Il Monastero “San Giuseppe” delle Clarisse Cappuccine a Capriate San Gervasio, in provincia di Bergamo, è un luogo di intensa spiritualità francescana e clariana. La storia di questo luogo di preghiera risale all’inizio del XX secolo quando la fondatrice, Madre Zaveria Zanchi, dopo aver lasciato il monastero di Venezia, si insedia con quattordici consorelle dapprima nella villa Valsecchi, adattata a clausura, e, dal 27 aprile 1902, nel piccolo monastero dedicato a San Giuseppe. Da allora le monache proseguono incessantemente la loro vocazione alla preghiera e alla meditazione, nella consapevolezza che, elevando se stesse, elevano la grande famiglia dell’Umanità.
Durante gli anni 1972-1975 sono stati necessari interventi di restauro e ricostruzione del monastero, che presentava evidenti segni di umidità. Oggi come ieri, le monache sono il fulcro di questa cittadina, considerate delle fiaccole che brillano instancabilmente dinanzi all’altare divino.

Chi sono le Clarisse Cappuccine?
Le monache Clarisse Cappuccine sono una riforma dell’Ordine delle Clarisse, fondato da Santa Chiara d’Assisi nel XIII secolo.
Chiara di Favarone – questo il suo nome di battesimo – ispirata dalla vita e dall’esempio di San Francesco d’Assisi, la notte della Domenica delle Palme del 1212 decide di lasciare segretamente la casa paterna per unirsi alla primitiva comunità francescana nella piccola chiesa chiamata Porziuncola. In seguito si trasferisce nel monastero di San Damiano, dove Francesco ebbe la sua illuminazione e ricevette il comando di Cristo: “Và e ripara la mia Chiesa che, come vedi, cade in rovina”. Naturalmente si trattava della Chiesa-Istituzione, non delle mura fisiche di quella piccola cappella diroccata. Nello stesso luogo, quindi, in cui inizia l’avventura francescana, Chiara pronuncia nelle mani del Fondatore i tre voti che la consacrano sposa di Cristo.
La Regola di Santa Chiara si basa sugli ideali di povertà, umiltà e carità fraterna, testimoniati dalla seconda lettera che la Santa scrisse ad Agnese di Boemia: “Questa è la perfezione, per la quale il Re stesso ti unirà a sé nell’etereo talamo, dove siede glorioso su un trono di stelle, che tu, stimando cosa vile la grandezza di un regno terreno e sdegnando l’offerta di un connubio imperiale, per amore della santissima povertà, in spirito di profonda umiltà e di ardentissima carità, ricalchi con assoluta fedeltà le orme di Colui del quale hai meritato d’essere sposa”.

L’Ordine delle Clarisse si diffonde rapidamente in tutta Europa e oltre, con numerosi monasteri fondati secondo il modello di San Damiano. La loro vita contemplativa, centrata sulla preghiera, la penitenza e la povertà, ha sfidato i secoli, con qualche battuta d’arresto: ecco il perché della riforma Cappuccina.
La natura umana, lo sappiamo, ha difficoltà a non lasciarsi condizionare dall’ambiente sociale e dagli usi e costumi del tempo. Ecco perché è importante, malgrado la buona volontà dei singoli, ritrovare periodicamente l’afflato iniziale. La riforma cappuccina rappresenta, appunto, un ritorno agli ideali originari di San Francesco, enfatizzando la povertà, la preghiera, la semplicità.
Tale riforma, nata innanzitutto nel ramo maschile della famiglia Francescana, ebbe inizio nel XVI secolo, con l’obiettivo di riportare l’Ordine alle sue radici, così come erano state insegnate e vissute da San Francesco d’Assisi.
In seguito, la spiritualità e la riforma Cappuccina influenzarono anche le comunità femminili francescane. Le Clarisse Cappuccine, abbracciarono la stessa visione di povertà radicale e di austerità, dedicandosi alla preghiera contemplativa e alla vita claustrale. Tale riforma iniziò nel 1538, quando Suor Maria Lorenza Longo, una devota vedova spagnola, fondò il Monastero di Santa Maria in Gerusalemme a Napoli, noto anche come “le Trentatré”. La Longo desiderava una vita monastica più rigorosa e austera, ispirata dalla riforma cappuccina maschile. La loro regola enfatizza la semplicità, la preghiera continua, la penitenza e la carità. A differenza di altre comunità religiose dell’epoca, le Clarisse Cappuccine vivevano senza alcun possesso personale, confidando interamente nella provvidenza divina.

Le Clarisse Cappuccine continuano a essere una presenza significativa nella Chiesa, con monasteri in tutto il mondo che mantengono la tradizione di vita contemplativa e austerità che caratterizzò la riforma del XVI secolo.
La loro testimonianza di fede e dedizione rimane un esempio vivente dell’eredità di Santa Chiara e San Francesco.
Da oltre cent’anni le monache Clarisse Cappuccine di Capriate San Gervasio vivono nel nascondimento e nella preghiera, elevando al Signore la lode, l’intercessione e il rendimento di grazie, “facendosi voce di ogni creatura”.
La comunità, che oggi conta poche ma luminosissime Sorelle, è aperta alla condivisione con i fedeli di momenti di preghiera ed è disponibile ad ascoltare quanti cercano di dare un senso alla loro vita.
Nell’intervista che segue, tre monache della comunità – la Madre Abbadessa Suor Maria Maddalena del Preziosissimo Sangue, Suor Maria Elisabetta di Cristo e Suor Maria Celina dell’Amore Misericordioso -, con semplicità e grazia testimoniano come raggiungere la piena felicità grazie ad una vita interamente donata all’Amore.
In questa prima parte ricordano il passaggio dalla vita laica a quella religiosa e spiegano il motivo per il quale, pur dopo tanti anni, continuano a rimanere fedeli alla loro scelta.
(Intervista di Simona HeArt, giornalista dell’anima. Foto e video di Chiara Galliano, artista visiva © 2024 tutti i diritti riservati)