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L’ESSENZA DELLA DEMOCRAZIA È LA VERITÀ

“In tempi di inganno universale, dire la verità diventa un atto rivoluzionario”. (George Orwell)

“La verità è la corrispondenza tra convinzioni e realtà”. (Julian Nida-Rümelin)

Negli ultimi anni la democrazia come forma politica e sociale, ma anche come forma di vita, è venuta a trovarsi chiusa fra un economicismo neoliberista e un nuovo fondamentalismo culturale: da un lato ha dovuto fronteggiare attacchi di fanatici motivati su base religiosa, o che si spacciano per tali, e dall’altro ha dovuto misurarsi con modelli economici che la considerano un ostacolo sulla strada di un’economia mondiale dominata dai colossi di internet  e dalle multinazionali, dove tutti sono produttori e consumatori di beni e servizi scambiati a livello globale.

E tuttavia, le regole del gioco della verità – almeno in democrazia – non possono essere accantonate. Il linguaggio infelice utilizzato dai politici, e talvolta da alcuni che consideriamo nostri leaders, è guidato dalle lusinghe dell’interesse, del potere e del profitto.  La ricchezza del dibattito si sta deteriorando a tal punto che il crollo può finire per schiacciarci tutti, compreso il sistema che dovrebbe assicurarci la libertà.

Nonostante la deplorevole salute della democrazia, la verità è molto più che un’aspirazione o una semplice ambizione. Le reti e l’attuale modello di comunicazione sono un’arma di democratizzazione di massa di cui abbiamo bisogno per riprendere vigore, esercitare la critica e proporre modelli alternativi alle tecniche usate per persuadere, che sono molteplici e sempre più sofisticate e diversificate.

Ciò che più rende fragile – e allo stesso tempo giustifica ed esalta – la democrazia, è la ricerca della verità. Rinunciarvi sarebbero tanto drammatico per il nostro modo di vivere come negare il nostro status di cittadini. Ma poiché le verità – anche basate su dati scientifici – non sono assolute, lo scambio di visioni, opinioni e informazioni sono l’essenza stessa della democrazia e un modo per esercitare la nostra cittadinanza.

Alcuni anni fa abbiamo vissuto l’ascesa dei social networks come un’opportunità di partecipazione al mondo dell’influenza pubblica da aprire a tutti i cittadini, individualmente o organizzati in gruppi. Era una possibilità tanto attraente quanto stimolante, affinché il vigore della democrazia crescesse. Mentre vediamo concretizzarsi molti dei benefici di questo processo di democratizzazione, assistiamo a quello che più danneggia la nostra società: la manipolazione dell’informazione si scontra con la mancanza di interesse per la verità. E tuttavia, le regole del gioco della verità in democrazia non possono essere ignorate.

I processi di comunicazione sociale sono lo scenario in cui si muove chi partecipa al dibattito pubblico e attiva la propria capacità di persuasione per convincere gli altri che ciò che difende è migliore, più prospero, più reale o più utile. Nel dibattito sociale, tutti coloro che vogliono parlare e ascoltare partecipano, ma non tutti lo fanno apertamente mostrando i propri interessi e scopi, né con lo stesso grado di slancio e intensità. Perciò, poiché esista dibattito, non è solo importante che ci siano degli argomenti, ma è necessario anche che chi partecipa al dibattito, tenda e possa arrivare a una verità più certa e attendibile.

Chi fa parte di questo ecosistema più direttamente, come la stampa o il sistema giudiziario, per esempio, non può mettere il proprio talento creativo e convinzioni al servizio delle menzogne dietro le quali il potere tenta di giustificarsi, qualunque sia la ricompensa. Il punto critico, dunque, non è solo la partecipazione, ma è decisiva la trasparenza e l’onestà intellettuale con cui si dibatte.  

La mancanza di trasparenza ci allontana dalla verità e ci espone alla disinformazione, misinformazione, greenwashing, fake news e le più recenti “false verità” o “fake truth”. A titolo di esempio, prendiamo il caso del cambiamento climatico, argomento trattato in modo quantomeno controverso. Nel corso degli anni le fake news sul tema si sono evolute: si è passati dal mettere in discussione la veridicità dell’aumento della temperatura a esprimere forti dubbi sulla possibilità che l’uomo sia in grado di modificare l’andamento climatico. In realtà, la comunità scientifica è stata chiara: è vero che sul nostro pianeta si sono alternati una serie di cicli del clima nel corso di migliaia di anni, ma il punto è che dalla rivoluzione industriale a oggi abbiamo immesso talmente tanta CO2 nell’atmosfera, da diventare il fenomeno da cui dipende la chiara accelerazione della crisi climatica. In sostanza, l’attività antropica sta pericolosamente modificando quella nicchia climatica che ha consentito lo sviluppo della vita e delle società come oggi le conosciamo.

