Se vogliamo parlare di Emily Dickinson tradotta in italiano, non possiamo allora non parlare di Silvio Raffo, del quale abbiamo già dato conto nella rubrica Rileggendo POESIA. Poeta, narratore, traduttore e saggista, si può considerare la “voce italiana” di Emily Dickinson.
Oltre a curare la traduzione di circa 1400 suoi testi per il Meridiano Mondadori, per Fògola e Crocetti, ha dedicato alla poetessa americana il saggio La Sposa del Terrore. Poesie di morte e immortalità in Emily Dickinson (2009), ha tradotto la commedia La Bella di Amherst di William Luce e rappresenta ogni anno una piéce che riecheggia il celebre incipit di una lirica dickinsoniana particolarmente emblematica: «Io sono nessuno – tu chi sei?». Infatti già nel 1989 affermava, presentando alcune traduzioni della Dickinson: “Per tradurre un poeta della forza e dell’originalità di Emily Dickinson, così fuori dalle regole della grammatica e dai canoni comuni di espressione, non pare sufficiente lo zelo del linguista né la perizia del traduttore di mestiere; occorre una scintilla di quel fuoco al calor bianco di cui Emily ricorda in un frammento la singolare luminosità.” Più recentemente, in occasione della pubblicazione Io sono nessuno, vita e poesie di Emily Dickinson (2011), è stato intervistato. Ecco uno stralcio delle sue risposte. “E. D. è un fenomeno inspiegabile. Scrive ispirata da un nume, in modi che riecheggiano a volte qualcosa di antico, ma che metricamente introducono qualcos’altro di sorprendentemente innovativo. […] Emily non si rifà a nessuno, essendo anch’ella Nessuno, (e Tutto). Non ci sono spiegazioni razionali per il suo stile già ermetico, simbolista e surrealista, a metà dell’800. Chi scriveva, allora, poesie di tre versi? To see the summer sky is poetry/ though never in a book it lie / true poems flee. Nessuno. La prima sinestesia della lirica inglese è “Blue, stumbling buzz” (ronzio azzurro) riferito al ronzare della mosca che la conduce nell’aldilà in I heard a fly buzz when I died. Conosciamo qualcosa di simile a questa poesia e alle altre che definisco “Cronache del Trapasso” (nel mio saggio La sposa del terrore. Poesi di morte e immortalità. Book editore)? […] Le traduzioni che precedono la mia sono quelle di Margherita Guidacci, Dyna Mc Arthur Rebucci, Guido Errante. La migliore per me è quella della Mc Arthur Rebucci, edita da Guanda nel ’61. Buona anche quella di Margherita Guidacci. Invece quella di Errante la rende in linguaggio aulico e carducciano, ottocentesco (mentre Emily è avanti di un secolo). Fra quelle che seguono alla mia, segnalo quella ottima di Nadia Campana (presente anche nel Meridiano con cinquanta sue versioni), Alessandro Quattrone, Ginevra Bompiani.”
Nata a Amherst (Massachusetts) il 10 dicembre 1830 e morta ivi il 15 maggio 1886, visse una vita priva d’eventi esteriori, a parte la crisi d’una repentina passione nel 1854, per un ecclesiastico più anziano e ammogliato, Charles Wadsworth, passione cui la D. reagì, soffocandola e conducendo da allora in poi vita segregata. Solo quattro delle sue poesie furon pubblicate, non per sua iniziativa, mentre visse; solo con l’edizione postuma dei Poems, Boston 1890, s’iniziò lenta la fama, che doveva salire ad altezze prodigiose col 1924, in occasione della pubblicazione della sua vita e delle sue lettere, e più col 1929, alla scoperta di un cospicuo gruppo di poesie inedite (Further Poems). In uno stile audacissimo di modernità, talora involuto per troppa compattezza, talora diretto come grido dell’anima, le brevi poesie della D. costituiscono una delle più notevoli serie di confessioni liriche che la letteratura ricordi. Per molti critici, la D. è il più grande poeta americano dell’Ottocento, e il giudizio sarebbe meritato se la D. avesse sempre sostenuto il tono delle sue liriche migliori (There’s a certain slant of light, If I shouldn’t be alive, I gave myself to him, I felt a cleavage in my mind, ecc.). Questo è quanto riportato da www.treccani.it. Visse rinchiusa e sempre vestita di bianco, dal 1862 fino alla sua scomparsa. Al momento della sua morte la sorella scoprì nella camera di Emily diverse centinaia di poesie scritte su foglietti ripiegati e cuciti con ago e filo, tutti contenuti in un raccoglitore. Prima della sua morte erano stati pubblicati solo sette testi, con varie modifiche apportate dagli editori. Nel 1890 la sorella di Emily, Vinnie, e Mabel Loomis Todd, amica e amante del fratello Austin, riescono a ottenere la pubblicazione di un volume di poesie, primo di una lunga serie. Una raccolta completa, e per lo più inalterata, delle sue poesie divenne disponibile per la prima volta quando lo studioso Thomas H. Johnson pubblicò The Poems of Emily Dickinson nel 1955. Consigliamo vivamente la lettura de Io sono nessuno, perché Silvio Raffo non si limita a descriverla in una biografia che, di per sé, avrebbe ben poco da dire, ma le visita l’anima. E naturalmente (per nostra fortuna) traduce i suoi versi.