Traduci

Le Forze Armate Italiane al servizio della pace nel mondo

Che l’Italia sia impegnata in missioni militari all’estero sotto l’ombrello di una qualche organizzazione internazionale o regionale è cosa risaputa. Pensare ai nostri militari impegnati in attività oltrefrontiera riporta subito alla mente Afghanistan (ISAF), Kosovo (KFOR) e Libano (UNIFIL): ovvero quelle che hanno avuto il maggiore risalto mediatico. Quelle che invece sono poco note, perché non ci sono reportage, filmati, articoli o notizie in genere, sono le altre 22 attività alle quali il nostro Paese offre un contributo più o meno ampio in termini di personale impiegato, mezzi e finanziamenti. Secondo i dati dello Stato Maggiore della Difesa sono 25 le operazioni militari attualmente in corso, geograficamente dislocate fra il Mediterraneo, l’Africa, il Medio Oriente e l’Asia. cms_40/2.jpgNell’insieme sono impiegati 5.567 uomini e donne delle Forze Armate. In una rapida carrellata, si va dal Marocco, dove nel 1991 fu istituita la MINURSO (United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara) all’Uganda (2010 Missione EUTM – European Union Training Mission, di addestramento alle forze somale per la stabilizzazione del Corno d’Africa) fino al Pakistan, dove troviamo l’UNMOGIP (United Nations Military Observer Group in India and Pakistan) istituita nel 1949 per supervisionare il cessate-il-fuoco tra Pakistan e India nello Stato di Jammu e Kashmir. Una particolarità è rappresentata dal contributo italiano al valico di Rafah, uno dei principali e più critici punti di confine e di accesso tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, dove c’è un solo militare italiano nella missione di assistenza alle autorità palestinesi nella gestione del traffico del valico (EU-BAM Rafah). E di un solo soldato è costituita pure l’UNMOGIP pakistana. In Afghanistan, a parte ISAF (International Security Assistance Force), c’è anche EUPOL, che si occupa della formazione della polizia afghana.

cms_40/3.jpgEuropa

Nei Balcani sono in corso ben 6 missioni, una frammentazione avvenuta a seguito della riorganizzazione e ridimensionamento delle forze NATO, che a partire dal 2003 fu sostituita dalla UE in alcuni compiti (soprattutto di polizia, di monitoraggio e di consulenza): Bosnia Herzegovina – EUPM; Bosnia Erzegovina – NATO HQ Sarajevo; Fyrom – NATO HQ Skopje; Kosovo -EULEX; Kosovo – KFOR – Joint Enterprise. In Albania è situata la DIE (Delegazione Italiana di Esperti), istituita nel 1997 al termine della missione “Alba”, con compiti di supporto e di coordinamento con le Forze Armate albanesi per il loro adeguamento agli standard NATO. A Cipro opera dal 1964 la UNFICYP (United Nations Peacekeeping force in Cyprus), la cui missione fu modificata nel 1974 dopo il tentato di colpo di stato da parte dei greco-ciprioti appoggiati da Atene, scatenando l’intervento della Turchia. Il nuovo mandato prevedeva la supervisione del cessate-il-fuoco. Qui, l’Italia svolge funzioni di polizia. A Malta operiamo con la MICCD (Missione Italiana di Collaborazione nel Campo della Difesa) e nel Mediterraneo con la “Active Endeavour” e le Forze Navali NATO.

cms_40/7.jpgAfrica e Medio Oriente

In Africa, oltre al Marocco, l’Italia fa parte della missione di polizia EUPOL RD CONGO (European Union Police Mission in the Democratic Republic of the Congo); dell’MFO (Multinational Force and Observers) nel Sinai per supervisionare il mantenimento della pace tra Egitto e Israele; delle operazioni in Libia a supporto alla difesa e alla ricostruzione del Paese; della Darfur – UNAMID (African Union/United Nations Hybrid operation in Darfur) e della più recente EUTM (European Union Training Mission) in Mali. Dal 2008 la nostra Marina partecipa anche alle operazioni “Atalanta” (UE) e “Ocean Shield” (NATO) per combattere la pirateria al largo delle coste somale, in aggiunta alla EUTM Somalia che però ha sede in Uganda. In Medio Oriente, oltre ad UNIFIL in Libano che impiega il secondo maggior numero di militari (attualmente 1.095), abbiamo un task force aerea negli Emirati Arabi, un avamposto ad Hebron, e alcuni ufficiali negli avamposti della Middle East – UNTSO (United Nations Truce Supervision Organization).

