Traduci

LE VITE CHE FANNO LA STORIA – Epicarmo Corbino, il Pietro Micca della politica italiana

La Sicilia è prodiga di uomini indimenticabili e di loro imprese memorabili. Ad Augusta, vivace e nobile cittadina portuale e militare, tocca il pregio di avere donato alla storia due fratelli di assoluta rilevanza non soltanto nazionale. Invero, allorquando si pone mente al cognome Corbino, è gara nel porre in luce la grandezza di Orso Mario (cui dedicammo qualche tempo fa la nostra attenzione) o di Epicarmo. Nato ad Augusta nel 1890, in un’umile famiglia siciliana, Epicarmo Corbino, con il suo impegno politico e il suo fulgido pensiero poliedrico, ha enormemente contribuito allo sviluppo economico degli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Trascorse gran parte della sua vita a Napoli e qui insegnò politica economica dal 1923 al 1961, presso l’Università “Federico II”, una delle più antiche del mondo. L’ateneo della città di Partenope fu fondato nel 1224 dal re di Sicilia Federico II di Svevia, figura basilare per la Trinacria, terra sicuramente al centro dei suoi interessi. Proprio al sovrano, stupor mundi, si deve la fondazione, nel 1232, di Augusta, non lontano dal sito di Megara Hyblaea, antica città dorica. Il Nostro si chiama Epicarmo proprio in onore dell’illustre commediografo Epicarmo, che visse a Megara dal 524 al 435 a.C.

Di recente, il 30 aprile 2019, un’epigrafe commemorativa dedicata a Epicarmo Corbino è stata affissa nella sua casa natale, in via Principe Umberto. L’evento ha coinvolto Alberto Corbino, nipote di Epicarmo e Presidente della Fondazione “Cariello – Corbino”, che ha già realizzato diversi progetti benefici nel Congo e a Napoli. Il nome Corbino non può che essere associato alla solidarietà. Ad Alberto Corbino, visibilmente commosso, il compito di scoprire l’epigrafe affissa in onore di nonno Epicarmo, mentre, contestualmente, gli alunni del Secondo Istituto comprensivo “Orso Mario Corbino” di Augusta cantano l’Inno d’Italia alla presenza di un folto pubblico. Presenti alla cerimonia, tra le altre autorità, alcuni Parlamentari, il Sindaco e il dirigente scolastico del Corbino, Maria Giovanna Sergi. Quasi un secolo prima, sempre un 30 aprile ma del 1922, la cittadinanza dedicò qualcosa di analogo al fratello Orso Mario, famoso scienziato (leader di studiosi, quei “ragazzi di Corbino” poi forse troppo frettolosamente ribattezzati “ragazzi di via Panisperna”) e anche lui, come Epicarmo, fu più volte ministro, ma nel periodo della monarchia e in un differente settore. Due fratelli, due eccellenze. Uniti non solo dal legame familiare ma anche dalla passione, dalla capacità, dalla positiva incidenza sulla collettività. L’unione è osservabile pure in qualcosa di curioso: ad Augusta, la sede principale dell’Istituto Comprensivo “Orso Mario Corbino” è proprio in viale Epicarmo Corbino n. 48.

Il liceo classico “Megara” di Augusta, dirigente scolastico prof. Renato Santoro, ha realizzato, nel 2019, una interessante pubblicazione dal titolo “Orso Mario & Epicarmo Corbino”. Una ventina gli studenti coinvolti coordinati dalle professoresse Rita Pancari, Simona Scala e Domenica Solano. È stato un modo per metterli “faccia a faccia”, in una ipotesi di intervista a loro, figli di una famiglia normale. I giovani è bene che non disperdano la preziosità della presenza di coloro che hanno assunto in passato il ruolo di Maestri, affinché siano essi sempre guida per le generazioni future, tra scienza, conoscenza, coscienza e legalità.

Ha affermato Epicarmo Corbino: “Ogni studente, pur essendo uno dei componenti di una massa, è stato sempre per me un caso umano, e perciò mi sono sempre sforzato di giudicare non solo lo studente, ma l’uomo, e di conservare verso tutti una identica quasi paterna equanimità”. Il docente che ognuno vorrebbe avere nel proprio percorso culturale!

