Oggi in Italia l’imprenditorialità è colpita più duramente che mai. Ciò è confermato da una classifica creata da Gem, monitor globale che lavora da quasi 20 anni per catturare la salute dell’imprenditorialità nelle economie mondiali. Secondo i dati del 2018, l’Italia si colloca addirittura al 51° posto, poco prima degli ultimi tre dei 54 paesi analizzati. I dati rivelano una verità già nota, che riguarda la difficoltà di fare impresa nel nostro Paese.
Se da un lato la burocrazia, i rischi imprenditoriali e le complessità delle varie forme giuridiche fanno paura, da tempo mancano anche figure focali per insegnare alle nuove generazioni a non solo come fare impresa, ma anche come migliorarla, considerando i guadagni in termini economici e soprattutto gli interessi della comunità. Questo ad oggi è limitato dalla mancanza di figure positive che sappiano insegnare e aiutare a crescere.
La storia dell’Italia è però ricca di grandi imprenditori che hanno saputo rivoluzionare mercati e settori e creare valore aggiunto. Prendiamo l’esempio di Adriano Olivetti, fondatore e grande innovatore della prima fabbrica di macchine da scrivere in Italia. La Olivetti, dotata di invidiabili qualità morali, ha plasmato una nuova visione della vita in fabbrica, con una maggiore attenzione ai diritti dei lavoratori e al benessere della collettività: un concetto di valore inestimabile, oggi come ieri. Ma prima di comprendere le scelte etiche e accettabili che stanno compiendo alcuni imprenditori italiani, occorre guardare più da vicino le strutture di cui stiamo parlando.
La società Benefit nasce negli Stati Uniti con il nome di Benefit Corporations, e inizia a diffondersi dal Maryland nel 2010. L’Italia è stato il primo Paese europeo ad adottare la società per il bene comune e oggi 926 aziende hanno deciso di aderire per dare attuazione a questa forma giuridica. Tra l’altro, molti di loro hanno deciso di cambiare forma proprio a causa del Covid-19, riporta IlSole24Ore.
LaSB è una forma giuridica introdotta nella Legge di Stabilità del 2016, secondo la quale sono identificabili le aziende che “nell’esercizio di un’attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse”. Ovvero, le società benefit hanno nel loro statuto sia l’interesse degli azionisti che l’interesse collettivo andando ad incentivare la responsabilizzazione, lo studio, la tutela, affinché l’impresa rimanga sostenibile economicamente ma anche dal punto di vista socio ambientale.
A conferma di ciò, nell’organigramma aziendale devono essere previste quelle figure di responsabili interni per la gestione del presente e le previsioni future relative all’interesse della comunità. Infatti, è prevista la nomina di un responsabile interno e la redazione di una relazione d’impatto annuale, nella quale sono contenute le azioni intraprese dalla società per l’interesse della collettività e gli impegni previsti per il futuro.