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LE SETTE MALEDETTE PRIMAVERE

La pace è un miraggio. La Siria è un Paese fatto a pezzi da una guerra civile ormai divenuto campo di battaglia per jihadisti e potenze straniere. Sono più di 12 mila le persone che sino ad oggi sono andate via in esodo, per sfuggire ai bombardamenti turchi, verso Nobol e Zahara. Il parlamento europeo ha in corso una mozione che chiede alla Turchia il ritiro delle truppe dal nord della Siria, ma il Paese continua a fare “orecchie da mercante”.

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Maledetta primavera, quella di sette anni fa. Tristemente memorabile per la capitale siriana e per il mondo intero, perché segna il via ad un’interminabile guerra intestina, che ha innescato altri conflitti e inenarrabili problematiche politiche. La causa ufficiale scaturisce da un’azione militare contro alcuni studenti, arrestati per aver dipinto su un muro uno slogan contro ilgoverno di Bashar Al Assad e trattenuti senza che le loro famiglie fossero notiziate. In merito a questa serie di episodi e ad altri già in incubazione da diverso tempo, si realizza il primo corteo di protesta contro il regime, con un’avanzata su Daraa, vicino alle alture del Golan, a sud del Paese. Lo Stato reagisce con violenza: viene comandato ai soldati di sparare sulla folla. Alcuni rifiutano di eseguire l’ordine e disertano, dando vita alla Free Syrian Arm, l’esercito siriano libero. Giungono presto in soccorso dei ribelli i Foreign fighters, e da allora restano in piedi tre conflitti differenti, sempre sullo stesso campo: il brehime di Damasco, i ribelli turchi e curdi, il conflitto contro lo Stato Islamico. Forti di questi eventi, l’allora presidente americano Barak Obama e l’Unione europea, pensando che fosse arrivato il momento che Assad andasse via, glielo chiedono anche, ma la Russia e l’Iran, ovviamente essendo contrari, sostengono Assad.

Tutto questo oggi sembra essere stato dimenticato, e il conflitto si è trasformato favorendo l’espansione di Al Quaeda e dell’Isis, con tutte le ripercussioni militari e politiche che ben conosciamo sulla Siria e su ogni parte del mondo.

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L’area destra del Ghouta è in mano di gruppi armati locali, dovutamente sostenuti da Turchia, Qatar e Arabia Saudita, mentre le milizie siriane avanzano nella guerra sostenute dalla Russia e dall’Iran, laddove raid di aerei russi continuano a colpire qualunque forma umana si muova a Damasco e dintorni.

Una gioco senza regole questa guerra, in cui donne, anziani e bambini diventano scudi e i “giocatori” puntano le armi su chiunque, di proposito. Proprio come in un videogame, è anche possibile sparare su case, scuole ed ospedali. Qui tutto è concesso. I ribelli antigovernativi esercitano torture, sevizie, sequestri ed esecuzioni su militari e civili.

Quante sono le vittime di questa guerra? Che importanza può avere se queste vittime sono lontane da noi? Ogni principio religioso sancisce che siamo tutti fratelli. Ma se i morti non li conosciamo, non avendo essi un volto o un nome a noi noto, non riusciamo a coinvolgerci e ad entrare in empatia con la loro sofferenza. Il numero? Troppo alto, in costante crescita. Un dato, questo, a cui nessuno sembra interessato. Si è pensato con un briciolo di umanità ad uno spiraglio di pace e si è chiesta una tregua di trenta giorni, che in effetti non c’è stata. I miliziani anti-regime attualmente sono in ritirata, mentre continua l’avanzata delle forze governative sostenute da Iran e Russia. L’esercito ha preso il controllo di Hamuriya e punta alla vicina Saqba, alle porte di Damasco. Troppi sono i players che si muovono all’infinito sul terreno di gioco, ben allenati affinché si acquisiscano dei vantaggi e non si ponga fine al massacro, sotto lo sguardo cieco dei nostri occhi, troppo lontani e distratti dal poter vedere chiaramente e conoscere come stanno realmente le cose.

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Ma qual era l’obiettivo del conflitto che le potenze internazionali volevano raggiungere? Cancellare da ogni carta geografica la Siria. Come in certi regimi compiacenti e come è successo all’inizio del secolo scorso con la politica di colonizzazione francese e inglese. Missione che sarebbe anche riuscita bene, se non ci fosse stata la resistenza dell’esercito di Assad e il soccorso di Vladimir Putin, con il suo intervento di sostegno. Tutto questo sistema si è evoluto portando sangue su un territorio dove le tattiche militari e i vari piani strategici hanno creato una scacchiera in cui il gioco non sembra voler sancire vincitori né vinti. Solo morti. Quello che ci arriva in Occidente è la versione con cui interpretiamo questa guerra, perché noi siamo i buoni, e tutti gli altri i cattivi. Forti e pasciuti nella nostra filosofia millenaria, secondo cui tutto quello che facciamo in Occidente sia il giusto, il sano, il sacro nonché il miglior modo di vivere. E questo ci fa star bene, nonostante in un pezzo di mondo si continui a combattere e a morire.

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Data:

19 Marzo 2018