La tempesta di Giorgione è uno degli indiscussi capolavori del Rinascimento veneto. Fu dipinta tra il 1477 e il 1510, probabilmente su commissione dal nobile veneziano Gabriele Vendramin per la sua collezione privata. L’opera è universalmente riconosciuta come la migliore prova dell’artista. Dal 1932, è conservata presso le Gallerie dell’Accademia di Venezia.

Nell’opera è riprodotto un paesaggio campestre. Sulla sinistra vi sono alcune rovine: si notano infatti un muro parzialmente eretto e un basamento sul quale si innalzano due tronchi di colonna. In primo piano sono dipinte tre figure: un uomo in piedi si appoggia ad un bastone esile e lungo, abbigliato con vesti rinascimentali. Indossa dei calzoni corti, una camicia bianca e un gilet rosso. Notiamo anche una donna seminuda seduta su di un prato che allatta il figlio. Al centro è rappresentato un fiume attraversato da un piccolo ponte. Sull’orizzonte si trova una città. Il cielo è cupo, denso di nubi e un lampo illumina la zona sopra le case. La scena è incorniciata da grandi alberi e cespugli che creano delle quinte naturali a destra e a sinistra.

Nel corso degli anni, molti critici e studiosi si sono succeduti nel cercare di individuare una interpretazione da considerarsi unanimemente accettabile, senza mai riuscire in questa impresa. Se per alcuni il Giorgione voleva raffigurare i 4 elementi della natura, cioè terra, aria, fuoco e acqua, per altri il significato è di matrice più storica: individuando la cittadina sullo sfondo come Padova, La Tempesta sarebbe una poetica rappresentazione della conquista della città da parte delle forze della Repubblica di Venezia, avvenuta all’incirca un secolo prima della realizzazione del dipinto. Una suggestiva interpretazione è stata suggerita invece dal critico d’arte italiano Salvatore Settis. Secondo lo studioso, le due figure poste ai lati del quadro sarebbero i ritratti dei due personaggi biblici Adamo ed Eva, quest’ultima intenta ad allattare il figlio Caino, appena dopo la cacciata dal paradiso terrestre. La tempesta che da il nome all’opera, che sembra doversi abbattere in maniera imminente sui personaggi, sarebbe dunque simbolo dell’ira di Dio, la cui espressione più pronunciata coinciderebbe con il fulmine che, al centro del dipinto, si staglia in mezzo alle nuvole.
Esiste un unico contrasto di complementarietà tra il rosso dell’abbigliamento dell’uomo e il verde diffuso su quasi tutto il dipinto. Giorgione dipinse direttamente il lavoro disegnando solamente i personaggi. I colori furono stesi a macchie sovrapponendo i toni chiari a quelli scuri creando quindi sovrapposizioni di colori per arrivare alle lumeggiature. In questo modo i contorni delle forme tendono a scomparire e a creare un amalgama ambientale che unisce forme e sfondo.
La profondità è suggerita dalla prospettiva di grandezza che riduce la dimensione degli edifici a sinistra verso il centro del dipinto. Inoltre si coglie una fuga prospettica che accompagna lo sguardo dello spettatore in profondità. L’orizzonte poi è alto e la struttura dell’opera vede l’alternarsi di piani che si sovrappongono verso gli edifici lontani. Il prato in discesa con la donna è in primo piano. Da sinistra convergono verso il centro le rovine. Quindi il ponte sul fiume e infine la fuga delle abitazioni.
Le figure principali sono disposte in corrispondenza delle diagonali del quadro. Questo espediente aiuta lo spettatore ad osservare le diverse parti del dipinto. Si tratta quindi di una progettazione creata per guidare lo sguardo dell’osservatore. Lungo la diagonale che sale da sinistra in basso è disposto l’uomo, la rovina con le colonne, il ponte la casa in secondo piano e il grande albero per terminare con la torre che si intravede dietro le chiome. Sulla diagonale che sale da destra invece è disposta la donna, il fiume il ponte e l’altra rovina dipinta contro due esili alberi che terminano con le loro chiome in corrispondenza dell’angolo alto a sinistra. L’uomo indossa un abito di colore rosso molto acceso che bilancia la massa centrale dell’acqua di colore verde brillante. Diagonalmente la sua figura emerge otticamente come più importante di tutto il dipinto equilibrata però dall’albero in alto a sinistra.