L’aula di Montecitorio ha respinto le tre pregiudiziali di costituzionalità sulla legge elettorale. I voti a favore delle pregiudiziali sono stati 182, i contrari 310. Il voto è stato a scrutinio segreto su richiesta di Mdp, Ap e Fdi.
Ci sono stati “100 franchi tiratori” nel voto delle pregiudiziali, ha detto il capogruppo Pd, Ettore Rosato, all’assemblea del gruppo specificando che i dem sono stati compatti nella votazione. “I 5 Stelle hanno confermato di voler votare in aula gli emendamenti sulle preferenze e sul voto disgiunto. Noi del Pd voteremo contro” dice poi Rosato.
Intanto, secondo quanto ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio, avrà luogo martedì all’ora di pranzo il voto finale della Camera. Le dichiarazioni di voto, trasmesse in diretta televisiva, inizieranno alle 10:30.
M5S – “Il testo di legge che uscirà dal voto degli emendamenti di questi giorni sarà ratificato dai nostri iscritti con una consultazione online che si terrà prima del voto finale del provvedimento, che dovrebbe essere previsto lunedì, nei giorni di sabato e domenica”. Si legge nel blog di Beppe Grillo che, in un tweet ha scritto: “M5S vuole legge elettorale e voto”.
In caso di voto contrario degli iscritti l’accordo col Pd è destinato a saltare? “Mi pare ovvio…” dice poi all’AdnKronos Roberto Fico, capogruppo M5S a Montecitorio. Alla domanda se la nuova consultazione degli iscritti sia stata richiesta dai parlamentari, il deputato risponde: “Fa parte del percorso”.
La svolta di Grillo è arrivata pochi minuti dopo la riunione dei deputati M5S al Palazzo dei Gruppi. Saranno gli iscritti del blog – si legge in un post delle 15:57 a firma Movimento 5 Stelle – a decidere le sorti del testo che uscirà dal voto degli emendamenti di questi giorni.
La decisione dei pentastellati di rimettersi (ancora una volta) al giudizio della base, a quanto apprende l’AdnKronos, sarebbe arrivata dallo stesso Grillo dopo la riunione del Comitato dei Nove di stamattina.
Una volta appreso che il Pd non avrebbe concesso il voto disgiunto né le preferenze, il garante del Movimento – in contatto con Danilo Toninelli nelle ultime ore – avrebbe infatti deciso di prendere di petto la situazione appellandosi nuovamente al voto degli iscritti. Un gesto che qualcuno legge anche come una mano tesa ai ’critici’ dell’accordo sulla legge elettorale.
“Noi abbiamo votato il modello tedesco – spiegano fonti parlamentari M5S – ma senza voto disgiunto, non è un vero tedesco…”. Sarebbe questo infatti, raccontano, il tema su cui Grillo avrebbe insistito di più.
Grillo non avrebbe intenzione di rovesciare il tavolo sulla legge elettorale. Il comico genovese non dovrebbe dare indicazioni di voto, ma sarebbe ottimista circa l’esito della nuova consultazione e confiderebbe nell’approvazione del testo da parte della base.
RENZI – La posizione del segretario del Pd dopo gli ultimi avvenimenti in tema ’tedescum’ arrivano via Instagram: “I grillini cambiano idea sulla legge elettorale che loro stessi hanno voluto e votato. Sono passati due giorni e già hanno cambiato posizione? Due giorni!” scrive Renzi sul social network.
“I commentatori che ti accusavano di voler fare tutto da solo oggi ti accusano di fare gli inciuci. Non commentano ciò che tu dici ma ciò che loro vogliono che tu dica. Verrebbe voglia di arrabbiarsi”, aggiunge il segretario Pd.
PD – Intanto l’area Orlando mette le mani avanti sulla durante la riunione del gruppo. “Le regole devono valere per tutti. Lealtà da parte nostra se i 4 contraenti rispettano i patti”, il senso degli interventi degli orlandiani. Se M5S non ritira i suoi emendamenti, salta l’accordo e “per noi – si spiega – non c’è più vincolo di maggioranza Pd”.