La sua esistenza è stata quella di un uomo mirabile in più ambiti. È stato ufficiale delle Capitanerie di porto, docente universitario, ministro dell’Industria e del Commercio, deputato della Costituente, ministro del Tesoro, deputato nella prima legislatura, presidente del Banco di Napoli, accademico dei Lincei, storico, conferenziere e giornalista. Una carriera brillantissima, certamente. Eppure, a voler esser franchi, si potrebbe dire che la sua sostanzialità grandissima non si è forse tradotta nell’attribuzione di incarichi ancor più prestigiosi, invece riferiti a chi, a ben meditare, non ha poi lasciato un segno indelebile come il suo. Lui, invece, è ricordato e andrà sempre ricordato.

Epicarmo Corbino, mai schiavo del potere politico o della propria ambizione, lo merita per la sua virtus così come per la sua virtus la storia ha accolto Pietro Micca. Muratore e poi soldato minatore nell’esercito dei Savoia, Micca, piemontese di Sagliano, diede la sua vita, il 30 agosto 1706, per salvare Torino dall’assedio franceseNel 1864, a pochi anni dalla raggiunta unità d’Italia, per volere della monarchia sabauda fu modificato il nome del paese natio dell’eroe, sì da aversi Sagliano Micca. Può forse stupire che, trattando del siculo Corbino, si ponga mente al piemontese Micca. Nessuna bizzarria e nessun “fuori tema”, invece: l’accostamento ha una sua ratio. Sandro Pertini, innegabile avversario politico di Epicarmo, lo definì“Il Pietro Micca della politica italianaper come contrastò, nel 1953, quella che pittorescamente fu definita “legge truffa”, anche a costo di scomparire dall’agone politico. Pertini non poteva ovviamente aggiungere il nome Corbino alla città natale, come è avvenuto per Micca nel periodo monarchico; ma tanti anni dopo, nel 1982, invitò il novantenne siciliano al Quirinale per omaggiarlo. Un gesto di alto valore simbolico.

Com’è noto, per le elezioni politiche del 1953, la Democrazia Cristiana concordò con il Partito Socialdemocratico, il Partito Liberale e il Partito Repubblicano, di assegnare per legge, alle liste apparentate che avessero ottenuto la maggioranza assoluta, il 65% degli eletti. Corbino, pur facendo parte della coalizione di partiti che ne avrebbe usufruito, era assolutamente contrario, reputando che tale previsione normativa confliggesse con lo spirito della Costituzione. Perlomeno, cercò di mediare, proponendo il cosiddetto “Ponte Corbino”, cioè l’abbassamento del premio di maggioranza a 50 deputati, onde evitare che la Democrazia Cristiana, quindi un solo partito, potesse vantare la maggioranza assoluta. La presa di posizione dell’augustano echeggiò nella stampa. Così “L’Unità” del 10 dicembre 1952, in prima pagina: “Il liberale Corbino attacca la legge truffa con un discorso che scuote l’Assemblea”. E all’interno dell’articolo: “Appena Corbino si avvicina al microfono l’aula si riempie di nuovo di deputati i quali lo ascolteranno nel più assoluto silenzio, profondamente colpiti dalle osservazioni penetranti, talvolta spiritose, accorate e a volte commosse che egli esporrà all’assemblea”. In effetti, il discorso impressionò positivamente pressoché tutti, compresi gli avversari di sempre. “Un lungo e caloroso applauso dei deputati comunisti, socialisti, e di molti socialdemocratici, liberali e indipendenti conclude l’eccezionale discorso dell’on. Corbino. Moltissimi deputati, tra cui Togliatti, si recano al suo banco per congratularsi con lui. Anche deputati democristiani vanno a stringergli la mano”.

Le “battaglie” parlamentari non ebbero l’esito augurato da Corbino. La “truffa” si cristallizzò nella promulgazione della legge n. 148 del 31 marzo 1953, approvata dalla Camera il 21 gennaio e dal Senato il 29 marzo 1953. Lo scontro politico si accese quindi nelle piazze, nella contrapposizione aspra di due movimenti: l’Alleanza Democratica Nazionale e l’Unione Popolare, con leader rispettivamente Corbino e Parri, ex capo del Governo, che si era dimesso dal Partito Repubblicano. L’obiettivo era sottrarre un numero di voti tali da non fare scattare il premio di maggioranza, nel ritenuto rispetto della Costituzione Italiana. L’Alleanza di Corbino riportò circa 120.000 voti. L’Unione di Parri, circa 400.000 voti. L’obiettivo era stato raggiunto! Alla coalizione dei partiti apparentati mancarono circa 60.000 preferenze per ottenere il “premio”. Ciò causò la fine politica di De Gasperi che, nel luglio 1954, lasciò la Segreteria politica della Democrazia Cristiana ad Amintore Fanfani. Poco dopo, il 19 agosto 1954, De Gasperi, si spense in Sella di Valsugana, dopo aver visto, il 31 luglio 1954, l’abrogazione della “legge truffa”. Da notare che anni prima, alla presentazione del suo Governo, De Gasperi aveva manifestato in Parlamento la sua assoluta stima in Corbino, affermando “Se Corbino non ci fosse, bisognerebbe inventarloSiamo sicuri che De Gasperi ha continuato sempre ad ammirarlo anche se il siciliano ha contribuito al suo declino politico.

