“Ci sono cose da non fare mai, né di notte né di giorno, né per mare né per terra: per esempio la guerra” – da “Promemoria” di Gianni Rodari. Ecco, è con queste parole che Felice Laudadio, direttore artistico del Bif&st, ha deciso di inaugurare la 13esima edizione del festival cinematografico barese, il quale, spalancando le porte dei teatri, richiamando la gente alla contemplazione del bello, alla riflessione critica e al confronto, portando in scena risate, lacrime, sospiri, baci, silenzi, drammi, fatica, impegno e passione, non fa altro che celebrare la vita nella sua meravigliosa complessità. “Il cinema è vita” diceva Pier Paolo Pasolini, a cui tra l’altro il festival ha riservato innumerevoli approfondimenti sia sul piano cinematografico che letterario e sociale, in occasione del centenario della sua nascita.
Aprire quindi il sipario di questo festival, sugli scenari di guerra che oggi come non mai ci colgono tanto da vicino, è come puntare i riflettori sull’antitesi della vita, che non è banalmente la morte, bensì l’incomprensibile povertà d’animo a cui l’odio e la guerra conducono l’uomo e che prescindono da qualsiasi fazione e ideologia; perché la guerra non ha giusti. L’attenzione al contesto attuale è testimoniata anche dalla proiezione fuori concorso della produzione Ucraina-Svizzera: “Zabuti (The Forgotten)”, film del 2020 della giovane regista Daria Onyshchenko, ambientato nel capitolo dell’occupazione separatista dell’est dell’Ucraina.
Al di là della sentita parentesi sull’attualità, il festival ha portato sugli schermi, importanti proposte del panorama internazionale tra cui “Ali & Ava” dell’acclamata regista francese Clio Barnard, presentato al Festival di Cannes 2021; il tedesco “Lieber Thomas”; sennonché l’ultima avvincente trovata di John Madden: “Operation Mincemeat”, ispirata al romanzo dello scrittore e giornalista britannico, opinionista del Times, Ben Macintyre, che racconta con il vantaggio di un cast d’eccezione, la storia vera di una messa in scena utilizzata strategicamente dalle forze inglesi durante la Seconda Guerra Mondiale, per depistare i tedeschi sullo sbarco alleato in Sicilia. Il film ancora una volta risulta di forte attualità, volendo mettere in luce la stretta connessione che nei contesti di guerra si viene a creare tra propaganda, mala informazione e realtà artificiosa, e da qui la critica al ruolo esercitato oggi dalle fake news, nella costruzione di un immaginario collettivo basato su una ricostruzione semplicistica e filtrata dei fatti.