Il ramo dell’informatica che si occupa delle intelligenze artificiali sta facendo passi da gigante negli ultimi anni. I dispositivi robotici riescono, grazie a calcoli complessi (i cosiddetti algoritmi), a sostituirsi all’uomo, compiendo molte azioni meccaniche al suo posto: il “pilota automatico”, che a breve spopolerà nel mercato automobilistico, è un esempio emblematico di quanto la tecnologia possa facilitare la nostra routine. E se fosse capace anche di salvarci la vita, avvertendoci di una imminente catastrofe? La ricerca condotta da Bertrand Rouet-Leduc, del Los Alamos National Laboratory (New Mexico), sembra poter dare una risposta adeguata al nostro quesito. Insieme al suo team, lo studioso ha creato in laboratorio una faglia artificiale composta da strati di rocce e materiali friabili proprio come quelle “naturali” e l’ha sottoposta a pressione, inducendo dei movimenti molto simili a un terremoto. La squadra di ricerca ha lavorato a lungo sulla simulazione dell’evento sismico, analizzandone in particolare i “segni premonitori”: scricchiolii, sfregamenti e altri fenomeni acustici, ma non solo. Sottoponendo i dati registrati all’interpretazione algoritmica di una macchina rivoluzionaria (ideata dal geofisico Paul Johnson), si è scoperto come quest’ultima riuscisse a prevedere con esattezza le scosse, proprio grazie a dei complessi procedimenti matematici che l’uomo non è mai stato capace di effettuare.
“L’analisi fatta grazie all’apprendimento della macchina suggerisce che il sistema emetta una piccola, ma crescente, quantità di energia durante tutto il ciclo di stress prima di rilasciare all’improvviso la forza accumulata, nell’istante esatto in cui avviene lo scivolamento” hanno riportato gli scienziati americani al termine dello studio. Il computer ha previsto le scosse solo ed esclusivamente in base agli “indizi” forniti, a differenza dei metodi di indagine tradizionali, che si fondano su una media del tempo intercorso tra un terremoto e l’altro, usando semplici calcoli statistici. Le attuali previsioni non sono sufficientemente attendibili proprio perché la statistica poggia su semplici probabilità, piuttosto che su solide certezze; il nuovo studio, invece, potrebbe aprire le porte all’identificazione degli antecedenti dei terremoti, ovvero quegli eventi reali (e, quindi, certi) che si verificano sistematicamente prima di ogni movimento tellurico. Ciò porterebbe certamente a una migliore gestione dell’emergenza, in quanto si potrebbe evacuare la popolazione o, perlomeno, prendere le adeguate precauzioni per ridurre i danni a cose e persone. Pare che questo rivoluzionario dispositivo, evidentemente molto sensibile alle onde acustiche, sia in grado di segnalare l’arrivo del fenomeno sismico con un anticipo di alcune settimane o addirittura mesi.
“I cosiddetti ‘precursori’ sono quei segnali che la Terra ci invia e che dobbiamo imparare a riconoscere. Fenomeni transienti che, se non associati ad altri eventi naturali o legati al clima, possono essere correlati a modificazioni del campo di stress dentro la crosta. – ha chiarito Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) – A volte, la semplice messa in pressione può determinare onde acustiche, anche senza dislocazione. Spesso, infatti, i minatori mi raccontavano di aver sentito scricchiolare la roccia prima del “colpo di tetto”, ovvero il crollo della volta”.
La ricerca condotta da BertrandRouet-Leduc ha convinto anche gli studiosi italiani, come testimoniato dalle parole del presidente dell’Ingv. Ma quali sono le sue applicazioni nella realtà quotidiana? Al momento, gli straordinari risultati conseguiti dal dispositivo sono limitati al contesto di laboratorio, molto più controllato e semplificato rispetto all’ambiente naturale. Sarà necessario “addestrare” il dispositivo in modo che possa interagire efficacemente con i dati reali, quelli rilevati sulla crosta terrestre: i lavori sono già iniziati presso il Lawrence Berkeley National Laboratory, in California. Qui, un team di ricercatori sta sottoponendo all’analisi della macchina di Johnson i dati raccolti nel corso di alcuni reali eventi sismici, avvenuti in Francia. Stando alle prime indiscrezioni, i riscontri ottenuti sarebbero soddisfacenti; prima che l’apparecchio diventi a tutti gli effetti “operativo”, tuttavia, ci vorranno anni di ricerca, di prove e conferme. Meglio andarci con i piedi di piombo, dato che è in ballo la nostra stessa vita; il campo della sismologia, inoltre, ha dovuto sostenere fin troppi fallimenti, il che induce la comunità scientifica a un sano scetticismo. Se questo “sogno” dovesse concretizzarsi, l’uomo si sentirebbe certamente meno vulnerabile alla distruttività della natura, perché capace di “domare” quell’enorme potenza in grado di ucciderlo nel giro di pochi istanti. La neonata macchina auto-apprenditrice potrà funzionare come uno stetoscopio sulla crosta terrestre: ai geologi basterà comportarsi da “medici della Terra”, ascoltare i suoi sussurri segreti attraverso la macchina di Johnson, per salvare intere popolazioni dal terremoto. Prestando attenzione ai rumori della natura, potremmo imparare ad avvertirne i pericoli, sfuggendo al silenzio della morte.