Insomma, Corbino era stimatissimo pure da chi non la pensasse come lui. Era controcorrente, libero, svincolato dai lacciuoli della convenienza e, pertanto, ha perso il potere ed è stato mal visto, tante volte, da chi deteneva egemonia. Ma la sua gloria è eterna.

Dall’autobiografia “Racconto di una vita”: “Ero così sereno sulla fine certa della mia attività parlamentare che non volli spostare la data fissata per la mia conferenza su Beethoven”. Non era legato alla poltrona, guardava oltre e altrove.

Escluso dal Parlamento, Corbino intensificò l’attività giornalistica collaborando con “L’Europeo” e con il “Corriere della Sera”. Dopo aver contribuito a creare le condizioni per il “miracolo economico” post-bellico, si allontanò a poco a poco dalla politica. Inviò il suo testamento politico al giornale “La Stampa”, che lo pubblicò il 4 agosto 1955. Ne riportiamo poche frasi: “Starsene lontani dalla politica può diventare una necessità, specialmente quando si comincia ad esser anziani come me. Purtroppo molti degli uomini politici attuali più in vista erano dei littori, dei giovani fascisti o dei balilla quando io, dalla cattedra, rischiavo ogni giorno la perdita della libertà personale”. Corbino, a Napoli, frequentava assiduamente i salotti napoletani di Benedetto Croce e di Giustino Fortunato, dove si riunivano molti antifascisti. Invece di approfittare dell’enorme prestigio di cui godeva il fratello Orso Mario, all’epoca senatore e già ministro nel governo Bonomi e nel primo governo Mussolini, non mancò di esplicitare nettamente le proprie idee, pagandone le conseguenze. Così, il 30 aprile 1925, mentre Orso Mario festeggiava il compleanno, egli firmò il famoso manifesto degli intellettuali antifascisti in risposta al manifesto di Giovanni Gentile, filosofo siciliano (di Castelvetrano) a parere del quale il fascismo non aveva soppresso la libertà in Italia. A seguito di ciò, e per altri episodi simili, fu emarginato per diversi anni, dalla vita politica e culturale del Paese. Come scrisse Epicarmo nella sua autobiografia, non ebbe guai peggiori solo grazie agli interventi del fratello Orso Mario, che non era iscritto al partito fascista ma godeva di sacrale considerazione. Ma anche gli studenti facevano quadrato. “I giovani – ebbe a sostenere – capivano benissimo che spesso correvo il rischio di essere allontanato dalla cattedra, ma quando qualche volta il rischio diventava pericolo concreto, ho sempre trovato nei nuovi e negli antichi alunni i miei più stretti difensori, esempio tipico di quel senso d’equilibrio che è caratteristica superiore delle genti meridionali”.

Ironico e intellettivamente esplosivo, sdrammatizzò il suo essere stato avversato e discriminato dal regime fascista e, appunto, fece emergere, con senso del paradosso, qualcosa di positivo. Come solo i grandi san fare. E come faceva anche l’antico commediografo greco Epicarmo. E così, nell’immediato dopoguerra, ebbe a raccontare al giornalista Indro Montanelli, riferendosi al dittatore: “Gli debbo due decenni di assoluta pace, il che vuol dire tutta la mia cultura, che in quella pace si maturò. I cinque volumi di ‘Annali dell’economia italiana’ non avrei certo potuto scriverli, se ci fosse stata la democrazia e di conseguenza io avessi dovuto fare il deputato o il ministro. E il pianoforte dove lo mette? Mi diedi a studiarlo quando avevo trentacinque anni, cioè nel ’25, all’indomani del delitto Matteotti, quando fu chiaro che ne avremmo avuto per una generazione” (da Corriere della Sera, 21 giugno 1950). Studiava con un maestro fascistissimo e, fatalmente, storpiava “Giovinezza”.

