È stato un anno tormentato per le piattaforme social quello appena chiuso, in particolar modo per una. Il 2024 ha registrato infatti veementi prese di posizione da parte di governi internazionali sui comportamenti degli utenti di TikTok, forse troppo coinvolti dalle ammalianti procedure del suo algoritmo.
Additata da associazioni delle famiglie e da esperti in età evolutiva, il social amministrato da ByteDance ha conosciuto una serie di attacchi frontali che se da un lato ne hanno cercato di limitare l’uso attraverso proibizioni e divieti, dall’altro invece sembra che le simpatie che già il pubblico sconfinato di utenti provava nei suoi confronti non sia stato per nulla intaccato. Dal lato degli attacchi al social cinese si sono registrate le ben note prese di posizione da parte del governo australiano (limite di utilizzo per gli under 16), la messa al bando del governo albanese a partire dal primo gennaio del 2025, le note vicende relative a molti stati americani e le singole decisioni dei governatori locali su limiti e divieti e, buon ultimo, la presa di posizione del governo e della giustizia venezuelana.
La Corte Suprema dello stato sudamericano ha infatti sanzionato TikTok per 10 milioni di dollari per negligenza, ovvero per non aver preso le giuste contromisure per bloccare video che promuovevano le cosiddette “challenge”, sfide online a cui prendono parte sempre più giovanissimi. Il fatto si riferisce alla morte di tre ragazzi e con l’avvelenamento di 200 adolescenti in varie scuole del Paese in seguito all’inalazione da parte dei giovani di sostanze chimiche dopo aver partecipato a una sfida lanciata sulla piattaforma e diventata subito virale. Il giro di vite attorno al social cinese è però cominciata già qualche anno fa nel momento in cui si vociferava da parte delle agenzie di sicurezza americane, di una possibile attività di spionaggio digitale attuato attraverso i dati degli utenti americani. Con l’elezione del nuovo presidente, Donald Trump, sembra che le cose si siano al momento ridimensionate: lo stesso Trump, infatti, con i suoi quasi 15 milioni di follower su TikTok, ha ammorbidito il contenzioso, portandolo a rivedere la sua posizione a proposito dell’uso improprio dell’algoritmo cinese, e considerando inopportuna una limitazione della piattaforma che potrebbe pregiudicare la libertà di espressione dei cittadini. La relapolitik dunque ha preso il sopravvento su considerazioni relative alla sicurezza dello stato e su motivazioni di ordine etico.
Ognuno a livello internazionale sembra muoversi in ordine sparso adottando le misure che, su sollecitazione di organizzazioni di categoria e per motivazioni spesso legate a priorità elettorali, tendono alla repressione tout court. Il problema maggiore sembrano essere i contenuti troppo a rischio per determinate fasce di popolazione, cosa che al di là di tutto rappresenta però un falso problema. Il discorso invece è da ricercare sul concetto di libertà, un valore che nel corso del tempo ha subìto interpretazioni che si vanno a raccordare a seconda delle circostanze e delle convenienze di chi gestisce il potere politico ed economico. Come ha sottolineato bene Slavoj Zizek, parlando a proposito della distinzione tra libertà reale e libertà formale e definendo in modo calzante il concetto di libertà di scelta nella società liberale: «Possiamo continuare a fare le nostre piccole scelte, a patto che queste scelte non incidano veramente sull’equilibrio sociale e ideologico generale». Il capitalismo globalizzato, il tecnoliberismo, il postmodernismo in salsa capitalista, si è manifestato alle genti come “un Fato anonimo”, a cui è possibile solo adattarsi e per cui ogni scelta non sarà mai sinonimo delle nostre libertà, ma che ben si adatta invece alle convenienze di bottega.