Lo scorso 8 giugno il Consiglio dell’Unione Europea ha raggiunto un nuovo accordo sulla ricollocazione dei migranti. Accordo che a Viktor Orban non sta affatto bene, per il quale accusa Bruxelles di “abusare del suo potere”. “Vogliono ricollocare i migranti in Ungheria con la forza, questo è inaccettabile”. Ancora una volta il premier ungherese si pone in contrasto con le decisioni delle istituzioni europee delineando, qualora ci fosse bisogno sottolinearlo, la propria posizione intransigente all’interno dell’Unione. Sul tema odierno ha quindi proseguito con le invettive, precisando una volontà “violenta” da parte di Bruxelles di “trasformare l’Ungheria in un paese di migranti”. Sugli stessi termini la Polonia che, per il tramite del premier Mateusz Morawiecki, avverte: “La Polonia non permetterà ai trafficanti di esseri umani di dettare condizioni all’Ue”, opponendo invece la volontà di voler “sigillare i confini”. “Il ricollocamento obbligatorio non risolve il problema della migrazione”, ha aggiunto, “ma viola la sovranità degli Stati membri. La Polonia non pagherà per gli errori delle politiche di immigrazione di altri Paesi”.
Ma vediamo cosa è realmente successo in seno alla riunione. I ministri degli Interni dell’UE, che compongono il Consiglio, si sono incontrati per discutere all’ordine del giorno il nuovo Patto sulla migrazione, raggiungendo una decisione definibile come “principio di solidarietà” e che ha ottenuto un ampio consenso, comprensivo del voto determinante dell’Italia. Contrari, come visto, Ungheria e Polonia, astenuti Malta, Slovacchia, Lituania e Bulgaria. Si è trattato di definire i cosiddetti “Paesi terzi sicuri” ove collocare i migranti che non ricevano asilo nei paesi di primo approdo. La ridistribuzione verrà effettuata su tutti i 27 Paesi, sulla base chiaramente delle rispettive popolazioni e del PIL interno. Saranno messi a disposizione, quantomeno per il primo anno, 60mila posti, che passeranno poi a 90mila e infine a 120mila, progetto dal quale l’Italia ha ottenuto vantaggi per via di un fondo “per attuare progetti concreti per la cosiddetta dimensione esterna”. La decisione ha trovato il plauso di Giorgia Meloni: “Soddisfatta di essere riuscita a porre la questione. Quando noi non riusciamo a reggere i flussi migratori, in qualche modo il problema diventa di tutti”, ha commentato durante la sua visita in Puglia, prossima alla partenza per la Tunisia ove sciogliere con le locali autorità ulteriori nodi legati al problema migratorio. “Il problema ce lo abbiamo tutti e occorre risolverlo all’inizio, alla partenza”, sottolineando così anche l’impegno di Tunisi che verrà affrontato con la presenza della Von der Leyen e del primo ministro olandese Mark Rutte.
L’accordo raggiunto è comunque stato definito di portata storica, in quanto non si raggiungeva una comunione di intenti di questo livello da almeno nove anni, con ampia soddisfazione anche del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha dichiarato: “L’Italia ha ottenuto il consenso su tutte le proposte avanzate nel corso del Consiglio odierno. In primis, abbiamo scongiurato l’ipotesi che l’Italia e tutti gli Stati membri di primo ingresso venissero pagati per mantenere i migranti irregolari nei propri territori. L’Italia non sarà il centro di raccolta degli immigrati per conto dell’Europa”. Il ministro agli Affari Europei Raffaele Fitto ha parlato di “cambio di passo” per questo accordo, che “getta le basi per il superamento dell’iniquo sistema di Dublino, sostituendolo con regole nuove basate sull’equilibrio tra i principi di solidarietà e responsabilità”. Su toni entusiastici anche il presidente del Consiglio Charles Michel che, con un tweet, ha parlato di “grande passo”. È d’obbligo però precisare che la decisione raggiunta non è definitiva, in quanto necessita ancora del vaglio del Parlamento Europeo affinché produca i propri effetti.