Sempre Montanelli ricorda un curioso episodio, legato a una disavventura: “Corbino cadde e si lussò un braccio. Lo portarono in ospedale e gli ingessarono l’arto (il braccio) in modo da tenerlo immobile e disteso, rivolto verso l’alto, in una specie di saluto romano permanente… Il principe Umberto venne a trovarlo. “Come! – ridacchiò – proprio lei, Corbino, che per vent’anni …?”, “Appunto, Altezza – rispose il Ministro –. È la giusta nemesi!” (ancora Corriere della Sera del 21 giugno 1950).

Sembra utile riportare alcune frasi che “Il Mattino” ha dedicato, il 12 marzo 1961, alla cerimonia di consegna a lui, da parte dell’Università “Federico II” di Napoli, della laurea honoris causa in economia e commercio. Così nell’articolo “Vita di Maestro” a firma di Giovanni Ansaldo: “A differenza di tante altre cerimonie del genere … quella di ieri è stata viva, sentita cordiale … per fare onore ad un uomo per cui avevano stima … vi si palesò per intero l’uomo e soprattutto vi si palesò per intero il maestro … E poi parve spiegare a se stesso, più che ai suoi uditori, e perché egli fu sempre tanto seguito dai suoi scolari, e perché ne fu difeso nelle ore difficili, e perché ne resta amato. Erano perché essenziali, che dovrebbero essere meditati da tutti coloro che insegnano; e di cui il pubblico sottolineò la portata con gli applausi… Le lacrime sono rare nelle cerimonie accademiche; e specie in quelle in cui l’onorato è un economista e il Presidente di un grande Istituto Bancario. Noi non ne abbiamo vedute mai. Ieri le abbiamo vedute”.

Negli ultimi anni della sua vita, Corbino si interessò molto al tema dell’ambientalismo. Nei recenti convegni che si sono svolti in suo onore, nel 2018 e nel 2019, ad Augusta, Solarino e Siracusa, è stata ricordata una delle sue ultime conferenze sulle energie alternative, nel 1982 a Caserta. In particolare, è stata evidenziata, da un testimone che ha assistito alla conferenza, la massima attenzione che l’uditorio riservava al novantenne oratore. Si respirava e si sentiva anche il rispetto e l’affetto del pubblico. Tanti applausi alla fine, tanta commozione e anche qualche occhio lucido. Probabilmente, molti erano stati suoi allievi all’Università di Napoli e ne ricordavano il coraggio, il senso del dovere, l’amor di Patria, la professionalità e la grande umiltà.

Per meglio conoscerne la personalità e per comprendere un “pezzo” della storia d’Italia, è consigliabile qualche lettura. In “Epicarmo Corbino: docente, ministro e pubblicista. Frammenti di una figura complessa” di Francesco Balletta (2012, Franco Angeli Editore) si possono trovare alcune relazioni presentate al convegno “Epicarmo Corbino: economista, ministro, politico”, tenutosi dal 2 al 5 giugno 2010, presso l’Istituto Italiano degli Studi Filosofici di Napoli, per iniziativa di Piero Barucci (dal 1992 al 1994 Ministro del Tesoro nei Governi Amato I e Ciampi). Immancabile è l’autobiografia di Corbino: “Racconto di una vita”, 1972 Edizioni Scientifiche Italiane, dedicata ai nipotini Andrea e Alberto. Non si può dimenticare il saggio monografico dell’ingegnere augustano Giovanni Vaccaro, dal titolo “Epicarmo Corbino autodidatta”, nel quale è anche descritto l’incontro a Megara Hyblaea tra Epicarmo e i famosi archeologi francesi Francois Villard e George Vallet.

L’ultimo treno per il continente Epicarmo lo prese nell’autunno del 1983. Ricorda il figlio Sergio: “Ritornai ad Augusta con papà che aveva compiuto da pochi mesi ben 93 anni … a rivedere ogni strada, ogni viuzza della cittadina … chiesi se si fosse stancato. ‘No, per niente, e poi era necessario che lo facessi. Sono molto soddisfatto di quanti ho potuto incontrare e di quanto ho potuto rivedere; sono così riuscito a rinfrescare tutti i miei ricordi. Sai sono certo che questo è l’ultimo mio viaggio che faccio con te! Il prossimo, ma di solo andata e un po’ più lungo, lo farò per ricongiungermi con la mia Ida; ormai sono quasi tre anni che lassù mi aspetta!’. Un terribile groppo alla gola mi impedì di replicare: e puntuale e preciso come sempre in tutte le sue previsioni, la raggiunse serenamente il 25 aprile del 1984. E fummo in tanti a piangerlo!

Data:

29 Agosto 2021