Il Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, aveva già espresso i suoi dubbi e le sue preoccupazioni sulle scelte di politica monetaria della BCE (Banca Centrale Europea) e l’inopportunità dei ripetuti annunci di ulteriori rialzi dei tassi d’interesse, puntualizzando le sue perplessità sull’effettiva efficacia di tali interventi per ridimensionare l’inflazione, ribadendo, bensì, che tale orientamento possa essere controproducente e, comunque, non rispettoso della precedente decisione (del board dell’istituto di Francoforte) sulla “forward guidance“. Si tratta della linea che prevede vengano fornite indicazioni in prospettiva (che non è altro che voler imporre un potere di condizionamento in tema di politica monetaria), sospesa dallo stesso Istituto, nel luglio scorso.
A tal riguardo, Visco descrive come del tutto fuori luogo e inappropriate le dichiarazioni di alcuni componenti del board della BCE. Infatti, ricorda ancora il Governatore di Bankitalia, nel Consiglio Direttivo della BCE, fu concordato di decidere “di riunione in riunione” e non ricorrere, quindi, alla “forward guidance” con periodico automatismo, ragion per cui invita i suoi colleghi ad una maggiore accortezza e prudenza, dato che lo stato di incertezza è molto elevato e necessita “minimizzare gli effetti negativi su una fragile ripresa“, nonché procedere nel solco di perseguire l’obiettivo di riportare l’inflazione al 2% nel medio termine anziché in tempi rapidi e alquanto discutibili.
Il dilemma è molto delicato, in quanto alcuni componenti del board della BCE hanno espresso, perentoriamente, dichiarazioni di sostegno, per una ulteriore stretta monetaria, con aumenti dei tassi fino al 5%, alla Presidente della BCE, Christine Lagarde, pronta a fare “tutto quello che serve”, nella prossima e imminente riunione, con un nuovo incremento del costo del denaro di mezzo punto (dal 3% al 3,50%). Tale prospettiva preoccupa, verosimilmente, il Governatore di via Nazionale e il Governo italiano, in quanto il ventilato e ulteriore rialzo dei tassi implica grandi difficoltà al Paesi fortemente indebitati, come il nostro. La prudenza, viene ribadito dai nostri esponenti istituzionali, è assolutamente necessaria, perché l’obiettivo principale è il sostegno alle imprese (minimizzando gli effetti negativi su una fragile ripresa), tenendo conto che un ripetitivo ed eccessivo aumento del costo del denaro possa bloccare la crescita.
Va segnalato quanto è successo negli USA laddove, proprio nell’ottica di tali direttive finanziarie, si è verificato il fallimento della SVB (Silicon Valley Bank),in California, una delle migliori banche al mondo, che solo una settimana prima veniva premiata da Forbes e ritenuta solida e affidabile. Ebbene, in soli due giorni SVB è diventata la seconda maggiore banca americana (dopo Lheman) a fallire. Le cause di tale repentino crollo vanno, probabilmente, ricercate nella concomitanza di alcune evenienze; investimenti troppo sbilanciati sui titoli di borsa che con il rialzo dei tassi hanno messo in crisi l’istituto, nonché il contestuale ridimensionamento delle più grandi aziende tecnologiche della Silicon Valley. Intanto la FED (Federal Reserve) sta ricercando una soluzione, come già avvenuto in altre precedenti e simili situazioni, per evitare il disastro; si prevede, infatti, che nella riunione della FED, programmata per il 21/22 marzo, si adotti una stretta più soft, ovvero non più di mezzo punto ma solo dello 0,25%, oltre ad altre misure necessarie, come la richiesta, da parte degli investitori, di una garanzia sui depositi, perché solo una minoranza di clienti sono assicurati e potranno richiedere l’accesso ai fondi.
La BCE, invece, nella riunione del prossimo giovedì 16 marzo, si appresta a varare un nuovo rialzo del costo del denaro di mezzo punto (dal 3% al 3,50%) ed è proprio tale scenario che preoccupa il Governatore di Bankitalia, che intravede nell’orientamento di imporre tassi rapidi e ripetitivi l’intento di infliggere all’area Euro una “evitabile recessione”, penalizzando i Paesi più indebitati, come l’Italia. In definitiva, la Banca d’Italia ritiene che vi siano metodi meno dolorosi – ed ugualmente efficaci – da ricercare per riportare l’inflazione al 2%, nel medio periodo, senza danneggiare le imprese e i mercati, che si nutrono anche di aspettative.