia e lo Zimbabwe hanno registrato aumenti significativi, rispettivamente del 172,97%, 143,24% e 131,82%, dimostrando che, nonostante le risorse limitate, questi paesi stanno facendo sforzi considerevoli per migliorare i loro sistemi educativi. Le Filippine e la Turchia hanno anche visto aumenti considerevoli, del 130,83% e del 127,39%, rispettivamente, indicando un crescente riconoscimento dell’importanza dell’educazione per il progresso nazionale. Hong Kong SAR, Cina, ha incrementato la spesa del 109,04%, mentre il Burkina Faso del 106,56%, mostrando entrambi un impegno crescente verso l’istruzione. Paesi come il Tajikistan, il Mozambico e la Colombia hanno visto aumenti significativi, rispettivamente dell’88,57%, 85,63% e 85,47%, segnalando sforzi notevoli per migliorare i sistemi educativi in contesti spesso caratterizzati da sfide economiche e sociali. D’altro canto, alcuni paesi hanno visto una diminuzione nella spesa per l’istruzione in percentuale del PIL. L’Italia, ad esempio, ha ridotto la propria spesa dal 37,2% al 35,2%, una diminuzione di 2 punti percentuali e del 5,38% in termini percentuali, il che potrebbe riflettere restrizioni fiscali o cambiamenti nelle priorità di spesa pubblica. La Spagna ha mostrato una riduzione del 4,3 punti percentuali, passando dal 38,6% al 34,3%, con una variazione percentuale del -11,14%, suggerendo potenziali tagli o riduzioni negli investimenti educativi. Altri paesi con riduzioni significative includono la Slovacchia, con una riduzione del 2,15%, e la Polonia, che ha ridotto la propria spesa del 9,38%, indicando possibili difficoltà economiche o priorità governative diverse. La Lituania ha visto una riduzione del 17%, mentre la Thailandia ha ridotto la spesa del 39,08%, riflettendo potenziali riorientamenti delle politiche educative o economiche. Alcuni paesi hanno registrato diminuzioni ancora più marcate. Ad esempio, il Ghana ha ridotto la spesa del 62,58%, passando dall’82,3% al 30,8%, il che potrebbe indicare gravi problemi economici o cambiamenti nelle priorità politiche. L’Irlanda ha visto una riduzione del 63,81%, segnalando potenziali sfide economiche o ristrutturazioni nel sistema educativo. Bangladesh e Yemen hanno entrambi registrato un calo del 100%, con spese per l’istruzione ridotte a zero, il che potrebbe riflettere situazioni di crisi economica o conflitto.
Conclusione. Considerando il periodo tra il 2013 ed il 2022 possiamo notare una crescita del valore della spesa in istruzione in percentuale del PIL con un valore pari a +3,20%. Vi sono tuttavia molti paesi che hanno fatto segnare una crescita assai significativa del valore della spesa in istruzione in percentuale del PIL ovvero la Georgia con +496,08%, il Pakistan con +407,14%, Brunei Darussalam con +394,40%, Qatar con +288,14%, Perù con 222,02%. Vi sono inoltre altri paesi che hanno fatto segnare un valore della spesa in istruzione in percentuale del PIL declinante rispetto alle medie di periodo in questo senso possiamo notare Guinea con -54,15%, Ghana con -62,58%, Irlanda con -63,81%, Bangladesh e Yemen con -100,00%. Tendenzialmente la crescita della spesa in istruzione è un elemento positivo. Tuttavia occorre considerare che anche paesi che hanno dei buoni risultati in termini di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e produzione di prodotti e servizi culturali hanno dei livelli molto differenziati di spesa pubblica nell’istruzione in percentuale del PIL. Per esempio la Germania e gli USA hanno un valore della spesa in istruzione in percentuale del PIL rispettivamente pari a 43,9% e 43,10%, mentre per esempio il Giappone e la Cina pari rispettivamente a 21% e 27%. Tali risultati appaiono controfattuali. Infatti sia Germania, che USA che Giappone e anche la Cina sono leader nei settori a più alta intensità di capitale umano e di conoscenza. Eppure presentano traiettorie di spesa pubblica in percentuale del PIL assai differenziate. E’ probabile che in Giappone e in Cina vi siano degli elementi che contribuiscono alla formazione del capitale umano nazionale che purtuttavia sfuggono alla rappresentazione contabile all’interno del PIL.
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Fonte: Global Innovation Index
Link: https://prosperitydata360.worldbank.org/en/indicator/WIPO+GII+25
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