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“Il folle è ostinato e non ha dubbi. Conosce tutto tranne la propria ignoranza”, con queste parole il faraone Akhenaton, pur essendo vissuto nel lontano quattordicesimo secolo avanti Cristo, ha espresso un pensiero di particolare attualità. Sempre più frequentemente, persone senza una preparazione adeguata su un argomento, auto-valutandosi erroneamente esperte in materia, finiscono per esprimere opinioni fortemente polarizzate, ignorando la complessità delle questioni in gioco.
Questo meccanismo è noto come effetto Dunning-Kruger, ovvero un bias cognitivo secondo il quale individui con scarse competenze, sulla spinta di una superiorità illusoria in un certo ambito, tendono a sovrastimare le proprie capacità, diversamente dai più competenti maggiormente propensi alla sottovalutazione. Questa scoperta psicologica, formulata da David Dunning e Justin Kruger alla fine degli anni ’90, ha suscitato un ampio interesse non solo nella psicologia, ma anche nella filosofia, una disciplina che da sempre si occupa della natura della conoscenza, della consapevolezza e della saggezza. La riflessione filosofica sul concetto di competenza, sulla consapevolezza di sé e sulla conoscenza può offrire una prospettiva più profonda e complessa per comprendere questo effetto. L’aforisma “summa sapientia ac vera ignorantia” di Giovanni Scoto Eriugena contiene un’importante intuizione filosofica e teologica secondo cui la più alta forma di saggezza risiede nella consapevolezza dell’ignoranza.
La sapienza non consiste semplicemente nell’accumulare conoscenze, ma nel riconoscere i limiti del sapere umano. E’ proprio Giovanni Scoto Eriugena ad indicarci l’antidoto all’effetto Dunning-Kruger: l’umiltà intellettuale, intesa come virtù necessaria per il progresso della conoscenza. Senza di essa, l’uomo rischia di cadere nel baratro della presunzione, scambiando la credenza di una piena comprensione e consapevolezza dei fatti con le proiezioni delle proprie fallacie sul mondo. Maturare umiltà intellettuale non significa negare le proprie competenze o capacità, piuttosto riconoscere che ogni conoscenza è condizionata dai limiti della mente e delle esperienze. Questo tipo di umiltà è esattamente ciò che manca a chi è vittima dell’effetto Dunning-Kruger. In un’epoca in cui la superficialità dell’informazione è diffusa, il messaggio di Eriugena rappresenta un monito a rimanere costantemente ricettivi alla possibilità di apprendere: ogni nuova scoperta comporta una profonda consapevolezza della propria ignoranza e apre la strada ad una conoscenza più autentica e riflessiva.