FORZA ITALIA – L’input da palazzo Grazioli è perentorio: bisogna onorare gli impegni presi, noi i patti li rispettiamo. Di fronte allo stallo in Aula con i 5 stelle e i franchi tiratori che mettono a rischio la tenuta dell’accordo a 4, con Pd-M5S-Lega, Forza Italia non cambia la linea: andiamo avanti con il proporzionale alla tedesca, ma nessuno scherzo sulle preferenze.
’’Forza Italia è leale e mantiene fede al testo di riforma elettorale licenziato dalla commissione Affari costituzionali di Montecitorio’’, assicura un big azzurro che sta seguendo da vicino la pratica ’Tedescum’ e invita alla cautela prima di fasciarsi la testa, visto che siamo ad appena tre votazioni nella prima giornata di prova in Aula. Ovvero: due a scrutinio palese (non al voto disgiunto e al ritorno al Mattarellum) e uno segreto, no alla modifica dei collegi elettorali come disegnati in Commissione.
Povero un italiano su 8, l’allarme di Bankitalia
L’Italia è un paese con ’’forti disuguaglianze di reddito rispetto agli altri Paesi avanzati: l’indicatore di disuguaglianza è di 4 punti più alto di Germania e Francia da molti anni’’. ’’Quasi una persona su otto è in condizione di grave deprivazione materiale’’ contro una media di una su 15 dell’area euro. Il direttore generale di Bankitalia, Salvatore Rossi, illustra i dati che emersi dalle rilevazioni di palazzo Koch e li mette a confronto con quelli Eurostat. Intervenendo al convegno ’Italia 2030 un paese in via di sviluppo sostenibile’ Rossi spiega che ’’questo è il migliore momento possibile’’ per discutere di questo argomento.
Lo sviluppo sostenibile, premette il direttore generale, ’’sembra una fisima da anime belle, dopo crisi lunga e penosa come quella che ci siamo lasciati alle spalle’’. Ma ’’mai come ora è opportuno mettere in discussione la sostenibilità del tempo, di quel sentiero di sviluppo economico di cui stiamo tornando a incamminarci’’ per ’’non ripetere gli errori del passato’’. Quegli errori che ’’hanno portato i danni collaterali che conosciamo bene: le disuguaglianze, l’incancrenisri della povertà, l’inquinamento di vaste porzioni del pianeta, il cambiamento climatico, fino allo scoppio di quella bolla finanziaria che ci ha trascinati tutti nella grande recessione’’.
In Italia, in particolare, ’’la connessione tra sviluppo e sostenibilità è particolarmente forte, al punto in cui siamo arrivati non può darsi l’uno senza l’altra’’. La disuguaglianza, osserva Rossi, è diventata ’’il tratto distintivo della nostra economia, nei redditi e nella ricchezza familiare’’. Oggi ’’i nostri poveri non sono più soprattutto anziani’’ ma ’’in prevalenza le famiglie giovani e numerose, anche a causa del flussi di migrazione’’.
La salute è un lusso: 12 milioni italiani rinunciano a cure
Aumenta la spesa sanitaria privata degli italiani, che sale a 35,2 miliardi, e si espande l’area della ’sanità negata’ con 12,2 milioni di persone che nell’ultimo anno hanno rinunciato o rinviato prestazioni sanitarie (1,2 milioni in più rispetto all’anno precedente, pari a un incremento del 10,9%). E’ quanto emerge dal Rapporto Censis-Rbm Assicurazione Salute sulla sanità pubblica, privata e integrativa presentato oggi a Roma al ’Welfare Day 2017’. Un rapporto che fotografa una situazione in cui i Sistemi sanitari locali sono sempre più divaricati, e le opportunità di cura per i cittadini sempre più differenziate. Alla presentazione sono intervenuti, tra gli altri, Roberto Favaretto e Marco Vecchietti, rispettivamente presidente e consigliere delegato di Rbm Assicurazione Salute, Giuseppe De Rita e Francesco Maietta, rispettivamente presidente e responsabile dell’Area politiche sociali del Censis.