Ma democrazia e cattiva informazione hanno un collegamento ancora più forte e pericoloso. Allargando la nostra analisi, ci accorgiamo che le “fake news” si sono insinuate nel tessuto democratico della società moderna. Questo fenomeno, alimentato dalla rapidità della diffusione online e dalla mancanza di una regolamentazione efficace, ha assunto proporzioni enormi, tanto da influenzare i processi decisionali in tutto il mondo. Inoltre, le pratiche di disinformazione spesso mascherate da fonti “credibili” o travestite da opinioni personali, si infiltrano nei canali informativi e distolgono la percezione della realtà.

Sfruttando la vulnerabilità delle persone, le false notizie possono indirizzare il consenso pubblico verso ideologie estreme, dividendo le comunità e indebolendo il tessuto sociale. In un contesto democratico, basato sulla partecipazione informata e sulla competizione di idee, le “fake news” fungono dunque da veleno che può corrompere il dibattito pubblico e compromettere l’integrità delle elezioni.

Mentre da ora ai prossimi due anni, circa tre miliardi di persone sono stati o sono chiamati alle urne in diverse economie – Bangladesh, India, Indonesia, Messico, Pakistan, Regno Unito, Unione europea e Stati Uniti – l’ampio uso di disinformazione e manipolazione dell’informazione, e degli strumenti per diffonderla, potrebbe minare la legittimità dei governi appena eletti.

Oltre alle elezioni, la percezione della realtà è destinata a diventare più polarizzata, infiltrandosi nel dibattito pubblico su questioni che vanno dalla salute pubblica alla giustizia sociale. Tuttavia, con il venir meno della verità, aumenta anche il rischio di propaganda e censura interna. In risposta alla disinformazione, i governi potrebbero essere sempre più autorizzati a controllare le informazioni in base a ciò che ritengono essere ‘vero’. Le libertà legate a internet, stampa e accesso a fonti più ampie di informazioni, già in declino, rischiano di degenerare in una repressione più ampia dei flussi informativi in un più vasto numero di paesi.

L’intreccio tra qualità dell’informazione, scienza e partecipazione ostacola sia l’attuazione sia la richiesta di politiche votate alla massimizzazione del benessere collettivo. Per identificare le reali soluzioni che servono a uscire dalle molteplici crisi che stiamo vivendo, abbiamo bisogno di un dibattito trasparente e consapevole. La salute democratica dei nostri paesi non può essere sacrificata sull’altare dell’informazione falsificata.

Nell’ultima stagione del suo pensiero, Michel Foucault si interrogava sul legame tra verità e politica nella società antica, sulla capacità dei poteri di costruire discriminazioni tra vero e falso, mentre sottolineava l’esercizio di chi si prende cura di sé e degli altri. Questi temi sono di una attualità straordinaria: da un lato scavano nella storia dell’Occidente e ne raccontano aspetti dimenticati, dall’altro evocano il nostro presente.

Le democrazie, sfidate da tentazioni autoritarie e da venti di guerra, sono oggi chiamate a esprimersi sui propri valori di fondo, tra individualismi e populismi, tra autoritarismi e tecnocrazie. È dunque urgente – come indicato da Foucault – ripensare la questione della verità come base della convivenza civile e dell’azione politica, non per produrre una visione totalizzante del mondo o cedere agli artifici della tecnica, ma per riscoprire la “cura” come fondamento del rapporto fra cittadini, e fra cittadini e istituzioni.

Chi ha la responsabilità di comunicare ha un compito costante che non dovrebbe mai dimenticare, che impone di rendere trasparente gli interessi e gli scopi del potere. L’opposto sarebbe una democrazia di facciata. Ci sono dunque soprattutto ragioni politiche per sostenere il ruolo della verità in democrazia. Ma, poiché non esiste un metodo sicuro per distinguere le convinzioni vere da quelle false, che sono però sempre rivedibili, che cosa ci rimane allora?

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Bibliografia

Fausto Colombo, Verità e democrazia. Sulle orme di Michel Foucault, Mimesis, 2022

Julian Nida-Rümelin, Democrazia e verità, Franco Angeli, 2015                  

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), Ivan Manzo, Fake News e disinformazione minacciano la salute delle persone e della democrazia, 2024delle persone e della democrazia

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Data:

29 Agosto 2024

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