cms_40/6.jpgL’egida delle missioni

Tutte le attività svolte al di fuori dei confini nazionali sono sotto l’egida dell’ONU, della NATO o della UE e sono nate per fare fronte a un quadro internazionale di instabilità. Le aree di intervento sono quelle ritenute particolarmente importanti dalle nostre autorità poiché presentano criticità che, in un contesto globale, rischiano di avere ripercussioni dirette o indirette sugli interessi e sulla sicurezza dell’Italia. Alcune missioni sono iniziate addirittura nel 1948 e poi sono rimaste in piedi con il mutare delle condizioni e degli obiettivi assegnati.

La copertura finanziaria del Governo Letta

Naturalmente, ad ogni rinnovo del finanziamento delle missioni rinasce il dibattito politico interno sull’opportunità o meno di stanziare fondi, con l’inevitabile scia di polemiche tra favorevoli e contrari. Se poi il dibattito è inserito in un contesto di crisi economica che richiederebbe drastici tagli, il confronto si fa ancora più rovente. In effetti ci si chiede se sia ancora necessario tenere in vita operazioni che sembrano ormai aver esaurito le loro funzioni e che pesano sui conti statali. In ogni caso, le operazioni all’estero valgono complessivamente 935 milioni, dei quali 846 assegnati alle spese militari e 80 alla cooperazione e sviluppo gestita dal Ministero degli Esteri. L’ultimo decreto per il rifinanziamento delle Missioni all’estero risale allo scorso 28 dicembre (D.L. 227/2012) e prevede, curiosamente, una copertura finanziaria di 9 mesi, ossia fino al 30 settembre 2013. Dal computo mancano dunque le spese per i rimanenti 90 giorni e da più parti si è posta la domanda sulla motivazione di questa scelta da parte del governo Letta. Qualcuno ha indicato che in tal modo la spesa sarebbe risultata più bassa rispetto al 2012. Sta di fatto che nell’ultimo trimestre del 2013 è previsto il rientro di parte del personale e dei mezzi dall’Afghanistan, trasferimento che inciderà notevolmente sul bilancio. Difficilmente quindi si potrà parlare di un ridimensionamento dei costi delle missioni rispetto al 2012. In un futuro più remoto, invece, il ritiro di una parte consistente del personale dalle principali missioni potrebbe far ridurre significativamente le spese. Se nel frattempo non vengono costituite altre missioni, visto che in ambito NATO già si parla di un possibile intervento in Egitto ed in Siria dove in quest’ultimo caso sembra spegnersi il focolaio di guerra civile.

cms_40/aerei_n.jpgIl sondaggio

Secondo il sondaggio che IPR Marketing ha realizzato per il TG5 la maggioranza assoluta degli intervistati, il 62%, è contraria a un eventuale rifinanziamento delle missioni all’estero. Il giudizio è sicuramente influenzato dalla crisi economica, si vorrebbe quindi una diversa canalizzazione degli investimenti, ma non è l’unico fattore determinante. Pesa anche il giudizio su quale sia stato il vantaggio dell’Italia nel partecipare: ben il 60% si esprime infatti negativamente. L’eventuale partecipazione dei militari italiani in Siria viene bocciata da ancora più persone, è infatti il 70% degli intervistati a esprimersi negativamente. Il 13% la sosterrebbe, mentre il 17% non si esprime.

Se la valutazione sulle missioni raccoglie la contrarietà di una forte maggioranza di italiani, il giudizio sui contingenti è invece più mite. Per il 46% non hanno rappresentato per l’Italia un elemento di riunificazione sui valori condivisi, mentre il 44% la pensa nel modo opposto.

Autore:

Data:

1 Giugno 2014