Traduci

L’autoscatto che uccide: ecco le no selfie zone

Torna il proibizionismo, e stavolta non riguarda l’uso e il traffico di sostanze alcoliche, ma uno dei sollazzi e (mal) costumi contemporanei più in voga: il selfie. O tempora o mores, se in passato prima la Chiesa e poi lo Stato si alternavano in una serie di divieti di ordine morale e comportamentale, ora in una società che evidentemente procede, come ben anticipato da Umberto Eco a passo di gambero, si provvede a vietare lo scatto di un selfie.

cms_3715/foto_2_.jpgIn India, per esempio, la polizia di Mumbai dopo casi in cui selfie-addicted si sono procurati gravi ferite o hanno addirittura perso la vita nel tentativo di portarsi via un autoscatto, ha preso dei seri provvedimenti per contenere una pratica molto diffusa nel Paese. Le autorità della capitale indiana stanno istituendo dei cordoni di sicurezza in quelle aree della città dove potrebbe essere pericoloso scattare un selfie, si verranno a creare cioè delle no selfie zone. Esemplare per comprendere l’urgenza di questi provvedimenti da parte della polizia locale, è quello accaduto a tre ragazze che nel tentativo di scattare un selfie su uno scoglio a strapiombo sull’oceano sono precipitate in mare, con conseguenze meno gravi di quanto ci si sarebbe potuti aspettare solo per l’intervento di un soccorritore che è riuscito a trarre in salvo due ragazze, mentre la terza è ancora dispersa.

cms_3715/foto_3.gif

Ma l’India non è l’unico Paese in cui la polizia si sta muovendo per regolamentare questa pratica figlia dei nostri tempi. In Iran la Federcalcio, evidentemente sull’onda del gesto popolar-nazionale del capitano della Roma Totti, ha vietato i selfie con le tifose da parte dei giocatori della Nazionale in quanto contrari alla morale. Ci sono poi quei luoghi in cui il solo rispetto del posto dovrebbe scoraggiare l’uso dell’autoscatto, comprendendone la sacralità storica e umana, come il museo Van Gogh e il campo di sterminio di Auschwitz. Ma anche in questi luoghi l’impietosa tentazione di immortalarsi come se si fosse in vacanza in spiaggia, prevale sul rispetto dei presenti e degli assenti.

cms_3715/foto_4_.jpg

In un mondo che ormai sta limitando l’uso del selfie in molti luoghi pubblici per motivazioni che vanno dal proteggere la propria e altrui incolumità, la riservatezza delle persone, il rispetto dei luoghi, c’è chi non resiste e preferisce rischiare dispendiose multe pur di fermare il momento. È il caso di un turista che a Pamplona durante la famosa corsa dei tori, rischiò la propria vita pur di immortalarsi durante l’arrivo travolgente degli animali. Le autorità lo stanno ancora cercando per recapitarli una multa di tremila euro. I casi pubblicati spesso nelle cronache giornalistiche sono ormai all’ordine del giorno e abbondano sotto ogni latitudine e per ogni tipo di casistica.

cms_3715/foto_5_.jpgSe la parola selfie è riuscita al suo apparire a guadagnarsi a furia di autoscatti un posto di rilievo nell’Oxford English Dictionary, e addirittura l’appendice telescopica (il selfie stick , cioè il «bastone» che permette di fotografarsi da un metro di distanza) è stata inserita dal prestigioso Time tra le venticinque grandi invenzioni del 2014, ora tutto questo successo sembra stia conoscendo una fase discendente a causa di un’antipatia di certi ambienti. L’onda di insofferenza sempre più diffusa non deve essere ricercata chissà dove o attendere postulati socio-antropologici, ma ha una sola causa, l’inciviltà. Se la funzionalità del selfie è quella di condividere un momento e far sapere al mondo dove siamo, sempre che a qualcuno interessi, e se questa funzionalità ha preso il sopravvento su qualsiasi altro nostro comportamento civile ed educato, allora vuol dire che il predominio di un interesse alquanto futile ha avuto la meglio su un valore dal quale nessuno dovrebbe mai prescindere, la buona educazione.

Data:

9 Aprile 2016