Il Rapporto mette in evidenza come ci si trovi di fronte a un boom della spesa sanitaria privata, che porta a un gorgo di difficoltà e disuguaglianze crescenti che risucchiano milioni di persone. La spesa è aumentata del 4,2% in termini reali nel periodo 2013-2016 (un aumento maggiore della spesa totale delle famiglie per i consumi, pari a +3,4% nello stesso periodo) e sono 13 milioni gli italiani che nell’ultimo anno hanno sperimentato difficoltà economiche e una riduzione del tenore di vita per far fronte a spese sanitarie di tasca propria. Circa 7,8 milioni hanno dovuto utilizzare tutti i propri risparmi o indebitarsi con parenti, amici o con le banche, e 1,8 milioni sono entrati nell’area della povertà.
“Più di un italiano su quattro non sa come far fronte alle spese necessarie per curarsi e subisce danni economici per pagare di tasca propria le spese sanitarie – sottolinea Marco Vecchietti, consigliere delegato di Rbm Assicurazione Salute – intanto la stessa spesa sanitaria privata, che oggi pesa per circa 580 euro pro-capite, nei prossimi dieci anni è destinata a raggiungere la somma di 1.000 euro pro-capite, per evitare il crack finanziario e assistenziale del Ssn”.
Una possibile soluzione? “Occorre puntare su un modello di Assicurazione sociale integrativa alla francese – osserva Vecchietti – istituzionalizzato ed esteso a tutti i cittadini, che garantirebbe finanziamenti aggiuntivi per oltre 21 miliardi di euro all’anno, attraverso i quali integrare il Fondo sanitario nazionale. Dobbiamo prendere atto che oggi abbiamo un universalismo sanitario di facciata, fonte di diseguaglianze sociali, a cui va affiancato un secondo pilastro sanitario integrativo per rendere il nostro Ssn più sostenibile, più equo e veramente inclusivo”.
Il Rapporto Censis-Rbm rileva che tra i cittadini che hanno dovuto affrontare spese sanitarie private, hanno incontrato difficoltà economiche il 74,5% delle persone a basso reddito e il 15,6% delle persone benestanti. Difficoltà per il 51,4% delle famiglie con al proprio interno una persona non autosufficiente, che hanno affrontato spese sanitarie di tasca propria. Più si invecchia, più si deve mettere mano al portafoglio per pagarsi le cure: considerando 100 la spesa sanitaria privata pro-capite degli italiani, per un anziano si arriva a 146.
La Corte dei Conti segnala un record di contrazione della spesa sanitaria pubblica italiana, con un valore pro-capite ridotto dell’1,1% all’anno in termini reali dal 2009 al 2015. Nello stesso periodo in Francia è aumentata dello 0,8% all’anno e in Germania del 2% annuo. L’incidenza rispetto al Pil della spesa sanitaria pubblica italiana è pari al 6,8%, in Francia si sale all’8,6% e in Germania si arriva al 9,4%. In sintesi – sentenzia il Rapporto – meno risorse pubbliche per la sanità rispetto al passato e rispetto agli altri Paesi.
Attese per prestazioni sanitarie nel servizio pubblico troppo lunghe e che spesso richiedono l’esborso del ticket. E’ questa la ragione principale per cui tanti italiani vanno nel privato e pagano a tariffa intera, e le attese rilevate dal Rapporto sono impietose: per una mammografia si attendono in media 122 giorni (60 in più rispetto al 2014) e nel Mezzogiorno si arriva a 142 giorni. Per una colonscopia si attendono in media 93 giorni (+6 giorni rispetto al 2014), ma al Centro di giorni ce ne vogliono 109. Per una risonanza magnetica ci vogliono in media 80 giorni (+6 giorni rispetto al 2014), 111 giorni al sud. Per una visita cardiologica l’attesa media è di 67 giorni (+8 giorni rispetto al 2014), 79 giorni al Centro. Per una visita ginecologica si attendono in media 47 giorni (+8 giorni rispetto al 2014), ma ne servono 72 al Centro. Per una visita ortopedica 66 giorni (+18 giorni rispetto al 2014), con un picco di 77 giorni al Sud.