Telegram, la nota app di messaggistica utilizzata da quasi 1 miliardo di persone nel mondo, è probabilmente una delle pochissime piattaforme di comunicazione di massa rimaste fuori dal controllo delle grandi autorità, e non perché sia di proprietà di un cittadino russo (peraltro inviso al suo stesso paese), ma perché rappresenta uno degli ultimi baluardi di comunicazione realmente criptata e invisibile a chiunque. Grazie a questa massima forma di protezione, il sistema viene utilizzato in tutta sicurezza per le comunicazioni più riservate tra politici, uomini d’affari, persino a livello militare. Negli ultimi anni, attraverso i “canali”, si è poi sviluppata una rete di informazione parallela, spesso propagandata come comunicazione “reale” in contrapposizione a quella tradizionale, ritenuta fuorviante, se non addirittura manipolata.
Dall’altro lato, attraverso questa nuova fenomenologia di comunicazione, si parla di una sempre più ampia propagazione della disinformazione, che contribuisce a fomentare l’odio attraverso una sorta di incitamento indiretto, derivante da una puntuale e quotidiana propinazione di “notizie” che hanno il solo risultato di accentuare sempre più la polarizzazione delle opinioni. Che si tratti del canale pro-Kiev o di quello no-VAX.
Dal punto di vista tecnologico, Telegram rappresenta oggigiorno un modello per tutte le altre applicazioni similari. Nonostante sia nata dopo le altre, ha rapidamente superato la concorrenza e, da anni, viene “copiata” a partire proprio dall’antesignana WhatsApp, altra nota applicazione di messaggistica che teme maggiormente la competizione. L’elevata segretezza che contraddistingue Telegram attira inevitabilmente anche coloro che intendono farne un uso illecito, questo è indubbio. L’arresto del fondatore Pavel Durov, secondo gli inquirenti francesi, è legato anche (forse soprattutto) ad una mancanza di collaborazione con le autorità giudiziarie del paese, che cercano di indagare su una serie di reati peraltro non dettagliatamente specificati, tra cui genericamente pedofilia e abusi sessuali.
Dietro a questo arresto, uno dei più emblematici degli ultimi tempi e visto da molti come un attacco alla democrazia, si cela una situazione alquanto nebulosa. In primo luogo, i capi d’accusa contro Durov non sono stati ancora resi noti con esattezza, il che solleva forti dubbi su di un sistema giudiziario che si ritiene democratico e garantista. La cittadinanza di Durov, oggi forse la più osteggiata in Occidente, in questo caso ha probabilmente poca rilevanza, dato che lo stesso possiede diversi passaporti, tra cui anche quello francese. Ciò che evidentemente interessa appare l’accesso ai dati riservati che Durov sembra non voler concedere, e non quantomeno con l’esclusivo riferimento ai reati che i magistrati chiedono di perseguire. È notizia, peraltro ancora da confermare, quella secondo la quale sussista un mandato di arresto emesso anche nei confronti del fratello di Pavel, Nikolai Durov, co-fondatore di Telegram, secondo quanto emergerebbe da alcuni documenti amministrativi francesi.
In tutta una serie di diverse ipotesi, più o meno complottistiche, si inserisce la dichiarazione del presidente della Duma russa Volodin, il quale ritiene che la longa manus su questo arresto sia degli Stati Uniti. “Alla vigilia delle elezioni presidenziali americane, è importante per Biden prendere il controllo di Telegram”, ha dichiarato, secondo quello che appare più un personalissimo pensiero che un dato di fatto, in assenza di prove concrete a supporto.
Quanto accaduto ha creato un terremoto nel dibattito sulla libertà di parola, nei termini secondo cui si ritiene di voler soffocare uno strumento di comunicazione, o quantomeno controllarlo, attraverso quello che appare un pretesto, nonostante incentrato su reati di assoluta gravità. E mentre si osserva che una simile accusa dovrebbe essere rivolta non solo ad ogni altro social esistente, ma agli stessi produttori di smartphone, finanche all’uso del “dark web” attraverso “Tor”, spicca il commento del noto giornalista americano Tucker Carlson, che ha commentato la vicenda sottolineando come, alla fine, Durov sia dovuto scappare dalla Russia dalle grinfie di Putin, per essere poi arrestato proprio nel libero Occidente.
E mentre ancora l’ambasciata francese a Mosca viene circondata da aeroplanini di carta, simbolo dell’app Telegram, e proprio Telegram diventa in queste ore l’app più scaricata in Francia, resta da comprendere perché Pavel Durov, che aveva già previsto un piano B per portare avanti l’azienda in caso di sua impossibilità, sia atterrato con l’aereo in Francia consentendo, da cittadino francese e con un margine di intervento quindi minimo di Mosca, un’incarcerazione ritenuta possibile e concretizzabile in maniera così sorprendentemente semplice.
In tarda serata di ieri è giunta la notizia secondo cui Pavel Durov è stato rilasciato, a seguito dello scadere del fermo, con pagamento di una cauzione di cinque milioni di euro quale misura di garanzia per la sorveglianza giudiziaria cui è ora sottoposto. Obbligo di firma, divieto di lasciare la Francia e incriminazione. Sarà un lungo processo.